Filosofia della Natura e medicina - Alcmeone e Ippocrate

 


Il grande sviluppo della “filosofia della natura” dell’antica Grecia, che aveva dato grande importanza all’indagine sperimentale, favorì la nascita di attività scientifiche, il cui primo campo d’azione fu quello della medicina, ovvero di una tipica scienza dell’uomo.

La prima importante scuola medica fiorì a Cnido, città della costa asiatica, dove era forte l’influenza della scuola ionica di Talete e Anassimandro, già a partire dal VI secolo a.C. I medici di Cnido privilegiavano il metodo sperimentale basato su un attento studio di tutti i segni della malattia, ed un vasto accumulo di dati sperimentali, cui corrispondeva un intervento medico ed una somministrazione di farmaci, anch’essa basata sull’esperienza pregressa. La formula usata dai medici di Cnido era infatti “prova a dare ….”, formula che sottolinea il carattere empirico ed antidogmatico della loro impostazione basata essenzialmente sulla diagnosi e sulla terapia.

L’emigrazione nel 530 A.C. di un medico di Cnido, Callifonte, a Crotone, nell’Italia Meridionale, dette vita allo sviluppo di una scuola di medicina locale, il cui massimo esponente fu un grande medico, considerato come il padre nobile della medicina greca antica, Alcmeone, il primo a scoprire la funzione del cervello, visto come organo che registra e coordina le nostre sensazioni e che crea il pensiero. Alcmeone, in cui erano forti gli influssi della scuola pitagorica, superando l’empirismo dei medici di Cnido, ed anticipando quello che costituirà il punto centrale della scienza medica di Ippocrate, affermò che i singoli sintomi devono portarci a scoprire, attraverso congetture e ragionamenti, ciò che c’è di nascosto dietro di essi, ovvero ad individuare la malattia nel suo complesso.

La più importante scuola greca di medicina si sviluppò nell’isola di Cos, posta proprio di fronte a Cnido, ed il cui massimo rappresentante fu il celebre Ippocrate. Questo grande medico e scienziato, nato nel 460, si trasferì ad Atene, dove contribuì a quel grande fiorire scientifico e filosofico che faceva capo al circolo di Anassagora. Successivamente viaggiò per tutto il mondo greco, diffondendo il suo pensiero scientifico razionalista e antidogmatico. Ippocrate nelle sue opere, raccolte in epoca alessandrina nel “Corpus Hippocraticum”, polemizza con ogni posizione magico-religiosa (dice, ad esempio che l’epilessia, considerato un male sacro generato dagli dei, è solo una malattia del cervello). Afferma, poi, che dagli indizi (tekmerion) e dai sintomi (semeion) bisogna risalire alle cause razionali (profesis), da cui poter giungere, non solo ad una diagnosi completa, ma anche ad una previsione sul corso della malattia (prognosi). L’approfondimento diagnostico deve essere basato anche su una perfetta conoscenza anatomica che egli realizzava anche attraverso dissezione di corpi. Nell’opera “I luoghi dell’uomo”, Ippocrate afferma che il principio della scienza medica è la conoscenza della natura dell’uomo.

Nell’opera “Arie, acque, luoghi”, il celebre medico mette in luce anche la grande importanza della conoscenza dell’ambiente in cui è vissuto il malato, del suo lavoro, abitudini e dati pregressi, cioè dell’anamnesi. Di conseguenza la cura consiste, non solo nella somministrazione del farmaco, ma anche nella dieta, nel modo di vivere, per poter raggiungere uno stato di equilibrio stabile e di armonia di tutto il corpo (diatìa). Si è detto che Ippocrate ha inventato la cartella clinica.

Celebre è infine il “Giuramento del medico” attribuito ad Ippocrate, in cui sono sottolineati i suoi doveri di correttezza, riservatezza e massimo impegno nei confronti del malato, di cui si chiede la collaborazione attiva che è considerata essenziale per la sua stessa guarigione.

Vincenzo Brandi




Anche lui veniva da Osaka!



Oggi vi racconto l'incontro strano che ebbi a Calcata con un ciclista giapponese, avvenuto un bel po’ di tempo fa, per farvi entrare nell’atmosfera rarefatta della città invisibile che è Calcata. Esiste e non esiste… e così i suoi personaggi e visitatori…. tutti assurdi, unici… evanescenti.  

Anche lui veniva da Osaka!

C’è un po’ d’agitazione in piazza, mi accorgo subito che una novità è nell’aria mentre mi siedo sui gradini della chiesa, in un normale giorno feriale senza turisti, nel centro storico di Calcata.

