Govind Siddharth, discepolo di Osho, racconta il suo incontro con il 16° Karmapa


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Darjeeling è piena di monasteri e avvicinandosi è possibile vederli dalla strada. Molte volte avevo sentito Osho parlare dei mistici tibetani, delle loro scienze occulte, del modo in cui meditano e delle cose che hanno imparato dal Buddha. Quindi, naturalmente, quando mi recai a Darjeeling, nel giugno del 1972, con mia moglie e le mie due figlie, volli visitare i loro monasteri.

All’ufficio turistico di Darjeeling mi suggerirono di visitare il monastero di Rumtek, vicino a Gangtok, la capitale del Sikkim. Era il monastero gestito da Sua Santità il Lama Karmapa, Pal Karmapa Densa Shed Drup Chho Khorling, in lingua tibetana. Ero molto ansioso di andarci…
Gangtok è a 1600-1700 m di altitudine. Era la stagione delle piogge quando arrivammo. Era molto nuvoloso e c’era poca visibilità. Rispetto a Bombay faceva freddo.

Il monastero di Sua Santità si trova a circa 50 km da Gangtok. Fu parzialmente eretto dal Maharaja del Sikkim con l’aiuto del governo indiano. Il posto era stato scelto dal Karmapa stesso. Quando arrivò dal Tibet, dopo l’invasione cinese nel 1959, gli fu chiesto dove avrebbe voluto stabilire il suo monastero. Poiché il Dalai Lama si era stabilito a Dharamsala, scelse il Sikkim, su un picco molto vicino al picco himalayano del Kanchenjunga. 

È un monastero molto grande con circa duecento persone, tutti lama, che ci vivono in pianta stabile. A nessuno è permesso di rimanere nel monastero a meno che non sia un monaco. Lama significa “colui che ha rinunciato alla vita nel mondo ed è diventato un monaco”.

Quando arrivai al monastero per la prima volta mi dissero che Sua Santità non sarebbe stato in grado di ricevermi in quel momento, che di solito riceve solo poche persone, ma che forse avrei potuto prendere un appuntamento. In seguito seppi che il direttore del mio albergo lo conosceva bene e mi disse che mi avrebbe organizzato un incontro. La mattina dopo mi dimenticai completamente di chiedergli di chiamare e fissare un appuntamento per me e partii per il monastero con la mia famiglia.
Quando arrivammo, in auto, il monastero era chiuso. Ero molto deluso e mi chiedevo se sarei mai riuscito a incontrare Sua Santità o almeno a vedere l’interno del monastero.

Poi all’improvviso un lama si avvicinò e disse: “Vuoi incontrare Guruji?”. Risposi: “Sì, sono venuto per questo”. Mi portò immediatamente nel luogo dove si trovava Sua Santità. Mi disse che c’erano alcuni stranieri con lui e che avrei dovuto aspettare un po’ di tempo. Dissi: “Non mi dispiace affatto aspettare”. Mi chiese il nome e l’indirizzo. Mi presentai come Swami Govind Siddharth di Bombay. Entrò e con mia sorpresa uscì subito dicendo: “Sua Santità vuole vederti immediatamente”. Entrai e mi accolse come se mi stesse aspettando. Ecco come arrivai alla sua presenza.

Entrai e gli toccai i piedi. Mi mise subito le mani sulla testa. Questo è davvero un gesto molto raro ed è molto importante nella tradizione dei lama tibetani. Secondo la loro pratica, quando entri e ti inchini a Sua Santità, devi porgergli una sciarpa che è posta sulla sua gamba. Se sente qualcosa di speciale in te, in relazione al tuo sviluppo spirituale, te la mette al collo. Se percepisce che sei un po’ più avanzato nella meditazione, ti mette addosso una sciarpa speciale con tre segni rossi. Se percepisce qualcosa di più in te, ti mette una mano sulla testa. Ma il segno più elevato è quando ti mette due mani sulla testa. Non l’avrebbe mai fatto se non avesse avvertito qualcosa.

Sua Santità non sapeva nulla di me in anticipo, perché non avevo mai fissato un appuntamento con lui. Non sapeva nulla di me se non che ero in abito da sannyasin.

