Archetipi psichici - Da dove sorgono i pensieri che passano nella nostra mente?



La nostra vita è legata ad una serie di circostanze di cui non abbiamo il controllo ma, come diceva Nisargadatta, noi siamo parte integrante della manifestazione totale e del totale funzionamento ed in nessuna maniera possiamo esserne separati. Di conseguenza, essendo coscienza nella coscienza, siamo in grado di riconoscere il flusso energetico nel quale siamo immersi e far sì che il nostro pensiero e la nostra azione siano in sintonia con la qualità dello spazio-tempo vissuto. In questo perenne rimescolamento energetico, noi siamo come navigatori senza meta, o guerrieri - se preferite - liberi di affrontare il contingente senza paure. “Se temi la sofferenza - diceva un samurai - come fai a combattere?”

Dal tutto il tutto si dipana dinnanzi ai nostri occhi.

Nella storia dello zodiaco cinese si racconta che dodici animali si presentano al Buddha morente ed ognuno ottenne di incarnare le caratteristiche psichiche che contraddistinguono i tre aspetti di anno, mese e ora, in base alle propensioni naturali di ogni essere vivente. Essi sono maschili e femminili e manifestano le loro caratteristiche tramite le 5 fasi di mutazione fondamentali: Terra (devozione), Metallo (giustizia), Acqua (saggezza), Legno (etica), Fuoco (costumi).

Il funzionamento è più o meno quello del caleidoscopio. Alcuni elementi colorati e tre specchietti interni. Girando il tubo si ottengono diverse composizioni. Malgrado l’esiguità delle componenti i risultati possono essere infiniti. Questo stesso concetto (traslato ai 5 elementi ed ai tre aspetti psichici incarnati) mostra la variegazione di tonalità di colore e movimento attraverso la quale la coscienza individuale si manifesta (la forma ed il nome). La coscienza di sé, che noi chiamiamo persona, è un coordinatore interno, adattato all’individuazione, il quale si appropria delle funzioni messe in atto.

Lo chiamiamo: io. Questo ‘soggetto’ (o assuntore interno) è l’apparenza identificativa individuale nella quale solitamente ci riconosciamo. Propriamente parlando questo “io” è esso stesso la “conseguenza” delle energie messe in moto dai vari elementi e dai tre archetipi incarnati, quindi è inerte (come un programma), ed è un oggetto nella coscienza.

I tre archetipi psico-emozionali, inscindibili nel loro miscuglio, rappresentano:

Il senso dell’io, ego = anno di nascita;
L’intelletto o intuizione = ora di nascita;
La memoria o esperienza = mese di nascita

Ognuno di noi manifesta una forma esemplare a tre facce (designanti le nostre caratteristiche). Le tendenze innate che si riflettono nello specchio, perennemente cangianti, sono le correnti in cui l’io si muove.

Se vogliamo osservare una cosa piccola bisogna ingrandirla attraverso il microscopio, ma se vogliamo ampliare il campo di azione dobbiamo distaccarci il più possibile dalle cose attorno a noi, in modo da percepire il senso d’insieme. Questa corsa in tondo verso l’auto-conoscenza è un vagare trasognato, un’attenzione senza risposta, solitudine e silenzio, osservazione e contemplazione, fluire limpido nei mutamenti, sorridere nel rincorrere il vuoto.

Ed ora una storiella:

“Alcuni suoi seguaci domandarono al bandito Che:”Anche per i ladri esiste una strada (Tao)?” – “Eh, certo che sì.. – rispose Che- Santità è intuire dove giace un tesoro nascosto, Eroismo è entrare per primo nella casa, Giustizia è uscirne per ultimo, Saggezza è distinguere il colpo che si può tentare, Umanità significa essere equanimi nel dividere il bottino. Al mondo non è mai esistito un gran ladro che non abbia manifestato queste qualità”. (Chuang Tze)

Attraverso le capacità riflettenti dell’organo interno (antakharana) siamo in grado di manifestare energie psicofisiche in rispondenza a quelle percepite fuori di noi. Questa rispondenza è automatica ed inevitabile, è una legge naturale. Pensare di sfuggirne il corso è assurdo come pensare di cambiare il film mentre la pellicola viene proiettata. Ma l’atteggiamento interno è importante! Infatti l’accettazione del proprio destino scioglie l ‘attaccamento all’utile ed all’inutile che ci spinge nel ciclo delle rinascite. 


