La meditazione è lo Yoga supremo...

 


Tutto ciò che è noto col nome “Yoga” è solo un’introduzione. Le posizioni del corpo, asana, e le tecniche di respirazione servono solo a preparare il corpo. Ma molti si fermano lì e pensano “questo è tutto” e sprecano praticamente tutta la vita in una specie di ginnastica. Ottima di per sé, non c’è niente di male in essa – fa bene alla salute, dona vitalità, prolunga la vita – ma alla fine non ha significato. Che tu viva settant’anni o ottanta non importa, se vivi una vita senza senso. Non importa affatto se sei sano o malato. In fondo solo una cosa conta: se sei stato in grado di conoscere te stesso oppure no, tutto il resto è irrilevante. E non sto dicendo di non cercare di stare in salute; sii sano, ma ricorda che non è quello l’obiettivo. È bello avere un corpo sano, un veicolo sano va sempre bene. Ma è proprio come l’automobile: hai una bella macchina, in condizioni perfette, ma se non hai una direzione da prendere, persino il motore più perfetto è inutile, ti metterai nei guai. Se continui a correre qua e là senza una direzione, impazzirai. Il corpo è un meccanismo, un meccanismo molto bello; usalo, ma deve essere usato per qualcosa di più elevato.

Il significato arriva sempre dall’alto. Se non ti impegni in qualcosa di più grande di te, rimarrai privo di significato. E dhyana è quel qualcosa più grande di te: più grande della tua mente, più grande di tutti i tuoi sogni e aspettative, più grande di quanto tu possa mai concepire. E quando un uomo si impegna nella meditazione, la vita inizia ad avere un significato. All’improvviso inizi a prendere forma. Non sei più una folla interiore, inizi a integrarti: in te sorge un centro. L’unico scopo della meditazione è creare un centro in te. In questo momento sei solo una circonferenza, nessun centro.

Ci sono molti “io”, ma nessun “IO” e ogni “io” a turno finge di essere l’”IO” con la I maiuscola. Quando sei arrabbiato un “io” diventa dominante e quando ami è un altro “io” che diventa dominante; e non parlano nemmeno tra loro. Quindi ciò che decidi con rabbia si annulla con l’amore e ciò che decidi con amore si annulla nella rabbia. E pensi di avere un “IO”, ma non ce l’hai. Quando hai un “IO” la tua vita ha ordine, non è più nel caos. Ma normalmente le persone vivono nel caos, non hanno alcun ordine. E ricorda: l’ordine è vita e il caos è morte. Vivere nel caos non è vivere.

Quindi metti tutta la tua energia nella meditazione. Mantieni un obiettivo nella tua visione: che devi creare un centro in te. Con quel centro che sorge, con quel “maestro” che entra in gioco, tutti i tuoi sensi iniziano semplicemente a seguirti; non è necessario controllarli. Basta la presenza stessa di quell’”IO” dentro di te; la sua presenza mette tutto in ordine. Quindi pensa, contempla, medita sempre di più, trova vie e mezzi... E ci sono milioni di vie e mezzi. Una volta fissato l’obiettivo, troverai le tecniche giuste. Quando la tua energia è motivata, inizia a trovare la sua strada.

Io sono qui solo per motivarti, per darti un determinato obiettivo. Una volta che l’obiettivo diventa per te così importante da essere una questione di vita o di morte, non c’è più paura, nessun problema: troverai la strada giusta per raggiungerlo. L’obiettivo deve solo diventare un desiderio così intenso da essere come una fiamma dentro di te. 1

 

Per questo dico che l’unica cosa essenziale, il vero nucleo di ogni religione, di tutto lo Yoga, di tutti i metodi di ricerca, è la meditazione.

Si dovrebbe mettere da parte tutto ciò che non è essenziale. Puoi usare le cose come trampolini, ma non di più, solo come trampolini. Non devi preoccuparti troppo di loro. Tutta la tua preoccupazione dovrebbe essere concentrata; dovresti muoverti come una freccia verso la meditazione, solo allora in questa piccola vita, in così poco tempo, con potere ed energia a disposizione e con così tanti problemi che ti circondano, puoi sperare che la freccia raggiunga il bersaglio.

