Il ritorno all’Assoluto non-duale” – La verità è una cosa molto semplice….


“La verità non può essere perseguita, é sempre presente e manifesta, altrimenti non sarebbe verità ma semplice descrizione. E la descrizione non é mai la sostanza…” (Saul Arpino)
L’idea del “ritorno”, che costituisce uno degli elementi di primaria importanza nel Tao-te-king, affiora già nel Libro dei Mutamenti (I Ching).
Sotto l’esagramma Fu si legge: “Ritornare é pervenire al Tao..”.
Un commento attribuito a Confucio dice: “La ragione del Cielo é abbagliante e si abbassa sino alla terra. La ragione della Terra é umile e si eleva al Cielo. La ragione del Cielo diminuisce ciò che é elevato ed aumenta ciò che é basso. Gli spiriti nuocciono a ciò che é pieno e fanno del bene a ciò che è vuoto. La ragione del Cielo detesta ciò che é pieno di sé ed ama colui che é umile. L’umiltà é onorata e splendente: essa si abbassa e non può essere sormontata, essa é il fine del saggio!”
L’esaltazione della semplicità, descritta nel Tao-te-king preesisteva a Lao Tze. Un moderno filosofo cinese, Lang-si-ciao ritiene che il “non agire” taoista corrisponda alla “semplicità” dell’I Ching.
Se Lao Tze rielaborò alcuni pensieri già esistenti nella Cina antica e si valse di essi come pietre per edificare la montagna di Golconda del suo sistema filosofico, non é però detto -come alcuni studiosi sostengono- che tali concetti provenissero dall’antica India… E’ vero che la filosofia Vedica  sembrerebbe la più antica elaborata dall’uomo, e le sue implicazioni influenzarono il pensiero metafisico del mondo conosciuto. 
Ma questo é ciò che appare in quanto tale ricerca del vero risulta “codificata” nella memoria e quindi si fa riferimento ad essa come ad una “fonte”. Personalmente sono dell’opinione che sia il Taoismo che il Vedanta, entrambi di natura non-dualistica, fiorirono spontaneamente per logica propria.  Simili sistemi trovarono luce non solo in Cina ed in India ma pure in Europa, in Asia minore, in Africa e nelle Americhe. Tutto avvenne  a partire da quel periodo di “Fioritura Culturale” che potrebbe essere indicato nella fine del neolitico, con la scoperta dell’agricoltura e quindi dell’aumento delle risorse alimentari disponibili, che facilitarono lo sviluppo del pensiero  analitico concettuale ed artistico, ed è contemporaneo alla scoperta della scrittura. Alcune immagini non dualistiche sono riconoscibili, ad esempio,  nel pensiero ebraico  con “Io sono quell’Io sono” o nella filosofia presocratica…. con il concetto del “Tutto” che continuamente si svolge in se stesso.
Insomma inutile cercare ove il pensiero originale dell’Assoluto, “che tutto comprende e da cui tutto é originato ed a cui tutto ritorna” (inteso come superamento del teismo personale), sia apparso per la prima volta… si può invece supporre che tale filosofia sorga all’interno di varie famiglie umane, nel momento in cui la raffinatezza del pensiero raggiunge un culmine.
“Tutto é uno e perfetto in se stesso”, affermano le Upanishad dell’India ed il perseguire il “perfezionamento” é solo la proiezione di un  concetto basato su un altro concetto… la verità é qualcosa di molto semplice….
Ed ora una storiella Zen (come è stata ri-raccontata da Alberto Aliberth Mengoni):
Un’anziana donna cinese aveva due grandi vasi, ciascuno sospeso all’estremità di un palo che lei portava sulle spalle. Uno dei vasi aveva una crepa, mentre l’altro era perfetto, ed era sempre pieno d’acqua alla fine della lunga camminata dal ruscello a casa, mentre quello crepato arrivava mezzo vuoto. Per due anni interi andò avanti così, con la donna che portava a casa solo un vaso e mezzo d’acqua. Naturalmente, il vaso perfetto era orgoglioso dei propri risultati. Ma il povero vaso crepato si vergognava del proprio difetto, ed era avvilito di saper fare solo la metà di ciò per cui era stato fatto. Dopo due anni che si rendeva conto del proprio amaro fallimento, un giorno parlò alla donna lungo il cammino: “Mi vergogno di me stesso, perché questa crepa nel mio fianco fa sì che l’acqua fuoriesca lungo tutta la strada verso la vostra casa”. La vecchia sorrise: ”Ti sei accorto che dalla tua parte del sentiero ci sono dei fiori, ma non ci sono dalla parte dell’altro vaso? È perché io ho sempre saputo del tuo difetto, perciò ho piantato semi di fiori dal tuo lato del sentiero ed ogni giorno, mentre tornavamo, tu li innaffiavi. Per due anni ho potuto raccogliere quei bei fiori per decorare la tavola. Se tu non fossi stato come sei, non avrei avuto quelle bellezze per ingentilire la casa”. Ognuno di noi ha il proprio specifico difetto. Ma proprio la crepa e il difetto che ognuno ha, fa sì che la nostra convivenza sia interessante e gratificante. Bisogna prendere ciascuno per quello che è e vedere ciò che c’è di buono in lui.
E per finire un’invocazione di Chuang-tze:
“Mio Maestro, mio Maestro, tu che distruggi senza essere cattivo! Tu che edifichi senza essere buono! Tu che fosti prima dei tempi e che non sei vecchio! Tu che copri tutto come il Cielo, che porti tutto come la Terra, che sei autore di tutto senza essere abile.. Comprenderti così, ecco la gioia celeste. Sapere che io sono nato per la tua influenza, che alla mia dipartita rientrerò nella tua Via, che riposando comunico allo Yin la tua modalità passiva, che agendo comunico allo Yang la tua modalità attiva: ecco la felicità suprema… L’azione dell’Illuminato si confonde con l’azione del Cielo, il suo riposo col riposo della Terra. Il suo saldo Spirito domina il mondo!”
Paolo D’Arpini   

