LA SIMBOLOGIA ED IL MESSAGGIO DEGLI ALBERI




Mi chiamo Peter Boom e boom, nella mia lingua l’olandese, significa albero.
Sono un alberello di media statura, molto più basso della maggior parte degli
alberi.
La quercia arriva a 40 metri di altezza, ma viene superata dal frassino e dal
faggio. Nelle nostre zone climatiche l’abete può raggiungere i sessanta metri,
giusto per far notare quanto sono piccolo io.
Un grandissimo problema oggi è la sistematica distruzione dei boschi che sono
parte integrante e di primaria importanza per il nostro ecosistema.
Per questo motivo ho scritto un libro intitolato “2020, il nuovo Messìa”,
pubblicato nel 1994 che parla proprio della mentalità speculativa che sta
distruggendo la Natura, la flora, la fauna, i nostri alberi e … di
conseguenza anche noi.
Alberi chiamati sacri perché una volta queste piante venivano considerate
manifestazione delle divinità, a loro si pregava per chiedere protezione e
aiuto e hanno ispirato miti bellissimi e fantastici.
In quasi tutte le tradizioni troviamo l’albero cosmico, asse dell’universo con
le sue radici affondate negli abissi sotterranei e con i suoi rami che
s’innalzavano fino al cielo. Essendo l’albero verticale esso congiunge
l’universo uraniano con i baratri ctoni, i dei dei cieli con quelli degli
abissi. Un’immagine che troviamo anche nella croce, simbolo delle chiese cristiane
adottato dalla religione cristiana soltanto verso la fine del quarto secolo,
ancora senza il Cristo crocifisso sopra. Queste immagini le ho riprese dal
libro “La favola di Cristo” di Luigi Cascioli, ricercatore storico di fama
internazionale.
Il nostro corpo è fatto in forma di croce; simbolicamente la croce significa
la completezza, la barra orizzontale è la madre terra, quella verticale il dio
sole, la forza fecondante di ogni vita. Simboli della completezza sono anche il
lingam e lo yoni della tradizione shivaita ed il Ying e Yang cinese.
L’albero è ermafrodita nella maggior parte dei casi e anche l’albero cosmico è
ermafrodita. E’ una pansessualità cosmica che riporta alle origini dell’uomo,
alla sua completezza. Un albero dà appieno questa idea, anche perché abbattuto
può rinascere dalla talea o può rigenerarsi da solo grazie ai germogli che
crescono ai suoi piedi, un po’ come dalla costola di Adamo nasce Eva. I fiori,
in molti alberi, sono maschi e femmine allo stesso tempo, in altri invece
fioriscono sullo stesso albero il pistillo femmina e lo stame maschio.
Dai primordi certi alberi grandi venivano ritenuti sacri come per esempio le
querce, i frassini, i baobab, etcetera, e dall’osservazione della natura che
muore e poi risorge sono nati molti credi e religioni.
San Bernardo di Chiaravalle lasciò scritto: “Troverai più nei boschi che nei
libri. Gli alberi e le rocce t’insegneranno le cose che nessun maestro ti
dirà.”
Infatti, gli dei venivano immaginati prendendo spunto dai fenomeni osservati
nella natura: i vulcani, il fuoco, i fulmini, il tuono, il mare, il cielo, la
terra della dea madre, gli animali, il vento e naturalmente anche gli alberi.
Nella mitologìa nordica, descritta nell’Edda intorno al 1225, vengono
raccontati molti miti di origine antichissima tra i quali quello del gigantesco
frassino Yggdrasill, asse del mondo con i suoi rami che giungono fino ai cieli
e con tre larghissime radici che affondano nei regni sotterranei; da una di
queste radici che porta al regno dei morti sorge una fonte, necessaria a
nutrire l’albero e ad irrigare con la sua acqua tutta la terra. Dall’acqua
scaturisce la vita e traendo origine proprio dal regno dei morti allude
chiaramente al riciclaggio della vita. Vita, morte e nuova vita, come una
risurrezione insegnataci dall’andamento delle stagioni.
Ancora oggi festeggiamo questo naturale fenomeno con l’albero di natale, e la
rinascita ogni anno del bambin Gesù non è altro che la rinascita del sole, il
solstizio, la premessa per far ricrescere la vita.
La stessa rinascita si incontra anche in altre e più antiche religioni. Come
nell’antico Egitto con Osiride fatto a pezzi che poi resuscita o come nei riti
sciamanici che rappresentono lo svolgersi tra morte e rinascita sia dell’uomo
come anche della vegetazione.
Yggdrasill significa corsiero di Ygg, uno dei nomi del dio Odino o Wotan. Ygg
stranamente non significa frassino, ma bensì quercia, in tedesco Eich, in
olandese eik e in inglese oak. Probabilmente uno scambio che sarebbe
interessante verificare meglio.
Come il da noi meglio conosciuto albero del paradiso, anche presso Yggdrasill
abita un enorme serpente chiamato “Nioggrh”. Anche sotto quest’albero della
vita nasce l’acqua fecondante e della conoscenza dove il dio Ygg, Odino o
Wotan, il padre di tutti gli dei nordici ha dovuto essere iniziato tre volte
per diventare maestro di saggezza e di conoscenza occulta.
Queste iniziazioni, durante le quali il dio, ferito da una lancia e appeso a
testa ingiù per nove notti tra i rami del frassino Yggdrasill, fa pensare a
certe iniziazioni sciamaniche e anche a Gesù inchiodato alla croce col cuore
trafitto dalla lancia di un centurione. Infatti, non c’è niente di nuovo nel
nostro immaginario religioso, tutto proviene dall’umano inconscio collettivo,