“E’ arrivato un ciclista dal Giappone!” Lorenzo Bizzarri mi dice “Ha attraversato l’intera Asia in bicicletta ed ora è giunto sin qui e sta riposando a casa mia”. Non passa molto tempo che vedo comparire un giovane nipponico, dall’aria sveglia, mi avvicino a lui mentre lui stesso si sta avvicinando a me, ci salutiamo con le mani sul petto e lo invito a sedersi sui gradini per scambiare due parole.

“Da dove vieni e come viaggi?” Gli chiedo e lui, in un inglese un po’ scolastico: “Vengo da Osaka, dal Giappone, con questa mia bicicletta, ho attraversato tutto il sud della Cina, lì non è stato difficile, tra l’altro conosco il cinese, poi son andato in Tibet dove ho visitato molti monasteri ed infine ho fatto il giro dell’India, fermandomi anche a Calcutta…” Mentre così dice mi mostra un ciondolo con l’effige di Vivekananda e di Ramakrishna Paramahansa, due famosi santi del luogo consacrato a Kali. “Questa cavigliera di conchiglie mi è stata invece regalata in Kerala, in un tempio vicino all’oceano indiano”. Non posso fare a meno di commentare “Allora stai facendo un pellegrinaggio?! Da quanti anni sei in viaggio, come fai a mangiare, a ripararti dalla neve e dal gelo sui passi, dal calore rovente dei deserti…”. Mi risponde tranquillo “Sono ormai due anni che viaggio sempre pedalando, non ho fretta, forse andrò in Africa od in America, sto raccogliendo materiale per un mio studio antropologico, secondo me siamo tutti fratelli, le distinzioni politiche e religiose tanto strombazzate non esistono per la gente comune, quella delle strade secondarie e dei piccoli centri, per dormire ho con me una minuscola tenda che in qualche modo mi ripara dalle intemperie, certo quando piove molto, come i giorni scorsi in cui son rimasto bloccato a Roma, allora la tenda diventa tutta bagnata, ma io dormo lo stesso, in fondo son giovane ho solo 27 anni, per il mangiare vado avanti a scatolette, qualche volta mi cucino una pasta con un fornelletto che mi porto appresso, in casi fortunati -come stasera qui a Calcata- un’anima gentile mi ospita. Ho sempre viaggiato senza noie, persino in Pakistan ed Afganistan, di solito ben accolto da tutti, solo in Iran ho avuto un po’ di difficoltà, stranamente con i giovani che non amano quelli dell’estremo oriente, sarà perché molti invasori della Persia erano mongoli, chissà? Comunque ho capito che nessuno, in se stesso, è particolarmente xenofobo salvo che ci sia di mezzo la politica o la religione. Per noi in Giappone è forse più semplice accettare le differenze, vi sono varie forme di pensiero, lo Shinto, il Buddismo, lo Zen, l’Animismo, ma nessuna preclude l’altra.

Tu ad esempio di che religione sei?”. Visto che ora è passato lui all’offensiva delle domande, ribatto prontamente “Prima diciamoci almeno i nostri nomi, io mi chiamo Paolo e tu?” Mi sussurra un nome che suona come “Ushiko” ed immediatamente mi vien voglia di chiedergli, “Ma che vuol dire?” Ci pensa lungamente, assorto e con vari moti del volto e mi risponde “Oceano, vuol dire uomo-oceano”. 



Immediatamente mi sovviene la storia Zen del lottatore Grandi Onde che meditando sul suo stesso nome divenne invincibile, e questo ragazzo che mi sta al fianco, così minuto ma forte, così semplice ma saggio, mi sembra improvvisamente l’incarnazione dell’oceano. Allora rispondo alla sua domanda “Necessariamente essendo nato in Italia la mia matrice religiosa è quella cristiana, ma indipendentemente dal sentiero non può esservi differenza nel fine supremo, quelli che noi chiamiamo i profeti ed i santi, Gesù, Maometto, Buddha e tutti gli altri sicuramente non son differenti dall’Essere Supremo che tutti pervade”. Oceano mi sorride e gli brillano un po’ gli occhi di soddisfazione nell’ascoltarmi, intanto si è fatta sera, abbiamo chiacchierato per più di un’ora intervallata da meditabondi momenti di silenzio, alla fine ci salutiamo, stavolta dandoci la mano, e ripromettendoci di scrivere qualcosa di questo incontro, lui tiene un diario di viaggio ed io ho il vezzo delle storie commemorative.

Il pomeriggio del giorno dopo risalendo al Centro Storico incontro il mio amico sculture Massimo Bormioli, gli chiedo “Hai saputo del ciclista? E’ già ripartito?” E lui “Si stamattina presto, voleva arrivare sino ad Assisi” Ed io “Hai visto che coraggio, pedalare per migliaia di kilometri, da Osaka fino a Calcata” E Massimo di rimando ” Pure lui veniva da Osaka? Ma lo sai che alcuni giorni fa mi capitò di ospitare un altro ciclista giapponese che stava facendo il giro del mondo in bicicletta, anche lui veniva da Osaka…..!”.