La magia esiste... si chiama: vita! - "...risvegliate la voglia di curiosare nello spazio antico dentro di voi..."



La verità non è sempre ciò che “appare”, il silenzio porta spesso echi di antica memoria in cui ritroviamo una parte di noi che, in verità, non è mai stata smarrita. Proprio quel silenzio riempie la voce di un istinto primordiale, di un compagno sapiente a cui leghiamo “volti” non ben identificati….
Il sogno, la verità, la magia, la vita….. siamo esseri sospesi nel tempo che noi stessi abbiamo scelto di vivere, come sostanza e come forma. Mago è colui che trasforma il conoscibile attraverso la sua “voce”, attraverso il suo cuore. La magia è un inizio e una fine, è un viaggio compiuto e mai terminato: cosa cerca chi “vuole” a tutti i costi la magia? Dove spera di “arrivare?” E soprattutto “è in grado di affrontare il viaggio con la corretta prospettiva della meta da raggiungere”?
Oggi sono tante le indicazioni di “superficie” verso le quali ci sentiamo richiamati..come le voci di false “sirene” marine costruite abilmente da creatori di “idoli”. “L’ideale”, il corretto, il giusto….è sempre presente dentro di noi, è una voce antica che giunge come un debole sibilo alla nostra coscienza e ci lascia assorti, increduli.. magici! 
Prendere carta e penna, cominciare a scrivere, ascoltare quella voce è un percorso magico, è uno svelamento dell’essere nella sua complessa mutevolezza, è l’incontro del mago interiore con la magia “esterna”, è il gioco della vita che finalmente ha la possibilità di manifestarsi. L’ingenua voce del cuore ha già tanto di magico e si trattiene a fatica in un contesto irreale per la sua verità. 
Questo Mondo, questa realtà hanno sguardi celati nei boschi del nostro silenzio interiore, hanno timore di ri-velarsi e di fermarsi a conversare con noi. La dimensione della “magia” non ha limiti, non ha confini: lo spazio aperto è la sua dimora; la ricerca continua è il suo nutrimento. Avere il coraggio di “iniziare” è oggi la sfida aperta per tutti coloro che “sentono” e che operano affidando ogni gesto al loro “cuore”.
Non esiste magia senza sogno, non esiste sogno senza pensiero, non si crea il pensiero dal nulla e… allora…. tutto è sempre stato, come il tempo e lo spazio. Abbiate la voglia di curiosare nello spazio antico dentro di voi, in quel calderone magico da cui “Tutto” prese vita!
Antonella Pedicelli

Il passato dell'uomo non è fatto solo di "carne"....