dal nostro immaginario archetipico pensato e ben descritto da Carl Gustav Jung,
uno dei padri della psicoanalisi moderna.
Odino invece ferisce sé stesso, non beve, non mangia e si sottopone ad una
morte rituale, iniziatica. Ed è così che ottiene la conoscenza. Odino vede,
anche se è cieco, come lo era Omero, come l’indovino Tiresia accecato dalla dea
Atena, come l’Edipo incestuoso che si cavò gli occhi per espiare il suo
tremendo anche se non volontario peccato. Tutti costoro vedono con gli occhi
dello spirito, cosa che fa pensare al terzo occhio indiano, l’occhio divino
della vera e più profonda conoscenza.
Odino resuscita come lo sciamano fatto a pezzi, come Gesù, come il dio egizio
Osiride.
Quando poi, come musicato in modo sublime da Wagner nel Crepuscolo degli dei, die Goetterdaemmerung, anche gli dei vengono colpiti dall’apocalisse e l’enorme lupo Fenrir divora Odino insieme a quasi tutti gli altri dei, solo l’albero
primordiale Yggdrasill, benché danneggiato, è rimasto in piedi, allora succede
il nuovo miracolo: “La terra uscirà dal mare e sarà verde e bella”.
Ecco il diluvio universale, descritto nel vecchio testamento da una cultura a
noi più conosciuta o comunque più tramandata, oggi si direbbe pubblicizzata.
Un uomo chiamato Ask viene foggiato dal frassino cosmico e una donna chiamata Embla dall’olmo.
Anche Omero e Esiodo parlano di leggende sull’origine degli uomini, uomini
nati dalla quercia e dalla roccia, interessante associazione tra la pietra e
l’albero sacro ricorrente in molte culture antiche. La pietra sacra, il menhir
o bethel, parola che in semitico significa casa di dio, l’omphalos greco,
l’ombelico del mondo, il lingam indiano, tutte dimore dello spirito.
La pietra eterna, ricordiamo anche la Ka’aba alla Mecca, è simbolo di vita
statica, l’albero invece è simbolo di vita dinamica che si rinnova sempre in
una continua rigenerazione, muore e risorge.
Il frassino era consacrato anche a Posìdone, come la quercia a suo fratello
Zeus. Nell’Egitto dei faraoni invece gli dei abitavano il sicomoro sacro.
In Mesopotamia l’albero sacro della vita era il Kiskanu.
In India abbiamo la “ficus religiosa” conosciuta soprattutto perché ai piedi
di quest’albero il Buddha raggiunse l’illuminazione.
In Cina viene venerato il Qian Mu, legno eretto, albero dell’inizio di tutto.
Importante è anche il gelso considerato sacro e ermafrodito, simbolo
antecedente alla divisione tra Ying e Yang, della femmina e del maschio, dello
scuro e del chiaro, della terra e del cielo.
Non possiamo dimenticare l’albero cosmico degli Inca nell’America del Sud, che
scaturisce dal corpo di una dea con accanto Quetzalcoatl, il serpente piumato,
dio della morte e della rinascita; come serpente è ctonio, sotterraneo, ma dal
suo sacrificio sul rogo fa rinascere il sole.
Con tutte queste deità, spiriti, spiritelli dimoranti negli alberi di tutto il
mondo, salvo naturalmente sopra i poli, si può affermare con Mircea Eliade che
“mai l’albero è stato adorato unicamente per sé stesso ma sempre per quel che
si rivelava per suo mezzo”.
L’albero col quale l’uomo in passato viveva in grande simbiosi deve avergli
dato l’impressione di vedere in lui l’origine dell’universo.
Gli uomini della pietra forse si dovrebbero chiamare gli uomini degli alberi o
del legno, di più facile lavorazione dei sassi durissimi, ma di non lunga
conservazione. I legni lavorati, così antichi, sono scomparsi nel tempo.
In provincia di Viterbo nei pressi di Latera troviamo il laghetto di Mezzano
dove sono stati rinvenuti strutture lignee di palafitte dell’età del bronzo di
circa 4000 anni fa. Un altro luogo interessantissimo e direi addirittura
impressionante si trova nei pressi di Avigliano Umbro ed è la foresta fossile
di Dunarobba, dove si possono vedere tronchi d’albero in legno conservati
miracolosamente per circa tre milioni d’anni. Qui si tratta di legno non
fossilizzato in pietra rimasto protetto sotto uno strato di una trentina di
metri di argilla. Alberi, di una specie di conifere che oggi non esistono più
ma simili alla sequoia, che crescevano sulla sponda di un lago vastissimo in un
clima caldo e umido, dove vivevano mammuth e diverse altre razze di animali
preistorici.
Col legno gli uomini costruivano capanne, dimore per adorare gli dei,
palizzate per la loro difesa; l’albero era anche il “Padre del fuoco” e
attraverso l’esempio dei fulmini, l’autocombustione e i vulcani impararono ad
accendere essi stessi il fuoco col quale potevano cucinare, riscaldarsi, vedere
nel buio della notte e difendersi dagli animali feroci. Si otteneva dalle api
che si annidano negli alberi, la cera, il miele, l’idromele, il miele
fermentato, il nettare degli dei creduto utile per ottenere l’immortalità.
Inoltre gli alberi regalavano agli umani diversi frutti, quelli freschi da
mangiare a maturazione o da seccare e quelli indeiscenti nella loro buccia dura
come le noci e le nocchie che essendo a lunga conservazione venivano consumate soprattutto durante l’inverno e che macinati producevano una farina e così  anche il primo pane. Da certi alberi escono resine con le quali produrre
catrame, pece, profumi, aromi e incenso. La prima arma dell’uomo, oltre ai