E nel momento in cui conosci qualcosa della meditazione – non su di essa, ma il suo vero sapore – arriva una grande liberazione, un grande sollievo. All’improvviso tutte le tensioni scompaiono: ansie e angosce non si trovano più.

A volte mi sforzo di trovare un po’ di ansia, ma non ci riesco, semplicemente non funziona. Ci ho provato in tutti i modi possibili, ma arrivo sempre alla stessa conclusione: non funziona.

Una volta assaporata la meditazione, è impossibile trovarsi nell’infelicità. La beatitudine diventa inevitabile, una doccia naturale, e continua a scendere, come fiori che piovono dal cielo. 2





Testi di Osho tratti da:

1. Hallelujah! #12
2. Nirvana now or never #3

 

Inferno e paradiso... nell' "Io"

 


C’è uno spettro di realtà che ci convince della sua supremazia e oggettività. Ma non è che il riflesso effimero di una fonte artificiale di luce cosparsa sul mondo. Se la politica del mercato non ha più le doti per dedicarsi agli uomini, gli uomini possono ora liberarsi dal conosciuto e dare il meglio e il segreto di sé.

Le critiche alla politica svenduta ai mercanti, il suo ruolo di portavoce e zerbino che, in un mondo democratico, basterebbero alla rivoluzione, non solo non cambiano nulla, ma dimostrano, se ce ne fosse ulteriore bisogno, la portata dell’onda che ha già investito e stravolto la relazione analogica che ogni uomo aveva con il mondo. Ciò implica la negazione dell’ordine naturale. È un’analisi che non tutti hanno il tempo di elaborare. Un tempo lucifericamente ridotto dall’imposizione della dimensione digitale.

L’onda avanza, travolge tutto, tranne i pochi surfisti che la stanno cavalcando e l’hanno pazientemente messa in moto, sospinta, alimentata. La politica, analogicamente intesa, è svanita, disciolta nell’individualismo di chi doveva pretenderla e di chi doveva praticarla. Reliquia senza valore e corpo delle macerie che coprono la terra.

Quella massa di energia che sta sopraffacendo il mondo umanistico ha una matrice razionalista. La stessa che ci ha fatto credere che la scienza fosse la verità, che tutto ciò che essa non definiva, catalogava, misurava non solo fosse contorno, ma soprattutto fosse risibile, non avesse la dignità per essere ascoltato, per fare a pieno titolo parte delle politiche, dei pensieri e dei valori indispensabili per realizzare e condurre una vita a misura d’uomo, l’unica capace di spargere benessere.

Una matrice cartesiana, che ha ridotto la vita a due dimensioni e che ci ha fatto credere ad un progresso lineare, infinito. In cui trovavamo la dimostrazione vivente della sua inequivocabile attendibilità. Quella che senza clangore – come si sarebbe immaginato – ha imposto alla politica le soluzioni tecniche; ha tolto l’etica e ha messo la scienza, ha eliminato la natura e impiantato il diritto. Ha abbandonato la generazione in estinzione e si sta prendendo cura dei piccoli, affinché a breve siano buoni esecutori di logiche che crederanno le sole possibili. Non è chiaro a molti che la natura divisoria della scienza, il suo gene oggettificante e definente non è che l’astuta espressione del male. Scambiata dagli uomini come verità, si afferma in noi e noi seguitiamo a propugnarla.

Ma la matrice razionalista è un’egregora che ci tiene lontani dalla verità della vita. Che ci impone la logica della forma e della quantità. Che ci fa correre ad erigere qualunque torre di babele si ritiene possa soddisfare desideri e autostima, che ci rende ciechi su quanto siamo noi stessi a produrci dolore e malattia. Un humus mentale dal quale possiamo emanciparci per poter, al contrario, realizzare serenità e salute.