“L’UOMO È UN ANIMALE ONNIVORO, HA SEMPRE MANGIATO LA CARNE..!” (?)

            Questo è ciò che dicono coloro che cercano di giustificare il piacere di mangiare bistecche. Ma non è affatto vero che l’essere umano abbia sempre mangiato la carne. Negli ultimi millenni questo alimento è stato accessibile principalmente ai benestanti: il regime alimentare del popolo è stato quasi sempre vegetariano o al limite consumava la carne saltuariamente, in circostanze festive o rituali: per la gente del popolo era più conveniente assicurasi il consumo giornaliero delle uova piuttosto che un pasto a base di gallina; usufruire del latte della pecora o della mucca, piuttosto che consumare l’animale in pochi giorni. Il popolo dei greci, romani, spartani, etruschi, indiani, erano sostanzialmente vegetariani.

            Anche se fin dalle sue origini la specie umana, per necessità di sopravvivenza, fu costretta ad inserire nella sua dieta un quantitativo pur limitato di carne (20-30%) questo non vuol dire che l’organismo umano sia programmato a mangiare di tutto senza subirne gli effetti negativi. La carne, intesa come bistecca, fettina, coscia di pollo, prosciutto ecc. è un alimento altamente squilibrato sotto l’aspetto nutrizionale perché privo di carboidrati, amidi, zuccheri, fibra,  e pressocchè priva di vitamina A, C ed E. Da esperimenti è stato dimostrato che l’essere umano nutrito a sola carne non sopravvive oltre oltre 40 giorni (per contro di sola frutta si vive benissimo per tutta la vita). Infatti i carnivori consumano anche le interiora degli animali, le cartilagini, le ossa, ne lambiscono il sangue ecc. cosa che gli esseri umani, sprovvisti di qualunque arma naturale (artigli, zanne, becco, oltre gli enzimi adatti,  acido cloridrico nello stomaco, intestini della lunghezza giusta ecc.) non possono fare.

            La natura ha previsto che in periodi di carenza qualunque animale possa nutrirsi, per brevissimo tempo, con cibi non proprio adatti alla  sua specie, senza subire pesanti conseguenze; il problema nasce quando l’eccezione diventa regola, come succede ancora oggi per la maggior parte degli esseri umani convinti di essere onnivori e di avere bisogno di mangiare di tutto.

            Dopo milioni di anni di regime pressoché fruttariano (cioè per circa 3-4 milioni di anni) i nostri lontani progenitori nella foresta intertropicale si alimentarono fondamentalmente di frutti, gemme, radici, semi, foglie, come succede ancora oggi per le scimmie antropomorfe, nostri vicini parenti; con i cambiamenti climatici, che trasformarono le foreste in savane, l’ominide dovette adattarsi a mangiare quello che trovava, compresa anche la carne degli animali abbattuti dai predatori; ma con l’introduzione della carne nella sua dieta ha pagato e paga con le malattie, e con il conseguente accorciamento della vita, l’eccezione divenuta regola. Successivamente l’uccisione degli animali determinò l’abitudione alla violenza, alla vista del sangue e la conseguente indifferenza verso il dolore e la vita della vittima. Se il gorilla, totalmente vegetariano, introducesse nella sua dieta anche la carne sicuramente svilupperebbe malattie ora sconosciute alla sua specie e di conseguenza si accorcerebbe la lunghezza della sua vita, oltre che lo sviluppo di un’indole aggressiva. In sostanza è sicuramente molto più lungo il periodo in cui i nostri antenati si sono alimentati secondo la loro natura di esseri frugivori, che come onnivori.

            Non solo. Gli animali, di cui i nostri antenati consumavano saltuarialmente la carne, vivevono allo stato brado, erano privi delle malattie degli animali d’allevamento moderno, dei farmaci loro somministrati, dei pesticidi di cui sono contaminati gli alimenti loro somministrati) e l’organismo umano aveva la possibilità di metabolizzare questo prodotto con meno effetti collaterali. I devastanti danni per il consumo della carne arrivano in Occidente dal 1950 in poi in virtù del benessere economico in cui (come per appagare la fame ancestrale  di un prodotto simbolo di benessere e forza guerriera) consuma la carne anche tre volte al giorno.