Nell’ignoranza ci identifichiamo con i personaggi e ci consideriamo autori e responsabili del gioco vissuto, con guadagno e perdita, la verità è che il nostro io, la coscienza individuale, la persona da noi incarnata, è solo un’immagine. Il risultato di un automatismo distratto e di una identificazione illusoria. Questo dobbiamo comprendere bene se non vogliamo che la mente ci imbrogli. Non cadiamo nel delirio dell’io separato, anche se la coscienza che lo anima è vera sin d’ora e siamo già dotati del capitale iniziale per quella “conoscenza di sé” è assurdo e ridicolo pensare di “ottenerla” - strettamente parlando non è possibile. Essa è già integralmente manifesta qui ed ora e quindi non perseguibile come ottenimento altro. Se ci sentiamo attratti da questa “conoscenza” occorre dire che non c’è corso o spiegazione o esperimento che possa trasmetterla, può essere solo riconosciuta (risvegliata) per "simpatia" nel momento della maturazione. Siccome non è un “conseguimento” continuiamo ad “andare avanti a fiuto”.

“Semplici attori, finché separati, poi, superata la dualità, non ha più nessuna importanza… Il fiore non ha più nome né forma è solo un fiore unico ed irripetibile nel giardino della Coscienza”.

Paolo D’Arpini



Lo yoga tantrico del Kashmir, secondo Eric Baret



"Lo yoga del Kashmir viene dal sentimento che ogni percezione ha la sua realtà solo nel silenzio. Invece di cercare di affinare la percezione per arrivare al silenzio, questo Yoga Tantrico non segue una direzione, semplicemente lascia che la percezione, la coscienza, si riveli completamente e spontaneamente. Ciò che proviene dal silenzio non può essere altro che silenzio.

Lo Yoga del Kashimir è un’arte di riassorbimento, di dissolvimento, non uno Yoga dell’acquisizione. Nello Yoga classico certi movimenti del corpo (asana, mudra), sono usati per risvegliare l’energia. Si pensa che l’energia risvegliata vada a liberare in noi certe casse di risonanza: chakra, e che, quando esse saranno abbastanza purificate si acceda ad una cassa di risonanza superiore che è la comprensione. Ma q
uesto cammino progressivo è dualista e fonte di smarrimento.

Lo yoga del Kashmir stimola la scoperta corporea di spazi di libertà, senza peso, né sostanza. Quando si comincia a scoprire che tutta la struttura psicologica vive nella paura del sentire si scopre quanto le spalle, la glottide, il dorso o il respiro siano sempre sul punto di difendersi.

L’esercizio yoga non è finalizzato a liberarsi, ma a rendersi conto fino a che punto si  resiste alla libertà intrinseca, già presente in noi. 


Lo yoga non può essere uno strumento: è un’arte. Gli strumenti appartengono al mondo del lavoro, dell’intenzione. La vera arte è dinamica, è celebrazione senza richiesta.

Attenzione a non voler eseguire posizioni perfette, o tenerle a lungo, o desiderare di acquisire qualcosa, o tentare di andare ogni volta un po’ oltre. Ciò non significa che non si possa lavorare a lungo sulle posizioni, ma che si conserverà questa disponibilità viva.

E’ facile creare uno schema, una scuola, un insegnamento, allora nuovamente vi allontanate dalla verità: state ancora aspettando qualcosa…  è come  proiettare la sicurezza su di un cane ma,  prima o poi, il cane se ne andrà e vi lascerà nella vostra illusione. 