sassi che si potevano scagliare, sarà senz’altro stato il bastone, in seguito
la lancia e poi l’arco con la freccia.
Esiste nell’immaginario umano un albero che vuole forse dimostrare il
contrario di tutto, l’interscambiabilità tra positivo e negativo, la morte che
crea l’humus per la vita, una connessione tra il basso e l’alto, una energia di
eterno ricambio, un albero sciamanico presente in diverse culture, quelle dei
Lapponi, degli aborigeni australiani, che si ritrova nell’esoterismo ebraico
come anche nella tradizione islamica, descritto da Platone e da Dante, ed è
l’albero rovesciato, in India chiamato Asvatta e precedente almeno di 2000 anni
a Buddha.
Le sue radici si affondano nel cielo e con le fronde copre la terra.
Un’energia spirituale, primordiale discende dalle radici verso i rami che si
estendono verso la terra per illuminare l’uomo.
Un altro albero della vita con i suoi sette bracci che corrispondono ai sette
pianeti è quello mesopotamico che si ritrova riprodotto nel candelabro a sette
bracci ebraico, la menorah, modello consegnato da Dio a Mosé.
Anticamente gli alberi sacri servivano anche da oracolo come la quercia di
Dodona sul luogo dove una volta si ergeva il santuario dedicato a Zeus ai piedi
del monte Tamaro. Nel quinto secolo questo tempio diventò chiesa cristiana e
sede vescovile. Una religione sopra un’altra e dove una volta sacerdotesse
dicevano le profezie interpretando il fruscio del fogliame ora regnano i
preti.
La vera divinità dell’albero era sempre rappresentativa della Grande Dea
Madre, la Terra, creatrice di tutta la vita.
Le querce venivano chiamate dagli Elleni antichi “prime madri”.
Siccome le querce in quanto onorate come sacre non venivano abbattute potevano anche superare i duemila anni e infatti nelle torbiere si sono ritrovati
tronchi giganteschi e nel 1690 circa un celebre botanico riferisce di una
quercia con un tronco del diametro di dieci metri e si parla anche di una
quercia che poteva dar riparo a trecento uomini e i loro cavalli.
Gli alberi più grandi e più vecchi si sono trovati nelle Montagne Rocciose,
come la sequoia gigante che supera i centotrenta metri di altezza e i trentasei
metri di circonferenza e che può vivere fino a quattromila anni, nella stessa
regione si trovano dei pini di alta montagna che addirittura possono arrivare a
cinquemila anni. In Giappone fu scoperto un Ginkgo Biloba, che sopravvisse
inalterato per centocinquanta milioni di anni. Questo mitico albero fu trovato
in un bosco sacro vicino ad un tempi.
Non posso fare a meno di nominare il famoso libro “Il ramo d’oro” di Frazer.
Il ramo d’oro è simbolo della luce iniziatica, riesce a trionfare sulle ombre
infernali del regno di Plutone e di far resuscitare. L’albero del quale fu
colto questo ramo da Enea era un leccio, una quercia verde considerato un
albero infernale, ma anche albero della resurrezione.
Il dio della rinascita, cioè quello che fa ribollire la linfa alla vita
dormiente con i suoi culti orgiastici, figlio di Zeus e protettore degli
alberi, era il dio della vite Dioniso, colui che muore e rinasce, un vero dio
della natura chiamato “colui che vive ed opera negli alberi” o anche “colui che
è nell’albero”.
Un dio dal carattere androgino, adolescente, effeminato, secondo quanto hanno
scritto Eschilo ed Euripide.
Il pino è l’albero di Dioniso, ma le sue piante predilette sono l’edera e la
vite, che servono per raggiungere il delirio dionisiaco e l’orgia menadica. Le
celebrazioni dei cosiddetti misteri dionisiaci venivano condotte da sacerdoti
eunuchi oltre che nei paesi del vicino oriente anche nella Roma antica
all’inizio della primavera. I celebranti si autoflagellarono, alcuni neofiti
addirittura si castrarono allo scopo di rianimare il dio morto e con lui tutta
la natura che in quel periodo inizia a germogliare. Il giorno dell’equinozio,
dopo due giorni di lamenti funebri, ebbe inizio l’Hilaria, la sfrenata,
licenziosa festa della resurrezione divina, i cosiddetti baccanali. Oggi da noi
esiste ancora la tradizione del Carnevale, pallida imitazione delle feste di
allora.
Un altro mito riguarda invece l’albero della mirra, che era anche il nome
della figlia di un re dell’Assiria. Questa signorina innamoratasi pazzamente
del padre riuscì con l’inganno a giacere con lui per dodici notti di seguito.
Quando il re si accorse del rapporto incestuoso con la figlia la volle uccidere
con un pugnale, ma Mirra pregò gli dei di renderla invisibile ed essi per pietà
la trasformarono in un albero, l’albero della mirra. Nove mesi dopo nacque da
quel albero il più bello di tutti “Adone”, nato da quel atto proibito,
l’incesto tra il re e sua figlia.
Probabilmente il primo albero piantato e coltivato dagli uomini, cioè dai
Sumeri circa seimila anni fa è la Phoenix dactilifera, la palma da datteri,
conosciuta anche per essere servita da riparo alla nascita di Apollo, dio
guerriero e figlio di Latona e di Zeus, che aveva fatto una volta di più le
corna a sua moglie Era.
Apollo era anche il dio della divinazione, della musica e della pastorizia,
ebbe, così padre così figlio, numerosi amori con ninfe e giovani uomini poi