            Ma anche la carne  degli animali selvatici, essendo prodotto cadaverico, risulta incompatibile con la salute umana in quanto sviluppa ptomaine, cioè sostanze che derivano da organismi  in decomposizione: indolo, scatolo, putrescina, cadaverina, ammoniaca, fenoli ecc.  prodotti altamente tossiche, oltre a contenere grassi saturi, colesterolo, e a causare ipertensione, reumatismo, gotta, cancro, uricemia,  acidificazione del sangue, sottrazion e di calcio ed enzimi.

            Ma se l’essere umano nel corso della sua storia ha mangiato (tra gli altri alimenti) anche la carne ciò non toglie che oggi la scienza della nutrizione (oltre che l’intelligenza positiva, il senso critico e soprattutto la coscienza morale) ci dice che sia dannosa per la salute, per l’ambiente, per l’economia, per il Terzo Mondo. Arriva sempre il momento in cui si accorge che una certa tradizione o una certa pratica era ed è un errore e allora si cambia atteggiamento, e da questo dipende l’evoluzione, altrimenti oggi sarebbero giustificati atteggiamenti che appartenevano all’era delle pietra e dovremmo fare le guerre perché così è sempre stato, dovremmo giustificare lo schiavismo, le crocifissioni, i roghi e così via. Dal passaggio da uno stadio ad uno più giusto si attua l’evoluzione civile, mentale e spirituale di un popolo.

Franco Libero Manco


Nota aggiuntiva sul programma dell'Incontro Collettivo Ecologista 2013 a Vignola



Quest'anno a Vignola si svolge l'Incontro Collettivo Ecologista  

La manifestazione di due giorni, patrocinata moralmente dal Comune, inizia il 22 giugno alle h.16.30 nel Teatro Cantieri Cantelli di Vignola, con una tavola rotonda sulla riscoperta dell'Identità Locale, e approfondimenti la sera e l'indomani presso l'azienda agricola La Bifolca di Maria Miani (in Via dei Gelsi), e si conclude con una recita di carattere morale,  il 23 giugno, alle h. 18.30, nel campo della stessa azienda. Al temine della performance si terrà un rinfresco agricolo, una esibizione di eccellenze contadine ed un concertino di musica popolare del gruppo Lanterna Magica.  Un fuoco sarà acceso....   

Due parole sulla recita che ha per tema l'umiltà - Il dialogo, scarno e sintetico, e la scenografia, pressoché inesistente o neutra,  sono lo sfondo amorfo sul quale rappresentare  l’immagine dell'umiltà, in chiave ironica.  Il primo breve  racconto è ambientato nella Tuscia e descrive l'incontro di tre badesse e del loro dialogo sull'impegno religioso; il secondo è ambientato in Giappone e narra di tre monache e del loro voto di silenzio.... 