Eric Baret



(Fonte notizia: Uqbar Love 169)

Libertà nella spiritualità laica e come viverla giorno per giorno

"Cammina nella tua oscurità… perché camminando, brancolando, a poco a poco, anche tu troverai la tua luce. Quando hai la tua oscurità, la luce non è molto lontana. Quando la notte è buia, l’alba è vicina… a portata di mano. Una volta divenuto dipendente da una luce presa in prestito, sarai perduto. L’oscurità non è mai così pericolosa quanto una luce presa in prestito. Conoscere è bene, ma il sapere non è un bene. La conoscenza è una cosa che ti appartiene, il sapere è di altri." Osho


La spiritualità laica, pur essendo un neologismo, ha un’origine remota, nasce nel momento stesso in cui l’uomo ha avuto la prima scintilla di auto-consapevolezza. Sarebbe infatti più corretto definirla spiritualità naturale ma per non confonderla con  la  new age ed anche a causa delle sovra-imposizioni religiose monoteiste, dobbiamo qualificarla “spiritualità laica” per stabilire la sua assoluta e totale indipendenza da ogni credo (ateismo compreso). In verità diversi modi di spiritualità laica sono riconoscibili, ad esempio, nella filosofia socratica e neoplatonica, ma è soprattutto nel pensiero taoista e zen, nello shivaismo del Kashmir e nell’adavaita vedanta che tale spiritualità ha avuto le sue espressioni più antiche. I due moderni più grandi maestri advaita, Ramana Maharshi e Nisargadatta Maharaj, sono stati fulgidi esempi di laicità. Ramana gettò via il cordone da bramano ma non si fece mai monaco e Nisargadatta era un uomo di famiglia con figli e campò facendo il venditore di beedies. Nel dialogo che segue, fra me e Franca Oberti,  parleremo di come poter vivere la spiritualità laica nel quotidiano senza ricorrere a particolari riti o pratiche ma affinando la capacità di attenzione e senso di presenza...
(Paolo D'Arpini)





