Le reazioni “atomiche” differiscono da quelle puramente “chimiche” perché, mentre in queste ultime vengono coinvolti solo gli strati di elettroni più esterni degli atomi (come previsti nel modello atomico di Rutherford – Bohr), e quindi gli atomi mantengono la loro individualità chimico-fisica ed il loro peso, nelle reazioni atomiche vengono coinvolti i nuclei atomici con trasformazioni sostanziali dell’individualità chimico-fisica e sostanziali cambi nei pesi atomici. Ricordiamo che il peso di un atomo di Idrogeno, il più leggero, è una quantità piccolissima, 1,38 x 10-25grammi, quasi tutta concentrata nel nucleo, costituito da un solo protone.
Il primo ad ipotizzare che gli atomi più pesanti fossero un’aggregazione di particelle simili all’atomo di Idrogeno (per spiegare il fatto che i pesi degli atomi più pesanti sono multipli di quello dell’Idrogeno) era stato il fisico inglese William Prout all’inizio dell’800 (vedi N. 69). Dal suo stesso cognome, e dal fatto che egli avesse chiamato questo atomo elementare “protile” (dal greco “protos”, cioè “primo”) deriva il termine “Protone”. Dopo la scoperta del “Neutrone” (che ha stessa massa del protone, ma è neutro) ad opera di Chadwick nel 1932, furono superate le difficoltà che aveva incontrato il modello di Prout che ignorava la presenza di neutroni e si poterono elaborare modelli più realistici del nucleo atomico(1)(2).
Già nel 1930 il fisico sovietico George Gamow (1904-19) aveva elaborato un modello del nucleo atomico, detto “a goccia” per analogia con le gocce di liquido dove le molecole sono tenute insieme dalle forze di adesione e dalla tensione superficiale(1)(2). In questo modello l’adesione tra le particelle che formano il nucleo (all’inizio si pensava fossero solo protoni) è assicurata da forze atomiche attrattive cui si oppongono le forze elettromagnetiche repulsive che tendono ad allontanare tra loro i protoni positivi. Il modello fu modificato da Bohr dopo la scoperta che anche i neutroni erano presenti nel nucleo.
Nel 1933 il brillante fisico teorico e sperimentale italiano Enrico Fermi (1901-1954) elaborò una teoria, secondo cui nel nucleo i protoni si potevano trasformare in neutroni perdendo un elettrone negativo, e i neutroni potevano trasformarsi in protoni acquistando un positrone, cioè la particella positiva predetta da Dirac ed individuata da Anderson (vedi N. 107). In entrambi i casi si sarebbero prodotte anche le piccolissime particelle predette da Pauli, ma di fatto individuate solo nel 1956, i “Neutrini” (così battezzati dallo stesso Fermi), che traversano a miliardi continuamente i nostri corpi e tutti gli oggetti senza causare effetti perché interferiscono pochissimo con la materia.
Nel 1935 il giapponese Hideki Yukawa (1907-1981) ed Heisenberg teorizzarono che le trasformazioni tra neutrone e protone, già previste da Fermi, sarebbero avvenute con l’intermediazione di una particella, il “Mesone”. Una particella di questo tipo (il mesone Pi, o “Pione”) fu effettivamente trovata presso l’Istituto Cavendish di Cambridge nei raggi cosmici dall’inglese Cecil Frank Powell (che ottenne per questo il Premio Nobel) e dall’italiano Giuseppe Occhialini (che invece non lo ottenne, così come non lo aveva ottenuto anni prima per l’individuazione del positrone, attribuito invece al collega Brackett). Si vide però che il Pione era un “leptone”, cioè di natura diversa del mesone previsto da Yukawa. Furono poi trovati nei raggi cosmici anche altri leptoni come il Kaone, che poteva scindersi in due Pioni.