Info. bioregionalismo.treia@gmail.com - Cell. 333.6023090 - 333.9639611

Giovedì 23 maggio 2013 - Wesak a Spilamberto


Luna piena - Disegno di Sofia Minkova

Quest'anno la data celebrativa del Wesak in tutto il sud est asiatico ricorre dal 24 al 26 maggio.   Alcuni gruppi occidentali new age  l'hanno festeggiato con la luna piena di Aprile, ma noi che siamo fedeli alla tradizione orientale lo celebriamo con la luna piena di Maggio, la sera di giovedì 23 maggio  che è la vigilia.  Il Wesak è la festa in cui si ricorda la nascita del Buddha, ed in India, Cina, Sri Lanka, etc. ricorre con la luna piena di Maggio. Inoltre il giovedì è il giorno dedicato al maestro spirituale. 
La luna ci appare sotto diversi aspetti che si chiamano fasi lunari e che  dipendono dalle posizioni relative del sole e della luna, rispetto alla terra.  Il tempo impiegato dalla luna a compiere un giro completo intorno alla terra  equivale a circa ventisette giorni solari medi.
Una di queste fasi è il plenilunio e si ha quando la luna non è più tra la  terra e il sole, ma è la terra che si trova tra la luna e il sole. In questo  modo la faccia illuminata della luna ci è chiaramente visibile e non è più  celata verso il sole.
Il momento più fruttifero del plenilunio, è quello che va da due giorni  prima del plenilunio, abbraccia il giorno centrale in cui avviene, e prosegue nei due giorni dopo. Questi sono i cinque giorni magici nei quali è possibile  sfruttare al massimo l’energia positiva di questo periodo. Durante questi cinque giorni, la “Gerarchia Spirituale” attiva energie  Cosmiche, Solari e Planetarie specifiche, con le quali inonda l’umanità,  invitandola a salire verso l’alto.
Nei giorni che precedono il plenilunio è propizio fare  una meditazione creativa. Ciò è sicuramente vero in questa ricorrenza del Wesak in cui l'energia spiritale del Buddha è sentita particolarmente presente.
La meditazione è un potente metodo di servizio all’umanità quando la mente  viene usata come un canale di ricezione delle energie di luce, amore e volontà  di bene, e per dirigerle nella coscienza umana. Il momento del plenilunio di  ogni mese offre la grande opportunità di meditare – meglio se in gruppo – come  mezzo di cooperare con il Piano divino o Intenzione per il nostro mondo.
In sintonia con i cicli energetici lunari compiremo un rito a Spilamberto, con canti e meditazione e condivisione di cibo "spiritualizzato" (prasad).
L'appuntamento è fissato per il 23 maggio 2013, alle h. 18.30,  di fronte all'ingresso del sentiero natura di Via Gibellini, per una passeggiata corroborante lungo le rive del fiume Panaro. Al ritorno, a casa di Caterina, condivideremo il cibo vegetariano  da ognuno portato ed alle 20.30 scenderemo nella "cave" (tinello) per i canti e la meditazione. Al termine verrà condiviso il "prasad".
Per partecipare alla celebrazione scrivere a Paolo D'Arpini:  circolo.vegetariano@libero.it   -  Oppure  telefonare al 333.6023090 


Poesia di buon auspicio:

Dentro questo nuovo amore, muori.
La tua vita comincia dall’altra parte.
Diventa il cielo.
Abbatti con l’ascia il muro del carcere.
Fuggi, fuggi.
Avviati come uno all’improvviso sorto dal colore.
Fallo ora.
Sei oscurato da una nuvola densa.
Scivola via di lato.
Muori e sii quieto.
La morte è il più sicuro segno che sei morto.
La tua vecchia vita era un frenetico fuggire
dal silenzio.
La luna piena, senza parole,
sorge adesso!

(Jalaluddin Rumi)

Memoria vissuta.. il 4 giugno 1944 raccontato da Filippo Giannini



4 giugno 1944, giorno (diciamo) della “liberazione” di Roma. “Liberata” da un popolo che per vocazione nasce come “liberatore di genti oppresse”. D’altra parte il mondo è colmo di “gnocchi”.

Ero poco più che bambino, ma quegli avvenimenti sono rimasti nella mia memoria ben chiari e, parafrasando padre Dante, “per ridir del ‘mal’ che vi trovai, dirò dell’altre cose che v’ho scorte”.

Quanto ci sarebbe da scrivere su quel periodo: bombardamenti e mitragliamenti terroristici (d’altra parte questo tipo di “liberazione” si porta con il terrore, come stiamo vedendo anche in questi giorni); attentati scientemente preparati per riavere in cambio le rappresaglie e la fame, sì, la fame più nera.

Proverò a scrivere di quelle cose meno note, perché ricordi assolutamente personali.

In quell’epoca vivevo a Via Po, ad un ultimo piano. Le mie finestre davano da un lato su quella strada, dall’altra su Via Simeto. Con la nascita della R.S.I. (esattamente come qualsiasi Paese in guerra) vennero emessi bandi di coscrizione militare per alcune classi: moltissimi risposero, pochi no.

Spesso, affacciandomi su Via Po, vedevo una parte dell’interno di un appartamento del palazzo prospiciente, esattamente al secondo piano, dove si “nascondeva” un giovane che non si era presentato alla chiamata alle armi. Molti lo conoscevano e sapevano della sua renitenza alla leva: ma era inoffensivo e non ebbe mai fastidi.