Franca Oberti: “Paolo, tu spesso dici: “Lo spirito è una sintesi fra coscienza ed intelligenza!”.  – Vorrei capire meglio questo concetto, se non ti dispiace. Ho in mente la fiammella di Pentecoste e la sensazione è sempre di qualcosa che ci pervade, non che fa parte del corpo. Come si può pensare a una coscienza e a un’intelligenza, che spesso associamo alla materia cerebrale, unite? La mia limitatezza qui mi blocca. Penso ad una fiammella che è l’anima, che si può identificare con la coscienza, ma l’intelligenza la sento più corporale oppure addirittura unica e universale e ogni coscienza ne fa parte.”
Paolo D’Arpini: “Avere in mente qualcosa è un pensiero. Anche se lo chiami “anima” resta un pensiero, un concetto. Tutto ciò che è all’interno della coscienza è un oggetto della Coscienza. Forse è meglio che il termine Coscienza, pur che rappresenta quanto voglio significare, venga qui sostituito da “Consapevolezza” poiché noi occidentali e soprattutto “cristiani” tendiamo a considerare la coscienza come una qualità morale. Si dice “fare l’analisi di coscienza” come se questa coscienza fosse un aspetto, un’anima appunto. Lasciamo anche da parte la considerazione materialista per cui la coscienza è il risultato di processi cerebrali, che è una spiegazione “empirica” assunta in quanto si ritiene che la nostra capacità di analisi (intelligenza) sia susseguente al processo chimico delle cellule che si comunicano dati. Tutto ciò è la conseguenza del nostro ritenerci il corpo quindi questa considerazione non ci consente di andare “oltre” per percepire lo spirito. Anche qui percepire non è propriamente corretto, poiché chi è che percepisce e cosa viene percepito? E’ evidente che tutto si svolge all’interno della Coscienza, la coscienza osserva se stessa e comprende se stessa. Intelligenza e coscienza sono la stessa cosa e in verità sono la nostra vera natura. Checché tu consideri te stessa, una anima un corpo, una mente… tu non sei quello poiché tu non puoi essere un oggetto della conoscenza. Tu sei la conoscenza stessa che prende la forma di soggetto oggetto e conoscenza. Fermiamoci comunque al “sentire” interno, quel sentire che tu definisci “io”  e che è in verità pura coscienza. Prima di pensare “io sono questo o quello” se ti fermi all’io.. ti rendi conto che quell’io è privo di qualsiasi attributo.. E’ semplicemente consapevolezza. L’opinione, qualsiasi opinione, appartiene all’ego,  inizialmente può essere accettata come base  di confronto sulle idee, ma se osserviamo con gli occhi dello “spirito”, che tutti ci accomuna, scopriamo che l’opinione è solo un attaccamento, un riflesso condizionato,  di cui potremmo anche liberarci se vogliamo avanzare in consapevolezza.”
Franca: “Sì, sull’opinione ti posso dar ragione, sento che è come se facesse parte delle nostre credenze, dei preconcetti che ci portiamo appresso dalla manipolazione nell’infanzia. Quindi concordo e dico: ognuno di noi esprima pure in libertà, ma non prenda per oro colato e non si barrichi nella sua opinione escludendosi dal dialogo.”
Paolo: “Appunto, avendo riconosciuto l’opinione come un meccanismo automatico del proprio credere, del proprio identificarsi in un set di pensieri e credenze, non ha importanza sforzarsi per la supremazia della propria opinione. Si esprime l’opinione come un gesto, come una naturale e spontanea affermazione della persona che noi “incarniamo”. Quella persona è un personaggio nella commedia della vita, è giusto che si esprima ma non è necessario che prevalga. Quando si comprende la complementarietà di ogni aspetto e forma dell’esistente ci si limita a svolgere la propria funzione, nel modo più accurato, senza sentirsi né responsabili né portatori di un messaggio superiore.  Si porta avanti “l’opinione” come se fosse un lavoro da svolgere ma senza sentire che i risultati di tale lavoro ci appartengono. Insomma si compie un “dovere” con distacco…. Secondo i grandi saggi l’opinione è  un  automatismo della percezione individuale. Insomma l’opinione è sempre e comunque parziale ed incapace di riferire un’interezza. Ma se almeno fossimo in grado di interpretare ogni opinione come un tassello del pensiero universale, cercando di integrarla nell’insieme del conosciuto, forse così stiamo mettendo in pratica quel “sincretismo” auspicabile per il superamento delle ideologie e delle religioni precostituite.  Unica discriminante dovrebbe essere la qualità della sincerità in cui l’opinione viene espressa.”
Franca: “Qualcuno – inutile specificare – depreca il sincretismo, io mi auguro che sempre più spesso ci si senta accusati di cercarlo… ero anche stata accusata di panteismo, solo perché vedevo Dio in ogni aspetto della natura….”
Paolo: “Perché farsi condizionare dall’opinione altrui? Una volta capito che tutte le opinioni sono solo aspetti esteriori del nostro sentire, della nostra educazione, del nostro bagaglio genetico, etc. etc. Come si può ritenere che una qualsiasi opinione, pur ben espressa o motivata, possa influire sui nostri comportamenti o convincimenti, in antitesi con noi stessi? Se noi ci riconosciamo nell’opinione espressa da qualcun altro vuol dire semplicemente che quella cosa stava già dentro di noi, l’abbiamo riscoperta. Se invece non ci tocca.. lasciamola andare come l’abbiamo incontrata. Una piccola similitudine: quando andavo a scuola, forse all’età di 13 anni, confessai al prete della mia parrocchia che non riuscivo ad accettare il fatto che esistessero inferno, paradiso, limbo.. che vengono considerati “eterni” contemporaneamente alla realtà eterna del dio stesso. Se dio è eterno ed infinito come possono coesistere più eternità separate e contrapposte? Il prete mi disse che dovevo credere a quanto affermavano le scritture perché quella è la parola di dio ed è un “mistero della fede”. Ovvio che non gli diedi retta e continui a meditare e riflettere sulle cose secondo il mio criterio di ricerca e non basandomi sull’opinione del prete o sulle scritture. Infatti se un’opinione è solo “strumentale” allora non vale nemmeno la pena di considerarla, essa non è nemmeno etichettabile come “opinione” (che già di per se stesso è un termine “riduttivo”) ma possiamo definirla “imbroglio speculativo” teso alla soddisfazione di un  vantaggio personale. Ciò avviene quando si mente sapendo di mentire e quando si ragiona in termini di affermazione del proprio pensiero!”
Franca: “Purtroppo in questo caso ne va della morale che ognuno si porta avanti nella vita. Dove sta la verità? E’ quella che fa comodo o quella che serve per armonizzarsi con gli altri e la natura? Spesso mi scopro ad esprimere un’opinione, poi mi premuro di dire che “io la penso così”, per non prevaricare gli altri e pretendere di avere in mano la verità… un equilibrio delicatissimo.”
Paolo: “Allorché si è centrati nello Spirito, ovvero in se stessi, non c’è pericolo di compiere il male, poiché se stessi e il tutto coincidono. Gli altri non sono diversi da noi e se non sono diversi come potremmo nuocer loro? Ogni nostra azione è compiuta al fine del beneficio comune. Anche se all’osservatore può apparire che ci sia una intenzionalità personale nell’azione del saggio. Secondo me la “spiritualità  laica” deve comprendere anche il lasciare agli altri la libertà di pensare a modo loro,  non possiamo usare la laicità per continuamente controbattere su punti che a noi sembrano ledere tale principio… Insomma dovremmo essere laici persino nei confronti della laicità. Ed in sintonia con questo predicato mi occupo della mia auto-conoscenza e lascio agli altri esseri (umani o non umani) di fare la parte che ad ognuno compete!”  
Franca: “Questa tua frase passerà nella mia raccolta di aforismi… Grazie, bellissima! E se tutti facessimo questo, si starebbe benissimo! Non ci sarebbero più guerre e tutti saremmo in pace… Ma ci arriveremo, ci arriveranno….”
Paolo: “Ci siamo già. Tutti tendiamo alla perfezione, però in un crescendo, seguendo le nostre opinioni di bene e male, in un apparentemente lungo e tortuoso iter, che non ha inizio né fine. Si manifesta come singoli fotogrammi che noi dichiariamo separati e diversi, perché osservati nel contesto dello spazio tempo e con il senso di separazione. Ma il film è lo stesso, noi siamo tutti dentro… Chiamalo pure sogno se vuoi, infinito ed eterno. Il sognatore diventa tutti i personaggi e gli eventi del sogno. Avviene così, senza scopo e nella gioia. Allo stesso tempo questo sogno è irreale perché è solo un processo nel divenire. Diventa però reale e vero appena siamo “consapevoli” che noi siamo quello in ogni suo aspetto ed anche aldilà di quello in quanto pura Consapevolezza”