Intanto, intorno al 1934, Enrico Fermi, negli esperimenti condotti in collaborazione con il noto gruppo di fisici che operavano nei laboratori di via Panisperna a Roma (tra cui Emilio Segre, Bruno Pontecorvo, Ettore Majorana, Edoardo Amaldi, più il chimico D’Agostino) dimostrò che il bombardamento dei nuclei atomici con neutroni “lenti”, cioè a bassa energia, era il metodo migliore per provocare fenomeni radioattivi in nuclei di atomi pesanti, come l’Uranio, con emissione di raggi “beta” (3). Fermi però non prese sul serio la giusta tesi della chimica tedesca Ida Noddack (1896-1978) secondo cui essi avevano ottenuto la spaccatura dell’atomo.
Esperienze analoghe erano condotte in Germania dal chimico Otto Hahn (1979-1968) e dalla sua collaboratrice la fisica austriaca Lise Meitner (1878-1968), allieva di Boltzmann e Planck. Insieme isolarono il Protoattinio. La Meitner fu poi costretta a fuggire in Svezia per sfuggire alle persecuzioni naziste, in quanto ebrea(2). Tenendo conto di queste esperienze Niels Bohr, in collaborazione con il danese Fritz Kalckar, tra il 1936 ed il 1937 fornì un nuovo modello dinamico (cioè basato su un equilibrio di forze) più perfezionato del nucleo.
Il passo decisivo in questi studi fu però compiuto dalla stessa Meitner, in collaborazione con il nipote Otto Frisch (1904-1979). Essi ricevettero in Svezia nel 1938 una lettera di Hahn - che insieme al collaboratore Fritz Strassmann (1902-1980) aveva continuato gli esperimenti - in cui si segnalava la presenza del Bario (un atomo relativamente leggero) tra i prodotti del bombardamento dell’Uranio con neutroni lenti. Essi ne dedussero in una chiara memoria dell’inizio del 1939 che stava avvenendo un processo di spaccatura del nucleo dell’atomo di Uranio (definita dalla Meitner e Frisch “fissione”) con formazione di atomi più leggeri ed emissione di neutroni. Pochi mesi dopo questo processo fu illustrato anche in un articolo di Bohr insieme al noto fisico statunitense John Wheeler.
Otto Hahn fu poi insignito del premio Nobel per la chimica nel 1944, mentre lo stesso premio non è stato mai assegnato alla più che meritevole Meitner. Si riscontrò che la reazione di fissione coinvolgeva essenzialmente solo il più raro dei due tipi di atomo (o “isotopi”) dell’Uranio: l’Uranio 235. Esso avveniva con grande produzione di energia (un Kg di Uranio ne produceva quanto 10 milioni di Kg di esplosivo tradizionale tipo TNT) ed inoltre aveva un andamento esplosivo perché i neutroni provenienti dalla prima fissione (una media di 2,4 neutroni per ogni atomo scisso) provocavano altre fissioni “a catena”.
Nel numero dedicato ad Einstein (102) abbiamo visto come, in seguito alla lettera che il grande fisico tedesco, aveva indirizzato nel 1939 al Presidente Roosvelt, in cui lo avvertiva della possibilità che la Germania nazista producesse una nuova terribile bomba, era stato varato nel 1941 il Progetto “Manhattan”. Questo progetto, diretto dal fisico statunitense Julius Robert Oppenheimer (1904-1967), con la partecipazione di Fermi, trasferitosi dall’Italia negli USA, Von Neumann, Feynman, Bethe, ed altri valenti scienziati (ma non di Einstein, né della stessa Meitner che si tennero in disparte), portò alla produzione della prima “bomba atomica” che fu sperimentata con terribile “successo” (se così si può dire) sulla città giapponese di Hiroshima il 6 agosto 1945.
Per produrre la bomba si era dovuto arricchire l’Uranio nella sua componente 235 con centrifughe in quanto l’isotopo più comune (Uranio 238) partecipava poco alla reazione. Tuttavia era possibile sfruttare anche l’Uranio 238 bombardandolo con neutroni “veloci” e trasformandolo prima in Uranio 239, poi in Neptunio 239, ed infine in Plutonio 239, un elemento artificiale anch’esso fissionabile, e quindi adoperabile come esplosivo. Una seconda bomba di questo tipo fu sperimentata con “successo” sulla sfortunata città di Nagasaki provocando un’altra terribile strage di civili.