Posso testimoniare che, pur vivendo in un periodo di fame (provate a pensare come si può vivere con una razione di 80 grammi di pane giornaliera), la popolazione civile non provava odio né per i militari tedeschi né per i “fascisti”, anche se la maggioranza attendeva i “liberatori”. L’idea di sconfiggere la fame era il miraggio assillante; il “pane bianco” giustificava persino la sconfitta della Patria.

In questo clima, che per assenza di spazio ho appena accennato, la vita scorreva (tra un bombardamento e l’altro, tra un mitragliamento e l’altro) ordinata; e la parola “moralità” aveva ancora un senso e un valore.

“Finalmente” ecco la mattina del 4 giugno: la “liberazione”. 

Ovviamente “quel giorno” niente scuola: una doppia festa. Dalla strada giungevano grida di giubilo e anche il rumore metallico dei carri armati che, in numero infinito, puntavano a nord dirigendosi sulla Flaminia, l’Aurelia e la Salaria. Ad un certo momento sentii colpi di armi automatiche. Mi affacciai su Via Simeto: guardando sulla destra potevo vedere uno squarcio di Piazza Verdi dove allora c’era la “Casa dell’automobile”. 

I colpi venivano proprio da quella parte. Poi venni a sapere che in quell’edificio si erano asserragliati alcuni “fascisti” che, al contrario della massa, non volevano essere “liberati”.

Scesi in strada e mi imbattei con il giovane “imboscato” del palazzo prospiciente: si era cinto la testa con un drappo rosso e imbracciava un fuciletto simile a quelli che avevamo in dotazione come “Balilla”

Notai nei suoi occhi un notevole imbarazzo: certamente ero l’ultima persona che avrebbe gradito incontrare. Anch’io lo guardai, stupito (ancora non potevo sapere l’andamento di “certe cose”). Poi si allontanò, tuffandosi “vincitore fra i vincitori”, e magari andando a vantare i suoi meriti di partigiano.

Sin dal primo giorno ebbi modo di assistere al sorgere del fenomeno delle “segnorine”: ragazze e signore che donavano le loro virtù ai “liberatori”.

Il passaggio fra la nostra civiltà e l’”american way of life” fu improvviso, squassante. Ripeto, anche se poco più che bambino, ebbi immediatamente l’impressione che “quel” 4 giugno rappresentasse uno spartiacque: da una parte la vita come l’avevo vissuta, dall’altra quella che mi si prospettava davanti. Da quel giorno e nei seguenti assistetti a spettacoli che mai avrei immaginato. Soldati, soprattutto americani, perennemente ubriachi che insudiciavano e si insudiciavano col proprio vomito. Per la loro continua ricerca di “segnorine” le strade, non solo quelle nascoste, erano tappezzate di profilattici, un “prodotto”, sino ad allora assolutamente sconosciuto. Alcuni ragazzi che erano stati orgogliosi “Balilla”, trasformati in “sciuscià”.

La fame, con la “liberazione” non scemò di molto, perché i prezzi di ogni prodotto si erano moltiplicati grazie all’inflazione causata da un altro regalo dei “liberatori”: l’immissione, incontrollata sul mercato, delle “amlire”, la moneta d’occupazione, che tanto danno ha arrecato alla nostra economia.

E le “segnorine” battevano il marciapiede sempre più numerose, alimentando una “ventata” di progresso.

Un fatto, più di ogni altro, è rimasto impresso nella mia mente e da solo, può dare la misura della miseria morale importata dai “liberatori”. Un giorno ero a Piazzale Brasile (Porta Pinciana), zona particolarmente frequentata  dai militari americani di colore e bianchi. 

Vidi arrivare una famigliola composta da padre, madre e un bambino di due o tre anni. La donna con il bambino in braccio si sedette su un muretto, mentre l’uomo si allontanò per tornare, poco dopo, in compagnia di un soldato di colore. Confabularono per pochi attimi, poi l’uomo prese il bambino e lasciò che la moglie si allontanasse con il militare nell’interno di Villa Borghese. Assistetti anche al ritorno della coppia e a un nuovo episodio: l’uomo consegnò il bambino alla donna, si allontanò per cercare un nuovo cliente: una nuova breve contrattazione e così di seguito.

Il mondo nel quale oggi viviamo è quello che ci fu imposto “quel” 4 giugno. D’altra parte, la storia si ripete perché: ad ogni invasione di barbari segue un periodo di decadenza.  

Filippo Giannini