tramutatisi in fiori o alberi, tra i quali Giacinto e Ciparisso (cipresso) e la
ninfa Dafne che per sfuggire alle sue brame si tramutò in un albero di lauro,
chiara allusione alla sua stretta unione con la vegetazione, con la natura.
Gli alberi hanno un’anima. E’ stato dimostrato che una qualunque cellula è
autonoma e possiede un sistema che ne regola l’equilibrio e la difesa, in
potenza un principio di vita psichica. Esperimenti hanno dimostrato che le
piante reagiscono a certi input e che possono sentire benessere, paura, dolore
e inoltre che sono capaci di memorizzare.
Io ritengo che tutto ha un’anima, basta toccare, vedere anche una pietra, ma
un albero, soprattutto quando è grande e maestoso irradia qualcosa di magico
che in tempi antichi veniva percepito come se ci fosse al suo interno una
deità.
Allora quel albero veniva adorato e protetto, ai suoi piedi veniva eretto un
altare, come ancora oggi vien fatto in India.
L’albero, in questo modo, poteva arrivare ad un’età avanzatissima lasciando
crescere intorno ad esso un bosco sacro come per esempio ad Uppsala in Svezia e  anche più vicino a noi a Nemi a sud di Roma o come i boschi sacri che
protessero la nascita, l’illuminazione e il trapasso di Buddha.
I boschi sacri, chiamati “nemeton” sono esistiti presso molti popoli ed in
tutti i continenti. Purtroppo a causa dello sfruttamento dei legni, per ragioni
belliche e religiose molti di questi “nemeton” sono andati distrutti.
La prima e la seconda guerra mondiale hanno causato un disboscamento
sistematico, ma molto prima ancora con l’avvento del cristianesimo i missionari
cristiani per rendere impossibile il culto pagano degli alberi li hanno fatti
distruggere e di questo esistono purtroppo numerose testimonianze ben
documentate.
Naturalmente il cristianesimo ci mise secoli per convertire i pagani e mano
mano dei monaci si stabilirono nelle foreste sacre e vi fondarono monasteri.
Sul monte Cassino, Benedetto da Norcia, in mezzo alla folta foresta dove
sorgeva un tempio dedicato ad Apollo costruì la chiesa del Dio unico; il
monastero di Castel Sant’Elia qui in provincia era un tempio di Venere e vale
la pena di andare a farci una visita.
Ogni albero ha la sua storia ed impersonava spesso delle ninfe come per
esempio il tiglio, il pino nero, il pioppo bianco, il noce e il mandorlo.
L’albero più significativo delle tre religioni monoteistiche, cioè quella
degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani, è senz’altro l’ulivo che con il suo
olio “crea la luce”, che è “l’asse immobile della terra”, che rappresenta
Abramo l’antenato comune degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani. Il
ramoscello d’ulivo portato dalla colomba a Noé é anche qui il segnale di nuova
luce e la ripresa della vita sulla terra.
Il fico invece è servito con le sue foglie a coprire le vergogne di Adamo ed
Eva, ma è anche l’albero dedicato a Dioniso ed a Priapo, il dio fallico per
eccellenza ed i falli portati in processione venivano appunto scolpiti con il
legno di questo albero. Il fico, frutto succulento e ricolmo di semi quando è
maturo simbolizza sia il maschio che la femmina, un significato ancora oggi
molto vivo e talvolta anche volgare.
Il melo.
Atlante, colui che sostiene la terra, era il guardiano del giardino della dea
Era, moglie di Zeus, dove cresceva un melo dai frutti d’oro, che lei aveva
avuto in dono dalla madre terra. Un giorno Era si era accorta che le rubavano
le mele e perciò ordinò al drago Ladon di attorcigliarsi intorno al tronco
dell’albero in modo che nessuno potesse avvicinarsi.
Il serpente con l’albero ci ricorda chiaramente l’Eden di Adamo ed Eva e anche
l’albero cosmico nordico con il suo gigantesco serpente Nioggrh.
Ad Adamo un pezzo del frutto proibito è rimasto nella strozza e a tutt’oggi si
vede chiaramente il nostro pomo d’Adamo.
Adamo viene spesso rappresentato come androgino, infatti viene creato “maschio e femmina”, viene creato al plurale e solo dopo ha luogo la divisione in due, cioè nel maschio e la femmina.
L’albero ermafrodito era il simbolo più adatto per rappresentare l’uomo
primordiale proprio perché capace di moltiplicarsi in maniera asessuata
attraverso i rametti che nascono ai suoi piedi. Un albero tagliato può
rigenerarsi rispuntando dalla terra.
Con l’affermazione del Cristianesimo veniva adorato soltanto un pezzo di legno
morto, cioè la croce e l’adorazione degli alberi vivi e sacri veniva vietata.
In conseguenza da ciò nacque un monoteismo dogmatico ed intollerante. L’anima e  il corpo vengono separati in un dualismo spesso atroce e causa di grandi
sofferenze e frustrazioni.
Claude Lévi-Strauss ha scritto:
“Da aperta che era un tempo, l’umanità si è sempre più rinchiusa in sé stessa.
Tale antropocentrismo non riesce più a vedere, al di fuori dell’uomo, altro che
oggetti. La natura nel suo complesso ne risulta sminuita. Un tempo, in lei
tutto era un segno, la natura stessa aveva un significato che ognuno nel suo
intimo percepiva. Avendolo perso, l’uomo di oggi la distrugge e con ciò si
condanna.”
Spero che d’ora in poi possiate guardare agli alberi ed alla Natura tutta con
occhi e sentimento diversi.
Grazie per l’attenzione.
Peter Boom

