“Se volete impegnarvi in battaglia, fingete di essere disordinati” Sun Tzu (1).
Si sta ripetendo. Quelli della mia generazione avevano visto Martin
Luther King e Nelson Mandela, ma la maggioranza non aveva incarnato
che significava essere estromessi, essere considerati secondari,
essere perseguitati, essere uccisi. La questione era
etico-politico-ideologica, non empatico-sentimentale.
Ciò che sta accadendo ora, qui da noi in casa, ci spiega la
differenza tra le due conoscenze e ci fa sentire nel corpo ciò che
prima era un fatto intellettuale.
Naturalmente, per il momento, la censura che si sta verificando qui
non è che una pallida ombra di quanto hanno dovuto subire i negri
americani e sudafricani.
Ciò che sta accadendo qui ha qualcosa che assomiglia ad una vera
lotta, forse più vera di quella sanguigna, in quanto più sottile e
profonda. La capacità di attendere restando lucidi sarà forse una
dote più importante di quella dei cannoni.
Le forze d’accerchiamento del regime sono avviluppanti. La quantità
di armamenti d’ordine vario è dalla loro. Posseggono il reggimento
più numeroso possibile, il popolo. Dispongono della sua inerzia, una
qualità flaccida, difficile da spostare, eccellente nell’assorbire,
elementare da farcire di pensieri e idee. Hanno le armi a ripetizione
martellante migliori e in quantità soverchiante. Hanno alleanze con
potentati più forti degli stati.
Dunque, oltre alle menti, anche le braccia, cioè la tv, la stampa,
gli influenti, big tech.
La partita appare persa. Come dovevano sentirsi quei negri se non
pieni di voglia di sottrarsi a tanta mortificazione? Come si sentono
tutti gli uomini quando un bruto li mette all’angolo?
Ma la disperazione non è permessa. Avvicinerebbe la resa. È
necessario resistere alla piega che ha preso il mondo. Una paziente
attesa si impone affinché le risorse non vadano sprecate in
vittimismo e TNT.
Il poco web che resta è una specie di vena d’oro, che si mostra
soltanto a chi sa di aver concorso a trovarla, a darle forma.
Tuttavia, è infiltrata di impurità. La mitragliatrice denigratoria
spara inquinanti senza sosta su chi si pone domande e chiede
risposte. E, siccome si può essere certi che chi dispone della forza
la userà, le raffiche intorbidatrici non cesseranno di risuonare.
Noi “i miserabili del web” (2) da ordinari individui, siamo
divenuti di ordinaria eliminazione.
Possiamo essere certi, infatti, che gli apparati
istituzional-privatizzati hanno investito e investiranno affinché
manciate di gramigna vengano sparse tra e su noi, corpo ideale della
nostra vena aurea. Un atto dovuto, affinché chiunque – per
qualche dubbio sovvenuto o menzogna scoperta dell’ufficiale
narrazione – sceso dal divano da dove si scorpacciava di
Giannini, di Gruber, di Severgnigni, di Parenzo, di Mentana, di “vero
giornalismo”, di “vera scienza”, di “vera democrazia”, non
possa che restare disorientato.
Ma affinché anche quelli senza divano e senza tv si trovino di
fronte al grande portale della realtà unica, sul cui timpano, a
chiare lettere, leggeranno ancora il solo ritornello di quest’epoca
malvagia: “la guerra è pace, la libertà è schiavitù,
l’ignoranza è forza” (3) fino a dubitare di se stessi, fino ad
accettare le pillole di bromurica libertà a punti. Un’altra loro
arma di controllo di menti e di corpi.
Tutti abbiamo fatto l’esperienza che, operando sul piano razionale,
si può anche arrivare ad ottenere un consenso da qualche fan della
narrazione governativa della realtà, covidica, bellica o
post-umanistica. Ma è un piano che non genera nelle persone una
autentica capacità critica. Affinché ciò accada è necessaria una
ricreazione personale, una motivazione profonda, un senso di sopruso
subito, un interesse individuale. Se non scatta la scintilla, avremo
ancora le medesime persone sotto incantesimo. Ci vuole un’emozione.
Solo ponte su cui transitano i cambiamenti, le informazioni, le prese
di coscienza. Pubblicitari, giornalisti, governativi e potentati lo
sanno. Sanno come usare un’arma relazionale, come oltrepassare la
barriera orwelliana così, apparentemente, insuperabile.
Solo con l’opportuna emozione ci si mette in moto. Diversamente, si
capisce soltanto. L’intelletto non è il corpo. La comprensione
cognitiva non è la ricreazione.
Tentare il proselitismo non serve. Esso si fonda sulla dimensione
razionale, la più superficiale intelligenza tra quelle umane. E
anche la più sopravvalutata e accreditata.
Senza ricreazione, l’amebica massa resta flaccida e senza mezzi per
mutare se stessa. Mantiene le doti per fagocitare ogni corpo che le
viene gettato addosso. È il suo cibo, della realtà divora tutto.
Siano azioni incostituzionali, straccio dei diritti, imposizioni
all’antrace, armi per ottenere la pace, eccetera.
Il menù che è in grado di digerire comporta un sussulto per ogni
milite ignoto, per ogni Martin Luther King e Nelson Mandela, di
qualunque colore essi siano esistiti. Comporta il Nobel sfregio della
Pace a Barack Obama.
Non scomponiamoci dunque. La modalità dell’ascolto si impone,
quella dell’affermazione è da tenere a bada. Sotto il ponte della
sfibrante attesa passerà il momento utile per provocare emozione.
Solo così quelli sul divano, tanto più alto da terra, quanto più
fisso alla tv, troveranno il modo, da soli, di saltar giù, senza
rischiare di rompersi l’osso della biografia. Perché è così che
va quando ci si ricrea.
“Coloro che conoscono le condizioni del nemico sono certi di
sottometterlo”
Sun Tzu (4).
Lorenzo Merlo
Note
Suz Tzu, Sun
Pin, L’arte della guerra, Vicenza, Neri Pozza, 1999, p.
295.
https://www.iltempo.it/esteri/2022/03/16/news/massimo-giannini-disinformazione-guerra-russia-ucraina-orrore-nascondere-miserabili-web-accuse-otto-e-mezzo-30859176/
https://www.la7.it/otto-e-mezzo/rivedila7/guerra-di-bombe-e-di-propaganda-otto-e-mezzo-puntata-del-1632022-16-03-2022-429219
Orwell George,
1984,
Milano, Mondadori, 1973, p. 39.
Sun Tzu, L’arte della guerra,
Milano, Bur, 1997, p. 102.