Le due tecniche prima illustrate per le bombe sono poi servite per creare anche reattori nucleari per la produzione di energia per usi civili molto usati poi sia negli USA, che in URSS, UK, Giappone, e soprattutto in Francia, e altri paesi. Nei reattori ad Uranio “arricchito” (nella componente 235, mediante l’uso di centrifughe) si usano dei moderatori per rallentare i neutroni e barre di controllo inseribili per rallentare la reazione. Le barre possono essere di vari materiali. Nel primo reattore sperimentale costruito da Fermi a Chicago nel 1942 (prima delle bombe poi costruite a Los Alamos) le barre erano di Cadmio. I moderatori possono essere a grafite (cioè carbonio), ad acqua semplice, che serve anche a raffreddare, o ad acqua “pesante” che contiene nella molecola un isotopo dell’Idrogeno più pesante perché contenente un neutrone, oltre che un protone, detto Deuterio.
In via sperimentale sono stati creati (soprattutto in Francia con il reattore “Superphenix”) anche reattori ad Uranio 238, con uso di neutroni “veloci” e produzione di Plutonio 239 (come nella bomba di Nagasaki). Essi sono detti “autofertilizzanti” e sono raffreddati a Sodio liquido, ma finora hanno avuto scarsa diffusione per motivi di costi e sicurezza. I reattori nucleari sono stati poi vietati in vari paesi tra cui la Germania, l’Italia, la Svezia, sia per la possibilità di incidenti disastrosi, sia per il problema di smaltire le scorie radioattive di lunga durata che vi si accumulano. Essi presentano però il vantaggio di non produrre i gas-serra che fanno aumentare la temperatura del pianeta, per il cui il dibattito su di essi rimane aperto.
Tra la fine degli anni ’40 e l’inizio dei ’50 gli Stati Uniti, per riacquistare la supremazia militare sull’URSS che era stato in grado di produrre anch’essa la bomba atomica, produssero un nuovo tipo di bomba molto più potente basata sulla reazione nucleare in cui 2 atomi di Deuterio (o 4 atomi di Idrogeno “normale”) si fondono per formare un atomo di Elio, reazione (detta di “fusione”) che avviene naturalmente anche nel Sole e altre stelle producendo luce e calore.
Principale progettista di questa bomba (detta all’Idrogeno o termonucleare) fu il fisico di origine ebrea ungherese Edward Teller (1902-2003), già collaboratore di Fermi a Chicago, e noto per le sue idee di destra. Egli testimoniò contro il collega Oppenheimer - divenuto sospetto per essersi rifiutato di partecipare al progetto della nuova bomba all’Idrogeno - durante i processi maccartisti nel 1954; e fu poi tra gli ideatori del programma “Guerre Stellari” voluto dal Presidente Reagan negli anni ’80. Suo principale collaboratore fu il matematico di origine polacca Stanislav Ulam (1909-1984).
Tuttavia in pochi anni la Scienza sovietica fu in grado di produrre bombe simili ristabilendo l’equilibrio militare che dura fino ai nostri giorni, anche dopo che la Russia si è sostituita all’Unione Sovietica. Altri paesi, come Israele, Cina, India, UK, Francia, Pakistan e Corea Popolare sono stati in grado di produrre un certo numero di bombe nucleari e termonucleari.
Vari paesi del mondo hanno cercato di progettare e produrre reattori che sfruttassero ad uso civile la reazione termonucleare di “fusione” dell’Idrogeno, tra cui anche l’Italia nei laboratori di Frascati dell’ENEA, ma dopo circa 60 anni questa branca di ricerca è rimasta in fase sperimentale, sia per la difficoltà di controllare la reazione con metodi magnetici tenendola “sospesa” (dato che nessun materiale solido potrebbe controllare la reazione che avviene a temperature altissime), e probabilmente anche a causa della scelta di governi e grandi gruppi capitalistici di continuare per ora ad utilizzare i più economici e diffusi idrocarburi (petrolio e gas).