In ogni monastero tibetano vige la stessa pratica. Avevo visitato altri monasteri in Darjeeling e avevo preso informazioni su queste sciarpe, perché in ogni monastero ci sono immagini di Buddha con queste sciarpe sulle gambe. Mi dissero che era come offrire una ghirlanda di fiori alle immagini di dio in un tempio hindu. È un segno di rispetto. 

Di Sua Santità si dice che sia una “incarnazione divina”. In Tibet, credono che chiunque raggiunga la buddhità, l’illuminazione, se desidera rinascere per aiutare le persone nel mondo, è un’”incarnazione divina”, un bodhisattva. C’erano molte persone che raggiungevano la buddhità al tempo del Buddha, quindi certi lama sono incarnazioni di quegli illuminati. Si dice che Sua Santità sia un bodhisattva, la sedicesima incarnazione di Dsum Khyenpa, il primo Karmapa, nato intorno al 1110 DC. Discende dalla dinastia di guru che risale a Marpa, uno dei grandi yogi del Tibet. Nella zona di Darjeeling questo è l’unico monastero retto da un lama che è un’incarnazione divina. 

Al momento ci sono solo tre incarnazioni divine, o bodhisattva. Il presente Dalai Lama, il più importante, che è un’incarnazione del Buddha Chenaezi. Sua Santità Lama Karmapa che è un’incarnazione del bodhisattva Avalokitesvara. E infine il Pancham Lama, l’incarnazione di O-pa-me. 

Ognuno di loro è a capo di un gruppo di monasteri buddhisti tibetani gestiti da persone nominate da loro. Solo a un’incarnazione illuminata è permesso di essere il capo di un ordine monastico, poiché solo un illuminato può aiutare gli altri verso il raggiungimento dello stesso stato. Il Dalai Lama è il sovrano temporale del popolo tibetano ed è anche il capo di tutti gli ordini monastici. 

Un punto interessante è che Sua Santità appare esattamente come Osho: così allegro, così leggero, così caldo! Ha all’incirca la stessa età, tra i quaranta e i cinquant’anni. 

Una cosa particolare che notai subito in lui è il suo terzo occhio. Si vede bene: è concavo, verso il centro della fronte. Sembra un occhio normale, ma è un occhio interiore. Sentivo il punto centrale di quell’occhio interiore come energia emessa da un piccolo foro. È facile individuare quella parte centrale. 
Avevo sentito dire che in Tibet praticano un foro nella fronte per aprire il terzo occhio, quindi a un certo punto gli chiesi se era vero. Disse: “Sono tutte voci false. Forse in qualche momento del lontano passato lo facevano, ma non ora”. Aggiunse che una volta aperto il terzo occhio, puoi vedere molte cose nascoste alle normali percezioni.

Non appena entrato mi disse immediatamente: “So da dove vieni”. Fu una grande sorpresa per me. E poi disse: “Vedo che hai una fotografia, o qualcosa stampato su due lati, del tuo Guru”. Risposi: “Non ho niente di simile”. Mi ero completamente dimenticato del medaglione appeso al mala con la foto di Osho su entrambi i lati.

C’era una signora inglese che faceva da interprete, dal momento che il Lama Karmapa non conosceva l’inglese e parlava solo la lingua tibetana. Questa signora inglese era lì da molti anni. Aveva rinunciato al mondo e seguiva le pratiche di meditazione tibetane. Era una discepola del Lama Karmapa e l’unica donna del monastero. 

Di norma le donne non sono ammesse e ci sono monasteri speciali per loro.

Vide subito il mio mala e disse: “Cos’è questo?”. A quel punto mi ricordai che il medaglione era stampato su due lati e dissi: “Questa è la foto del mio guru”. Era curiosa di vederlo, quindi me lo tolsi e glielo mostrai. Immediatamente Sua Santità disse: “Ecco la foto!”. Prese in mano il medaglione di Osho e se lo portò a contatto con la fronte, poi disse: “È la più grande incarnazione dai tempi del Buddha in India, è un Buddha vivente!”.

Govind Siddharth


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(Fonte: Osho Times n 248)