L’onda razionalista non risparmia nulla. La foga digitalizzante che porta in sé travolge tutto, prioritariamente i pensieri. La sua idolatria, insieme a quella nei confronti della tecnologia, è una conversione richiesta al fine di eludere la tassa esiziale emessa dal potere. La sua velocità è tale che nulla è concesso oltre all’apparenza e al consumo. Ogni approfondimento lascia il tempo che trova, come in una lotta senza pari.

Non concede neppure aggregazioni tra pari posizioni critiche, ognuna delle quali è presa in un modo misto di angoscia, depressione, rabbia, indignazione, stupore, incredulità, idee violente, attesa, speranza che l’onda sia solo un sogno, un incubo e che in quanto tale, nonostante l’incontenibile emozione con la quale ci scuote fino in fondo, fino all’ultimo mattone di identità e sicurezza, alla fine passerà. Come se alla fine ci svegliassimo, ricordandolo con terrore per poi dimenticarlo ed esorcizzarlo. Per poi, ritornati in noi, con nuova consapevolezza e relativo potere che prima non sapevamo di avere, scoprire quali siano i valori effimeri, quali gli essenziali e, nel frastuono assordante dell’onda progressista, distinguere chiaramente le sirene che ci avevano sottratto a noi stessi.

Ma il vero sogno, più segreto e nascosto, è un altro. La sua apparente veridicità sta in una sola parola: identificazione. Qualunque oggetto d’attenzione con il quale ci identifichiamo da un lato comporta la nostra massima partecipazione alla sua difesa e dall’altro, proprio per questo, rende di fatto l’oggetto superiore agli altri. È quello che accade con l’io. È a causa di questo sogno che il termine risvegliato acquisisce senso.

Finché ci identifichiamo con il nome, la professione, il ruolo, i sentimenti che ci attraversano, non possiamo fare altro che muoverci nel buio di quanto crediamo in sostituzione di quanto siamo. Attribuendoci il bene, non possiamo che perpetrare il male. Esso attraversa le persone come la tensione un cavo di rame, ma colpevolizzarle e, di conseguenza, autoreferenzialmente assolverci è l’arguto gioco luciferino.

I cristiani lo chiamano inferno.

Lorenzo Merlo 




Commento/integrazione di Paolo D'Arpini

Inferno e paradiso. 

Vi racconto una storiella  zen messa in scena  in una grotta di Calcata, tanti anni fa...

Un giorno un samurai, un grande soldato, andò dal maestro spirituale Hakuin e chiese: “Esiste un inferno? Esiste un paradiso? Se esistono l’inferno e il paradiso, da dove si entra?”. Era un semplice guerriero. I guerrieri sono privi di astuzia nelle mente. I guerrieri conoscono solo due cose: la vita e la morte. Il samurai non era venuto per imparare una dottrina, non voleva dogmi, voleva sapere dov’erano le porte per evitare l’inferno ed entrare in paradiso. 

Hakuin chiese: “Chi sei tu?”. Il guerriero rispose: “Sono un samurai”. In Giappone essere un samurai è motivo di grande orgoglio. Significa essere un guerriero perfetto. Un uomo che non esiterebbe un attimo a dare la vita. “Sono un grande guerriero. Perfino l’imperatore mi rispetta”. Hakuin rise e disse: “Tu, un samurai? Sembri un mendicante!”.  L’uomo si sentì ferito nell’orgoglio. Sfoderò la spada, con l’intenzione di uccidere Hakuin. Il maestro rise: “Hai una spada? Sicuramente non sarà affilata" Il samurai colmo d'ira si preparò a colpire il saggio. E Hakuin replicò: "Questa è la porta dell’inferno”.  Il samurai rinfoderò la spada e Hakuin disse: “Qui si apre la porta del paradiso”. 

(L’inferno e il paradiso sono dentro di te. Entrambe le porte sono dentro di te. Quando ti comporti in modo inconsapevole, si apre la porta dell’inferno; quando sei attento e consapevole, si apre la porta del paradiso. La mente è entrambi il paradiso e l’inferno, perché la mente ha la capacità di diventare sia l’uno che l’altro. Ma la gente continua a pensare che tutto esista in un luogo imprecisato all’esterno.)