Femminino sacro - "La donna scelse la conoscenza e la libertà e l'arconte ne fu adirato.."



Il motivo per cui i maestri dello Gnosticismo antico entrarono in
competizione con i cristiani non verteva sul fatto che essi
rivendicassero un'origine comune rispetto alla Grande Chiesa. Gli
Gnostici, piuttosto, dichiararono se stessi e la loro dottrina
discendenti da figure secondarie quali Tommaso, Giacomo il Giusto,
Maria Maddalena, Salomé. Non a caso rappresentò una novità la radicale
rivalutazione dell'elemento femminile all'interno della mitologia
religiosa giudaico-cristiana e dell'immaginario collettivo. I vangeli
gnostici (e apocrifi) contengono una vasta galleria di "donne
dimenticate", protagoniste e testimoni di una forma di spiritualità
perduta, un cristianesimo prima del cristianesimo, i cui principi,
certamente, furono ben differenti da quelli codificati all'interno dei
vari concili ecumenici. In codesto ambiente cristiano primitivo e
autentico, che da tempo rappresenta una verità storica in grado di
suscitare un sempre più crescente interesse, il femmineo era venerato
quale principio divino e le donne detenevano il ruolo di sacerdotesse
e maestre d'iniziazione. Risulta fondamentale, a tal proposito,
rimembrare un personaggio qual era Simon Mago, considerato esser il
primo grande fondatore del movimento Gnostico in Samaria; celebri
divennero le sue costanti apparizioni fra gli adepti, a fianco della
sua Elena, una mediatrice, da lui annunciata quale incarnazione della
Sophia.

L'intento gnostico non si affermò tanto mediante il recupero di un
antico culto matriarcale, quanto piuttosto in un atto di contrasto nei
confronti del rigido sistema patriarcale dominante manifestatosi
all'interno dell'ebraismo, in modo da consentire un reale accostamento
al culto solare su base antimaterialista ed esoterica, affiancando il
Dio alla propria legittima controparte femminile, la dea Madre sovrana
dei mondi lunari, inconsci, attraverso la cui fecondazione è possibile
la nascita del filius macrocosmi.

