Arcano XIII nei Tarocchi di Osho
Il XIII Arcano dei Tarocchi non ha nome. Raffigura uno scheletro che stringe in mano una falce; per questo la tradizione ha inopportunamente chiamato questa carta “Morte”.
Il suo numero può essere benevolo e malevolo. Infatti il numero XIII è considerato nefasto e sublime, chiude un ciclo e un altro ne apre.
La morte distrugge la vita, ma nel distruggere tutto, elimina anche la sofferenza e il dolore. Il suo numero rappresenta dunque la sua vera essenza e l’assenza di un nome ricollega questo Arcano a quello del Matto, che ha un nome ma non ha un numero.
L’energia distruttrice dell’Arcano è al tempo stesso rigenerante e rivitalizzante. Solo morendo si può rinascere a nuova vita. Scelta compiuta con la consapevolezza dell’intelletto (il manico della falce è giallo, colore dell’intelligenza) e con la forza (la lama è in parte rossa, forza vitale, in parte azzurra, forza spirituale). Tutto ciò che è stato meditato nel profondo, ora viene alla luce. L’Arcano lavora nella natura, nella sua natura più profonda e intima.
Con la stessa forza vitale dell’Arcano III cui corrisponde (Imperatrice), vuole ri-appropriarsi della libertà primordiale (il Matto) che è stata soffocata dallo strato ormai inutile di regole, credenze, convinzioni che non sono più valide ma solo limitanti.
Il terreno sul quale lavora è nero. Il nero è un colore alchemico ma anche simbolo dell’inconscio più profondo, colore che ricorda il fango dal quale spunta il loto nella tradizione buddista.
L’ego è domato dal processo di elaborazione in atto.
Sullo sfondo due teste incoronate,una maschile e l’altra femminile, regali in quanto purificate.
Appoggiandosi a queste lo scheletro procede falciando nel terreno, dal quale emergono alcune mani e piedi (alcuni imperfetti, altri perfetti): il seme germoglia, la purificazione sta portando nuovi frutti, nuova vita. Le quattro lettere ebraiche che compongono il nome divino si scorgono nella parte posteriore del cranio: Yod, He, Vav, He, la cui somma è 26, il numero della divinità di cui l’esatta metà è 13.
La corrispondenza astrologica dell’Arcano XIII è con il pianeta Plutone, Signore dell’Ade, e al segno zodiacale occidentale dello Scorpione (morte e rinascita).
Nella simbologia astrale, è la Luna a rappresentare la morte e la rinascita, comparendo e scomparendo dalla vista 13 volte l’anno. 12 erano gli apostoli,Cristo era il 13; Ulisse era il 13 membro del suo gruppo e l’unico a non essere stato divorato dal Ciclope.
La discesa nel regno dei morti la si ritrova in tutte le opere d’arte a carattere iniziatico, come la Divina Commedia, nei riti di iniziazione è prevista una morte simbolica.
Le profondità abissali della propria natura, chiamate da Jung “caverna degli assassini” consentono all’uomo di guardarsi dentro e per poterlo fare è richiesta una totale e metaforica discesa nell’oscurità.
Nella Kabbala ebraica, il XIII Arcano corrisponde alla lettera Mem: l’entrata nell’assoluto. Simboleggia l’amore posto al centro del cuore. La sua voce è l’identità dell’Abisso dove giacciono i mondi primordiali.
Angela Braghin