Linguaggio e Logos



"Ogni riflessione sulla tradizione deve cominciare con la constatazione in apparenza triviale, che prima di trasmettersi qualcosa, gli uomini hanno innanzitutto da trasmettersi il linguaggio. Ogni tradizione specifica, ogni patrimonio culturale determinato, presuppone la tradizione di ciò attraverso cui soltanto qualcosa come una tradizione è possibile. Ma, qual'è il significato della trasmissione del linguaggio, indipendentemente da ciò che, nel linguaggio, viene trasmesso? Queste domande, lungi dall'essere per essa irrilevanti, costituiscono fin dall'inizio il tema della filosofia: essa si dà pensiero di ciò che è in questione, non in questo o quel pensiero significante, ma nel fatto stesso che l'uomo parli, che vi siano linguaggio e apertura di senso, al di qua o al di là o, piuttosto, in ogni evento determinato di significazione. Ciò che in questo modo è sempre già trasmesso in ogni tradizione, l' architraditum, e ilprimum di ogni tradizione, è la cosa del pensiero". (Giorgio Agamben)

Ho voluto premettere questo fondamentale pensiero di uno studioso di fama perché ancora oggi non è possibile affrontare un qualsiasi discorso di religione cercando di far capire quanto sia importante vagliare a fondo in quale lingua sono stati scritti i testi sacri di ogni religione e perché certi concetti basilari non possano che essere percepiti da altri che non siano quelli che dalla nascita parlano quella lingua. Ricordo che negli anni cinquanta, ai tempi del Giubileo, circolavano cartoline con madonne ed altri santi con facce chiaramente orientali ( cinesi, indiani e quant'altro). Tutto ciò aveva a che fare con l'ecumene cristiano o, come dicevano loro, col corpo mistico della Chiesa. Ma era un falso. Una falsificazione come quella della Bibbia, dimostrata senza equivoci in questi ultimi tempi da Mauro Biglino. E d'altronde era facilmente comprensibile che il testo biblico, già rimaneggiato dai famosi SETTANTA, negli anni 135 a.C. che ne avevano fatto una TRADUZIONE IN GRECO avrebbe potuto avere ben poco dell'originale ( posto che questo "originale" ci sia mai stato). Infine, abbiamo anche un testo FONDAMENTALE della cultura Alessandrina, Quell'interpretazione "allegorica" della Bibbia redatta da Filone alessandrino che operò proprio in quella Accademia nello stesso periodo della (presunta) venuta di Gesù il Cristo. 

Chiunque può capire che, se l'interpretazione di un TESTO SACRO è determinata dalla decifrazione delle allegorie ivi contenute, IL TESTO SACRO HA BEN POCO DI INDICATIVO IN SE STESSO, quindi, in un ragionamento logico, che contrasta inevitabilmente col fideismo fine a se stesso, il testo NON può essere sacro né tantomeno veritiero. Più esplicitamente: un conto è la illustrazione del significato di una frase, che può essere fatta anche da un grammatico, ed un conto è l'interpretazione allegorica attraverso un'altra lingua e soprattutto un'altra filosofia. 