Per questo motivo, infatti, accanto alla Maddalena, a Salomè, Eva,
Norea, Maria di Nazareth è essenziale ricordare le diverse identità
femminili assunte dal Dio Primigenio gnostico: da Barbelo a Bronte, da
Sophia a Elena, fino a Lilith, la donna-demone.

La portata di questo cambiamento culturale fu dirompente e, senza
alcun dubbio, spiega l’ostilità a cui la Gnosi andò incontro e l’oblio
a cui fu condannata.

La donna era, dunque, una sorta di "sacro mediatore"; ella deteneva
una funzione di elemento intermediario fra il mondo terreno della
caduta, del caos e delle passioni e il mondo superiore della
rettificazione e della pienezza; in quanto naturalmente dotata di
grandi capacità percettive, immaginative e intuitive, assolveva al
ruolo di interprete del Verbo, della parola dell'uomo (il Logos), il
mago, presso il quale intercedeva durante l'iniziazione.

Rifacendosi ad una tale premessa, risulta al quanto facile constatare
come, questo particolare modus operandi fosse chiaramente riportato
nei miti gnostici al fine di tramandare, per via simbolica, una vera e
propria procedura iniziatica, una serie di condotte, alle quali i
discepoli dovevano rigorosamente attenersi se realmente intenzionati
ad adoperarsi in vita per risvegliare il Soter assopito nella mente
traviata dal disordine della morale e delle altre sbarre psicologiche.
L'audace interpretazione gnostica del mito di Eva è, ad esempio, una
delle tante a celare un particolare tipo di insegnamento, di condotta,
sperimentati dai maestri che avevano così raggiunto – si mutuano, qui,
le parole del Moraldi - "una profonda e completa libertà interiore",
codesto insegnamento, perciò, veniva tramandato in segreto al neofita.

La medesima leggenda ebraica che vede come protagonista il demone
ribelle Lilith fu particolarmente favorita dagli Gnostici. Lilith,
infatti, era la sola figura ad esser depositaria di una grande
conoscenza, quella del nome impronunciabile di Dio. Ecco, dunque, il
rivelarsi del messaggio essenzialmente teurgico di tale vicenda, ed in
seguito erroneamente interpretato dai culti dell'era moderna qual
becera manifestazione di femminismo estremista. Lilith è,
sostanzialmente, il primo esempio mitologico di Teurgia.

Inoltre, si ritrovò ad incarnare un certo spirito di ribellione,
potente espressione della differente natura pneumatica ed
incorruttibile da lei posseduta rispetto ai progenitori Adamo ed Eva.
Lilith simbolizza la tendenza in ogni uomo alla completa libertà,
all'anarchia. Eva, invero, rappresenta tutt'altro: ella è una parte
integrante di Adamo, è il suo lato destro, il suo proprio interprete,
e per questo spesso, nei testi gnostici, è descritta quale custode del
seme di Sophia, oppure, accostata alla figura del Serpente, le cui
parole di seduzione vengon fatte risalire a lei medesima(1).

E' la funzione cerebrale immaginativa, percettiva, che a causa della
brusca e violenta separazione compiuta per mano del Demiurgo, venne
relegata nell'inconscio e dimenticata(2).
Fu proprio tal sottile, misteriosa funzione di intuizione ad aver
condotto Adamo a nutrirsi dell'Albero del Bene e del Male.

"Gli arconti si consigliarono l’un l’altro e dissero, “Andiamo,
apportiamo il sonno in Adamo!” Ed egli si addormentò. Ora il sonno è
l’ignoranza che essi fecero venire su di lui, ed egli si addormentò.
Essi aprirono il suo lato; formarono il suo lato come una donna viva e
al suo posto misero della carne e Adamo diventò completamente
psichico. Andò da lui la donna dotata di spirito, parlò con lui e gli
disse, “Adamo, alzati!”. Allorché la vide, egli disse, “Tu sei colei
che mi ha dato la vita! Sarai chiamata ‘madre dei viventi’ – poiché
lei è mia madre, lei è la medichessa, la donna, colei che ho
generato."
(Ipostasi degli Arconti)


Valentina Achamoth

http://tradizionegnostica.blogspot.it/




NOTE:

(1) "Questo serpente universale è anche la Parola sapiente di Eva.
Questo è il mistero dell'Eden: questo è il fiume che scorre
dall'Eden." (Ippolito, Refut. V, 16, 9 s.)