Paolo D’Arpini



Vaccini e perdita dell'anima - L'opinione di Rudolf Steiner

 


Più di cento anni fa, Rudolf Steiner scrisse quanto segue:

“In futuro, elimineremo l’anima con la medicina. Con il pretesto di un ‘punto di vista scientifico’, ci sarà un vaccino con il quale il corpo umano verrà trattato il prima possibile direttamente alla nascita, in modo che l’essere umano non può sviluppare il pieno pensiero dell’esistenza, dell’anima e dello Spirito.

Ai medici “materialisti”, sarà affidato il compito di rimuovere l’anima dell’umanità. Come oggi le persone sono vaccinate contro questa o quella malattia, quindi in futuro i bambini saranno vaccinati con una sostanza che può essere prodotta proprio in modo tale che le persone, grazie a questa vaccinazione, saranno immuni dall’essere "contagiati"  dalla “follia” della vita spirituale.

Sarebbe estremamente intelligente, ma non svilupperebbe una coscienza, e questo è il vero obiettivo di alcuni circoli materialistici. Con un tale vaccino, puoi facilmente liberare il corpo eterico nel corpo fisico. Una volta che il corpo eterico viene staccato, la relazione tra l’universo e il corpo eterico diventerebbe estremamente instabile e l’uomo diventerebbe un automa, poiché il corpo fisico dell’uomo deve essere spogliato su questa Terra dalla volontà spirituale.

Quindi, il vaccino diventa una sorta di forza manichea; l’uomo non può più sbarazzarsi di un dato sentimento materialistico. Diventa materialista di costituzione e non può più elevarsi allo spirituale“.

Rudolf Steiner 


(Segnalato da Rossana de Paolis)

Pandemia? Basterà una scintilla... e sarà fatta luce...

 


"Ci stiamo avviando dove  basterà un pretesto per trovarsi al punto di non ritorno?"

Nella burrasca la barca è messa alla prova e così il suo equipaggio. Scricchiola fino a far pensare al peggio. Strallo, sartie e paterazzo terranno? Cederanno alla furia? Tutti si chiedono. O senza albero andremo alla deriva, naufraghi, in un mare di nere fauci? Avremo almeno la forza per lottare con il più debole di noi per strappargli di mano un brandello di fasciame per stare a galla?

Quest’ultima, una domanda che fino a ieri non avremmo avuto il sentimento per concepire. Fino a ieri la barca non scricchiolava e le sartie cantavano la loro pacifica ballata. Fino a ieri avevamo creduto un futuro simile al passato. Nella sostanza e nei valori. Ma la burrasca ha mandato all’aria i sedimenti sui quali, nonostante tutte le iniquità, di fronte a noi vedevamo terra. Quella della società, dell’identità, della cultura e, tutto compreso, della civiltà. C’era comunque molto da fare e con quello che avevamo l’avremmo fatto. C’era il senso della vita, di se stessi. C’era una bussola che ci avrebbe portato in porto, alla faccia di tutte le deviazioni magnetiche.

Sapevamo anche prima della tempesta come stavano le cose tra l’equipaggio. Antipatie, soprusi, prepotenze, minacce. Ma sentivamo che il destino era comune, che tutti avevano in sé il senso di operare per raggiungere in fondo la medesima terra. Insomma, le diatribe non erano sufficienti a generare gli ammutinamenti che molti, dentro se stessi, ringhiando minacciavano.

Ma ora che siamo al si salvi chi può, tutto è cambiato e, nonostante la peciosa notte, tutto è chiaro. Il SARS-CoV-2/Covid-19, ciò che attraverso la mediazione umano-politico-sanitaria ha messo in essere, non è che una specie di amplificatore della cacofonia sociale preesistente. Che altra sonorità sarebbe mai potuta uscire dall’individualismo, impostore di una vista avida e miope. Del resto, solo una società cariata che, in nome della globalizzazione, ha voluto gettare alle ortiche una cultura comune, non può crescere i suoi componenti e se stessa con i valori dell’evoluzione, ovvero quelli della bellezza, dell’armonia, della forza interiore, necessari alla via per la serenità esistenziale.

Era così anche prima del mondialismo? È sempre stato così? Certo. Ma se prima per mantenere il controllo del popolo bue era sufficiente un giogo affinché credesse fosse quello il suo ruolo, oggi disponiamo di un’estensione di consapevolezze che permetterebbero anche al bovino di prendere coscienza di se stesso, di divenire felino. Infatti, prendere coscienza di qualcosa ha sempre il valore di un cambio di prospettiva.