E da qui giungiamo ad un'altra considerazione: posto che tutti questi testi sacri, quelli che da noi si vuole che siano sacri, provengono dalla scrittura greca, poi anche tradotta in latino, ed infine da rimaneggiamenti durati secoli, ed infine da una specifica SELEZIONE per cui esiste una Bibbia cattolica ed altre protestanti,( c'è anche quella dei Mormoni) c'è da chiedersi per quale ragione una persona ragionevole debba CREDERE ciecamente ad una di esse rinnegando le altre. Quando noi asseriamo essere il cristianesimo il frutto di questa cultura composita, della quale l'elemento prevalente è la base neoplatonica, cioè la tradizione culturale greca integrata dal sinergismo delle altre culture esistenti nell'ecumene imperiale romano, intendiamo dire proprio questo. Fermo restando che è difficile anche la traduzione esatta delle parole greche. Immaginiamoci del resto. Ad esempio, ancora si discute sul vero significato delle parole anima e spirito nelle opere platoniche. IN REALTA' IL LINGUAGGIO è TUTTO come asseriscono gli Evangeli quando assimilano il Cristo al Logos. 

Ci vuol poco a capire che esiste una identità sostanziale fra le parole cristo e logos. 

Se riuscissimo a produrre un'astrazione linguistica, scacciando dalla nostra mente l'identificazione di Cristo con un personaggio umano descritto visivamente negli affreschi e nei quadri della cristianità ( ed anche qui dovremmo chiederci QUALE fra le migliaia di immagini corrisponda all'idea esatta del personaggio trattato nei testi) scopriremmo che ( e questa è la vera VERITA') il divino coincide col linguaggio. A patto che il linguaggio sia comprensibile! ( Sancta simplicitas: la credenza popolare, alimentata anche dal comportamento dei papi, crede che il cosiddetto "dono delle lingue" consista nel fatto che i papi sanno parlare molte lingue).I nuovi concetti veicolati dagli studi di logica e di linguistica, in precedenza non esistenti, rivoluzioneranno tutte le concezioni religiose, almeno quelle basate sulla filosofia-teologia, privilegiando quelle che si basano sulla PRASSI della meditazione, che consiste in qualcosa di squisitamente interiore e personale.      

Giorgio Vitali

"Frammenti di un insegnamento sconosciuto" - Recensione




Durante gli anni 1990 -1997 ho prevalentemente viaggiato in oriente e
ho cercato di conoscere il più possible gli insegnamenti dei maestri
spirituali del passato e del presente.

Tra questi Gurdjieff 1866 - 1949 che essendo nato nella repubblica
caucasica di Armenia si distacca notevolmente dagli insegnamenti dei
maestri indiani o buddisti.

La pubblicazione che meglio descrive il suo pensiero è quella scritta
dal suo discepolo Ouspensky 1878 - 1947 intitolata: "Frammenti di un
insegnamento sconosciuto" di 450 pagine.
Finita quella lettura, che trovai molto importante, ricordavo che ne
conclusi che sicuramente deve essere stato un grande esibizionista.
Recentemente l'amico Mauro mi ha regalato una pubblicazione, sempre di
Ouspensky di 120 pagine intitolata: l'evoluzione interiore dell'uomo
-- introduzione alla psicologia di Gurdjieff.

Sono passati più di 10 anni tra le due letture e ricordavo poco di
quello che avevo letto nella prima pubblicazione, così dopo poche
pagine di questo nuovo libro mi ha presa una grande eccitazione perché
gli insegnamenti promettevano di essere straordinari.


E qui ve li elenco il più brevemente possibile:
L'uomo deve divenire un essere differente ma solo pochi possono fare
questo perché solo pochi lo desiderano perché nella maggioranza non
comprendono cosa possono acquisire.
Sulla via dell'evoluzione l'uomo deve acquisire delle qualità che si
illude di già possedere.
L'uomo non si conosce, è una macchina messa in moto da influenze e
choc esteriori, non è che un automa con un certo bagaglio di ricordi
d'esperienze anteriori, del tutto immaginarie e accidentali.
Tutto quello che crede di fare, in realtà succede, l'uomo non può ne
pensare, ne parlare, ne muoversi liberamente come crede.
E' una marionetta tirata qua e là da fili invisibili, ma se diviene
pienamente consapevole di essere solo una macchina, può trovare i
mezzi per cessare di essere una macchina.
L'uomo deve sapere di non essere uno, ma una moltitudine, non possiede
un "io" unico perchè cambia continuamente.
L'illusione della sua unità è creata in primo luogo dalla sensazione
di un corpo fisico, poi dal suo nome che in genere non cambia e infine
da un certo numero di abitudini meccaniche radicate in lui . In lui
non esiste un centro unico di comando.
Certi gruppi di "io" sono unicamente collegati da associazioni
accidentali, da ricordi fortuiti, o da somiglianze del tutto
immaginarie.
Per evolvere l'uomo deve sapere quello che gli è proprio e ciò che no
lo è, deve rendersi conto di non possedere le qualità che si
attribuisce.
La più importante di queste qualità e la "coscienza", la presa di
coscienza interiore, di se stesso, capire quando è cosciente e quando
non lo è, ma questa qualità è possibile ottenerla solo dopo una lotta
dura e prolungata.
L'uomo vive più nei sogni che nella realtà; deve comprendere che vive
nel sonno, agisce nel sonno e non sa di dormire.
Il cristianesimo parla di "risveglio".
La "menzogna" occupa una parte importate nella vita; per esempio la
gente finge di sapere qualsiasi cosa su Dio, sulla vita futura,
l'universo, l'origine dell'uomo, l'evoluzione e su tutto; ma in realtà
non sa nulla, neppure su se stesso e ogni volta che qualcuno parla di
qualcosa che non sa come se la sapesse "mente".