(2) "Allora, adirato, il dio arconte degli eoni e delle forze ci
divise: noi diventammo due eoni, e così la Gloria che era nel nostro
cuore, abbandonò me e tua madre Eva; e con essa (la Gloria) la prima
conoscenza che soffiava dentro di noi." (Apocalisse di Adamo 20-24)


Medio Oriente - Arabi, turchi, bizantini, cattolici latini... conoscere il passato per comprendere il presente


Le crociate mediorientali dovevano essere solo un aiuto all'impero bizantino in lotta, quando furono iniziate, contro i turchi non contro gli arabi. Invece sono state una forma di occupazione abusiva di molti territori bizantini, durata due secoli. I bizantini non ce l'avevano con gli arabi ma coi turchi, perché all'avanzata araba si erano rassegnati e perché avevano capito che gli arabi erano comunque tolleranti nei confronti delle religioni monoteistiche (l'ultima teologia bizantina, quella p.es. di Palamas, ha parole di elogio nei confronti della teologia islamica, a motivo del fatto che si rifiutava di rappresentare Allah).

I turchi volevano occupare tutto il Medioriente, sia quello bizantino che quello arabo, perché erano stati cacciati dall'Asia centrale dalle invasioni mongole. Che i turchi fossero islamici come gli arabi va considerato del
tutto accidentale, in quanto i turchi ottomani (o selgiuchidi) erano al massimo pagani e divennero islamici solo dopo aver conquistata l'Asia Minore. 


Gran parte dei territori bizantini furono presi dai turchi anche per colpa delle crociate latine, che destabilizzarono ulteriormente quella regione, fino a occupare la stessa Bisanzio (1204), tanto che i bizantini si videro costretti ad allearsi con gli stessi turchi pur di cacciare i latini, i quali non facevano distinzione, quando dovevano massacrare le persone, tra turchi, arabi e bizantini (quest'ultimi cristiani come loro, seppur scismatici dal 1054).

I bizantini odiarono così tanto i latini, a causa delle crociate, che arrivarono a preferire la sottomissione sotto il turbante che non sotto la tiara. E quando, nell'imminenza della conquista turca di Costantinopoli, i bizantini arrivarono a vendere la loro dignità al Concilio unionista di Ferrara-Firenze (1438-39), accettando la superiorità del papa su qualunque concilio e figura ecclesiastica, in cambio della promessa di un aiuto militare (mai mantenuta), il patriarcato di Mosca se ne risentì, al punto che arrivò a dire: sono cadute due Rome, noi siamo la Terza, l'unica vera erede di Bisanzio. 


Ecco perché oggi abbiamo un'intera nazione, quella turca, che (caso molto raro nella storia d'Europa), pur avendo avuto una civiltà cristiana incredibilmente fiorente sotto ogni punto di vista per oltre mille anni, oggi di cristiano non ha assolutamente nulla. Per colpa dei turchi? In parte. Certamente anche per colpa dei cattolici latini.

Le crociate nel nord Europa durarono molto di più e furono gestite da forze cattoliche contro quelle pagane e slavo-ortodosse, e furono di una crudeltà non meno feroce. Questo spiega il motivo per cui abbiamo una Polonia cattolica, una Lituania cattolica, un'Ungheria cattolica, una Slovacchia Cattolica ecc., invece di avere nazioni ortodosse.


Enrico Galavotti


(www.homolaicus.com/storia/medioevo/baltici/)

Il buddismo di Nichiren Daishonin... che buddismo è?



Il buddismo di Nichiren Daishonin conta 8 maggiori scuole formate da otre 40 sette o scuole più piccole... il tutto per un 50 milioni di fedeli circa o forse più.... 750 anni di storia. Nichiren non voleva fondare nessuna scuola, lo dice chiaro e tondo nei gosho, d’altronde dovette farlo per motivi legali, anche se i suoi meriti e riconoscimenti sono stati decretati dopo la sua morte e lui ed i suoi seguaci han praticato come dei banditi eretici per tutta la vita... La scuola Tendai era irriformabile, non scordiamoci per chi non lo sa che Nichiren è santo protettore della nazione in Giappone, e che è insignito di vari nomi, quali grande bodhisatva, mahasatva ed altri termini importanti...