Dal bollettino meteo non ci sono notizie rassicuranti. La burrasca perdurerà. Al momento siamo solo prossimi all’imbocco del toboga argilloso e sempre più ripido. Chi non procede a testa bassa, concentrato su se stesso, chi si guarda in giro per restare in relazione col mondo, per sentire le vibrazioni d’energia, le sue folate, le sue correnti, lo intravede. E capisce che non ci saranno rami a cui attaccarsi per cercare di fermare se stessi e magari qualcun altro. Vede con chiarezza che là in fondo, dove andremo a finire, tutto brucia.

Là in fondo c’è la battaglia – che sembra fintamente più accettabile che scrivere guerra civile, tasti che bloccano le dita – verso la quale la prima narrazione del SARS-CoV-2/Covid-19, ha preparato il campo. Ha spazzato via il necessario per far esplodere la diffidenza reciproca, per compiere una visione del mondo segnata dall’odio. Con le sue doti ha esponenzializzato vecchi stridori sociali fino alla premessa della loro trasformazione in clangori catastrofici. Una bolgia di terrore e speranza, impreparata ma anche pronta per condirsi di sangue. Un inferno nel quale l’individuo viene meno e con esso la società civile stessa.

Non si tratta di distopia pessimistica, catastrofista. Quantomeno non è questa l’intenzione. La fase successiva, che si è da poco avviata, ha il vaccino come perno. Anche la più avariata sfera di cristallo è in grado di urlarlo a chiare lettere. La battaglia si svilupperà intorno al suo altare. Sulla sua giostra non ci saranno risparmi di forza bianca e nera, di verità e menzogna. Ci si batterà con tutte le armi. Le prime, razionali e scientifiche, non serviranno a nulla: il campo delle emozioni non è contiguo a quello dell’analisi. Seguiranno quelle dogmatiche e autoreferenziali. Ovvero qualcuno si ergerà credendo che il suo titolo e la sua esperienza abbiano valore universale. Ma anche queste si dimostreranno spuntate, almeno per una parte di noi, e dovranno essere presto posate in quanto inutili per mettere d’accordo tutti, per convertire allo scientismo.

Se il governo ritiene il SARS-CoV-2/Covid-19 debellabile definitivamente a mezzo del vaccino di massa critica; se ritiene che il vaccino sia innocuo, che non abbia controindicazioni, che immunizzi e basta, con altissima percentuale; se perciò lo renderà obbligatorio per il bene comune, non avrà alcuna difficoltà a sottoscrivere, contestualmente all’assunzione della vaccinazione da parte del singolo, un documento in cui si ritenga responsabile di eventualità negative per la salute del soggetto stesso. Responsabilità che potrebbero essere quantificate (in 20 milioni di euro?) in caso di morte, danni permanenti, vite stravolte.

Responsabilità che il Potere delle case farmaceutiche produttrici di vaccini è riuscito a eludere, a mezzo di normative a loro favore, in via di promulgazione dall’Unione Europea (SARS-CoV-2 e Covid-19) e dall’Italia (Influenza A). E, non a caso, esistono normative (legge 210/1992 e 238/1997) che prevedono indennizzi e risarcimenti da parte dello Stato per le persone danneggiate dall’assunzione vaccinale.

Diversamente potrebbe fare una pari campagna di informazione sui rischi impliciti nelle vaccinazioni. Potrebbe elencare la ricetta che compone il vaccino inclusi gli elementi normalmente occultati. Potrebbe organizzare un pubblico dibattito tra esperti delle parti avverse. Potrebbe precisare che i non vaccinati non avranno conseguenze di sorta, né trattamenti, accessi, ed altro differenziati rispetto ai vaccinati. Potrebbe così segnare un punto a favore della cosiddetta società civile e smetterla di pensarla bovina.

Sul fronte della comunicazione, al comando degli esperti da un lato e, di quelli che questi chiamano “ciarlatani” dall’altro, si schiereranno i rispettivi popoli. Nel caos della burrasca, che già aveva segnato nel profondo l’equipaggio, senza che nessuno se ne prenda la responsabilità, ci si ritroverà con l’asticella alzata.

E saremo al punto in cui basterà una scintilla.

Ma sarà quello il momento in cui qualcuno si alzerà dalla sedia di regia, soddisfatto del lavoro fatto.

Chi è?

Come chi investe sui morti delle epidemie e fa profitto, c’è qualcuno che prospera sulle guerre, le provoca e riaggiusta i cocci a cose fatte. Così anche in questa occasione dare per scontato che non siano esistite spinte interessate è ingenuo. Ognuno di noi mette in campo spinte interessate, anche nelle relazioni personali. Vuoi che chi più ha potere di uno stato non abbia i titoli per fare il mazziere?

Lorenzo Merlo - ascent@victoryproject.net