Qui mi fermo perché c'è ben poco ancora di interessante.
A quel punto mi pregustavo cosa Gurdjieff avrebbe suggerito, come
comportarci per risolvere questi problemi.
Queste risposte non sono arrivate perché secondo lui la sola soluzione
era di andare alla sua scuola perché solo uno del suo calibro può
aiutare l'uomo ad evolvere.

Mi sono così ricordato che avevo già letto questo nella precedente
pubblicazione e così le mie eccitazioni sono sfumate ma la lettura è
stata ugualmente molto importate.

Spero che sia stata per voi una lettura interessante e stimolante.

Roberto Anastagi

Spiritualità laica - Il maestro è un'amico, è uno specchio




Caro Paolo, ho letto  un articolo del Giornaletto di Saul sul tuo modo di vivere la spiritualità, molto bello!

E’ proprio come la sento io, anche se a volte il pensiero si sovrappone a disturbare, ma più che semplice pensiero lo chiamerei “pensiero deforme”.

Il pensiero di per sé può essere positivo o negativo, le propensioni date dalla mia genetica, dalle esperienze positive o negative e dalle cattive abitudini spesso mi portano a fare “pensieri cattivi”, appunto “deformi”, ma, come gli animali quando hanno un handicap una malformazione non se ne curano e vivono sereni con se stessi comunque, così da non accentuare il “disagio”. E comunque, basta con questi discorsi, quel che è “è”.

Sono contenta di avere uno specchio come te, mi ci vedo “bella”! Ti ho chiamato appositamente specchio e non “maestro” perché questa parola incute un certo disagio (ancora!).

Devo dirti che se non venisse spesso usata con una certa connotazione negativa, per me, sarebbe un’ottima parola, per definire una persona che, senza secondi fini, mette a completa disposizione degli altri, il suo “essere”, sia di termini di conoscenza che di consapevolezza e in cui tutti indistintamente si possono specchiare, appunto, e vedersi.


Caterina Regazzi 

Eretici: G.K. Chesterton: Relativismo, realtà e dogma - Recensione


Relativismo, realtà e dogma (da G.K. Chesterton)
da G.K. Chesterton, Eretici, Lindau, Torino, 2010, pp. 242-243 (originale del 1905)
Le verità si trasformano in dogmi nel momento in cui vengono messe in discussione. Pertanto, ogni uomo che esprime un dubbio definisce una religione. E lo scetticismo del nostro tempo non distrugge realmente le credenze, ma anzi le crea, conferendo loro dei limiti e una forma chiara e provocatoria. Un tempo, noi liberali consideravamo il liberalismo semplicemente una verità ovvia. Oggi che è stato messo in discussione, lo consideriamo una vera e propria fede. Un tempo noi che crediamo nel patriottismo pensavamo che il patriottismo fosse ragionevole e nulla più. Oggi sappiamo che è irragionevole e sappiamo che è giusto. Noi cristiani non avevamo mai conosciuto il grande buonsenso filosofico insito in quel mistero, finché gli scrittori anticristiani non ce l’hanno mostrato.
La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.
(Associazione la Torre - redazione@associazionelatorre.com)
Fonte: http://www.gliscritti.it/antologia/entry/913

Gesù guariva.. non uccideva



Questa bramosia per il denaro, per il potere e la conquista, non
sfugge alla nostra condanna morale, né potremmo fare a meno di notare
il contrasto con lo spirito dell’umile Gesù.
Ricordo le parole di un anziano guerriero pieno di cicatrici di
numerose battaglie.
Il vecchio guerriero si alzò e disse: “Noi abbiamo già seguito questa
legge di cui parlate per epoche inenarrabili! Non possedevamo nulla,
perché ogni cosa viene dal Creatore. Il cibo era disponibile
liberamente, la terra gratuita, come il calore del sole e la pioggia.
Chi ha cambiato tutto questo? L’uomo bianco. E tuttavia afferma di
credere in Dio! Non sembra aver ereditato nessuno dei tratti di suo
Padre, né segue l’esempio di suo fratello Cristo “.
Un altro degli anziani cui fu richiesta la sua opinione, mantenne un
lungo silenzio. Alla fine, disse: “ Sono giunto alla conclusione che
questo Gesù era un indiano. Si opponeva all’acquisizione materiale e
ai grandi possessi. Era incline alla pace. Era poco pratico come
qualunque indiano e non metteva un prezzo per il suo lavoro d’amore.
Questi non sono i principi su cui l’uomo bianco ha basato la sua
civiltà. E’ strano che egli non abbia potuto rispettare questi
semplici principi che erano così comunemente osservati tra la nostra
gente “.
[tramite Tiziano Gianni].

