... nel caso di Cudapanthaka (Pali, Culapanthaka), egli aveva un'intelligenza assai bassa e non riusciva a ricordare nulla. Egli seguì il suo fratello maggiore Mahāpanthaka all’interno del Sangha perché voleva diventare monaco. Suo fratello era luminoso, e ben presto ottenne l'ingresso nel Buddhadharma e più tardi divenne un arhat.
Il fratello più giovane, al contrario, viveva un momento molto difficile. Cudapanthaka era così ritardato che non riusciva a memorizzare nemmeno gli insegnamenti più elementari.
Suo fratello aveva cercato di insegnargli che "Tutte le cose sono impermanenti, - quindi non vi è alcun sé". Ma lui ricordava la prima riga, e però dimenticava la seconda. Ci sono un paio di versioni di questa storia.
Io faccio riferimento a questa:
“Una volta, Mahāpanthaka stava cercando di istruire Cudapanthaka stando all’esterno del Vihara (monastero), perché era semplicemente troppo imbarazzante per lui dover dare gli insegnamenti di fronte agli altri. Essi dunque erano fuori, nel prato.
Mahāpanthaka: Tutte le cose sono impermanenti,- quindi non vi è alcun sé. Okay, ora ripetilo..."
Cudapanthaka: "Tutte le cose sono impermanenti. Quindi... quindi.... "
Mahāpanthaka: "Perciò non c’è un sé! Non-sé!"
Cudapanthaka: "Ah, sì, non-sé. Non-sé, perché... perché... "
Mahāpanthaka: "A causa dell’impermanenza! Prova ancora!"
Cudapanthaka: "Tutte le cose sono impermanenti. Quindi... quindi...."
Perfino il monaco-contadino, curvo sul campo, si voltò e disse: "Quindi non c'è un sé" .
Davvero frustrato, Mahapanthaka rinunciò ad istruire Cudapanthaka, e lo lasciò solo. Cudapanthaka era così triste; tutto quello che riusciva a fare era di piangere, e voleva lasciare il Sangha. Il Buddha, essendo venuto a sapere ciò che era successo, andò da Cudapanthaka e gli disse: "Ti istruirò io stesso…". Il Buddha non si preoccupò di dare a lui i concetti, ma semplicemente gli chiese di pulire il Vihara, dicendogli:
Cudapanthaka spazza il terreno. Mentre lo fai, recita: "Io spazzo via le impurità".
Ora, rammenta che è inutile spazzare la polvere dal suolo del Vihara, che è un tempio nella foresta, dal momento che è costruito proprio nella foresta! Non è che al tempo del Buddha un Vihara avesse pavimenti di cemento, così da poter esser ripulito, esso era sporco! Quindi sostanzialmente il Buddha gli chiese di spazzare via lo sporco da un'estremità all'altra del Vihara. E così Cudapanthaka fece. Egli spazzò via la sporcizia avanti e indietro. Egli spazzò tutto il giorno, dicendo: "Io spazzo via l'impurità... io la spazzo via".
In un certo senso, la pratica è come spostare mobili da un capo all'altro della stanza. Non importa come si risistemano i pezzi, non si provoca assolutamente alcun effetto sulla stanza stessa! Tuttavia, spostare i mobili , renderla ordinata e pulita, ci aiuta a riconoscere la spaziosità della stanza.
Un giorno, a Cudapanthaka venne in mente che il suolo era ancora polveroso e sporco, non importa quanto aveva spazzato.
Tutto quello che stava facendo era di spostare lo sporco da un luogo ad un altro. Il Buddha lo sapeva, e subito apparve a lui e gli disse: "Non è che il suolo in se stesso sia impuro, sembra così solo a causa della polvere. La stessa cosa avviene con l'impurità del desiderio, dell'avversione e dell'illusione che ora inquina la tua mente".
All’improvviso, Cudapanthaka ebbe un'intuizione. Egli realizzò che, proprio come il suolo nel Vihara, e la polvere che aveva spazzato spostandola da qui a lì, la sua mente era originariamente pulita, nonostante le afflizioni. Egli insistette a meditare su questo, e molto presto realizzò lo stato di arhat. Questo è l’esempio che mostra la quarta categoria di praticanti descritti nel Yuganaddha-Sutta.
Aliberth Mengoni
(Stralcio da: La Pratica dell'Illuminazione Silenziosa - www.centronirvana.it)