Dedicato a tutti coloro che strepitano: "utopia!", appena si trovano
di fronte a modelli di vita insoliti ed estranei all'autoipnosi
monoculturale del pensiero unico in cui è immersa la loro ristretta
filosofia.
Gran parte delle cosiddette "utopie" son proprio ciò che i loro
predecessori hanno semplicemente distrutto, cercando di negarne anche
le tracce e il ricordo.
Con operazioni di devastazione e genocidio che ancora oggi continuano,
sotto la guida del cretinismo economico imperiale, seguendo la via
necrofila del dominio omologante, distruttore di menti e di anime.
Ma le anime, si sa, solo all'apparenza possono esser distrutte:
l'infinita energia e il grande spirito vitale dell' Atman Universale
vivono sempre in mezzo a tutti noi, il moto inarrestabile del deus
sive natura, cognita et incognita che nulla può fermare.
Om Ah Hum,
Sarvamangalam


Integrazione evangelica:

 Vangelo: Gv. 5, 1 - 18

Vi fu poi una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. C’è a
Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in
ebraico Betzaetà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un gran
numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Un angelo infatti in
certi momenti discendeva nella piscina e agitava l’acqua; il primo ad
entrarvi dopo l’agitazione dell’acqua guariva da qualsiasi malattia
fosse affetto. Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato.
Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli
disse: "Vuoi guarire?" Gli rispose il malato: "Signore, io non ho
nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre
infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me". Gesù gli
disse: "Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina". E sull’istante
quell’uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare.

Quel giorno però era un sabato...
Dissero dunque i Giudei all’uomo guarito: "È sabato e non ti è lecito
prender su il tuo lettuccio". Ma egli rispose loro: "Colui che mi ha
guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina". Gli chiesero
allora: "Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?". Ma
colui che era stato guarito non sapeva chi fosse.


.........................


Commento di G.Q.: "Petrov e altri scienziati russi hanno imparato come inviare onde
cerebrali curative di certe frequenze al corpo con il risultato che i
pazienti possono rigenerare gli organi malati o mancanti."

Free Energy, sonofusione e fusione fredda ..”Eppur si fonde!




Non sono un fisico. Sono un’appassionato che sperimenta e sostiene la free energy. Preferisco dirlo subito, in quanto in genere sono apprezzato proprio dico le cose come stanno. Sui fatti sono rimasto aggiornato all’anno 2010.  Ma so che stanno andando avanti.

Nel convegno “Eppur si Fonde” organizzato a Roma nel 2010 con la partecipazione di European Consumers  erano presenti  anche ricercatori del CNR, oltre a fisici e ingegneri. E sono assolutamente favorevoli a questa possibilità.

Alla luce delle mie scarse cognizioni in materia posso però dire che tra la presunta fusione fredda portata da Vittorio Marinelli alla Sapienza e quella – peraltro solo teorica, finora – di cui da anni si discute negli ambienti scientifici di tutto il mondo c’è una distanza abissale.

In effetti quel “pazzo scatenato” di Renzo Mondaini non dà il massimo della fiducia. Ma quel giorno mise in difficoltà perfino il preside della facoltà d’ingegneria di Roma Tre. Ma forse è meglio mettere i puntini sulle “i”. La differenza principale è che Fleishmann e Pons e successori usavano acqua pesante, mentre da Cirillo e Iorio in poi il percorso italiano si è sviluppato su un modello semplificato, usando acqua distillata.

Da qui è derivata la teoria del professor Cardone che comunque ricercava sulla sonofusione. Quest’ultimo l’ha chiamata fusione piezonucleare, cioè derivante da elementi non radioattivi, con un modello che forse discutibile, ma che intanto unifica la sonofusione alla f. fredda: la differenza è l’uso della corrente attraverso impulsi in frequenza, nel caso della sonofusione, o le cui scariche sono lasciato alla cella stessa, in caso di quella fredda. In più accosta le formule alla teoria nucleare classica.
La fusione comunque non mi risulta assolutamente teorica, in quanto le celle sono state attivate ed emettono plasma. Il controllo è tale che, per giunta, si può dimostrare in pubblico.

Anzi, per la verità mi risulta (ma potrei sbagliare) che non vi siano certezze sulla reale possibilità di ottenere una fusione atomica senza rilascio di energia (cioè fredda).

Il fatto, almeno per il percorso che ho visto in Italia, è che il rilascio di energia sotto forma di calore c’è e come. Si chiama fredda perché è “solo” di 3000°C: nulla rispetto alla fusione calda, il cui modello è ricalcato dalle reazioni del sole, ma più che sufficiente per produrre energia utilizzabile.

Di fatto sarebbe una contraddizione in termini, visto che il motivo per cui si cerca di mettere a punto un processo di fusione atomica è proprio quello di poter utilizzare l’energia (e quindi il calore) che da tale processo dovrebbe essere liberata.

Il calore ci sta: si genera dal plasma elettrico.

Eugenio Odorifero - European Consumers