La teoria del buddha Nichiren è venuta fuori dopo 200 anni circa dalla sua morte, ed è stata promulgata ed abbracciata soltanto dalla Nichiren Shoshu ed il lignaggio corrispondente. Per secoli questa loro pretesa di essere riconosciuti l'unica vera scuola Nichiren nonché la più piccola, ha diviso l'unione, chiamata la cosiddetta "fratellanza Nichiren" che è sempre esistita tra le scuole di questo Buddismo.... Si potrebbe continuare per ore esaminando la storia di ogni scuola, le cui più importanti contano milioni e milioni di fedeli: Nichiren shu, Rissho kosei-kai, Reiyukai, Honmon butsu, Riu shu, Sgi, Kempon hokke e le altre scuole che si rifanno all'insegnamento così chiamato "fuju fuse".....

Nichiren non ha lasciato indicazioni precise, anche se ogni scuola si professa giusta o migliore delle altre. Le piccole o grandi differenze esistenti tra le scuole derivano in gran parte da questo.... ed i 5 preti anziani non furono, ne sono dei traditori, come certe dottrine insegnano. Questa è una bestemmia ed una falsità... tutt'altro... anzi, è merito loro se si diffuse in tutto il Giappone......


A.A. 

(Fonte: Centro Nirvana - Testimonianze)

Zodiaco cinese, I Ching, sistema elementale indiano e conoscenza degli archetipi



I dodici esagrammi-seme del Libro dei Mutamenti o I Ching corrispondono ai dodici mesi dell'anno; in realtà il sistema zodiacale cinese è la traduzione “volgare” dei dodici esagrammi-seme. I dodici animali corrispondono alle propensioni innate descritte dalle caratteristiche dell'animale stesso. Il calendario cinese si basa su tredici lune ed ha inizio per convenzione nel 2637 a.c. ma si suppone essere pre-esistente.

L'intero ciclo si svolge in un periodo di sessanta anni e la data sopra menzionata si riferisce al sessantunesimo anno di età dell'imperatore cinese allora in carica. I sessanta anni sono la base, esistono poi cicli superiori ed inferiori. Ricordiamo che per i Cinesi e gli Indiani il tempo è concettualmente ciclico, come dimostrato in seguito da Einstein e dalla fisica quantistica. Potremmo definirlo un modello a spirale simile alla struttura del DNA od al simbolo dell'otto come infinito.

Confucio e Lao Tse sono due filosofi del 600 a.c. che hanno commentato il Libro dei Mutamenti; si tratta di due quasi contemporanei di Buddha. In realtà il Libro dei Mutamenti si è formato nel periodo proto-storico della Cina, nel momento comune a tutte le culture in cui si cerca di dare ordine e significato ai mutamenti; questo periodo rappresenta lo sviluppo naturale della fase sciamanica. Il pensiero dei filosofi greci deriva dal pensiero indiano rielaborato in chiave occidentale (vedi Socrate).

Il sistema filosofico indiano si ritiene esistente come tradizione orale già 10.000 anni prima di Cristo. La radice comune dei due sistemi si rinviene nel fatto che in entrambi i casi non si parla di un dio ed il dualismo viene considerato come una forma dello spirito.

Ricordiamo che l'assoluto non duale non è un concetto ma un qualche cosa che viene adombrato come consapevolezza priva di ogni attributo; come esempio portiamo la consapevolezza di quando si è appena svegli: l'Io non è ancora entrato nella coscienza. La pura consapevolezza è l'essere. “Io sono” è nell'esistere. “Essere” è immutabile ed “esistere” è mutevole. Da qui il Libro dei Mutamenti.

Vogliamo ricordare che l'interpretazione è sempre fallace e che ci sono tre fasi distinte: oracolare, intuitiva ed esperienziale del Sé. Quest'ultima non è descrivibile né trasmissibile e per giungere ad essa dovremo “uccidere” gli archetipi, riconoscendo l'Ego con l'acquisizione del distacco: lo scopo di questo percorso è quello di creare una tensione verso l'autocoscienza.

Tutto ciò che possiamo comprendere con la mente è falso ma dobbiamo conoscere tutto ciò che sta nella mente per non esserne “imbrogliati”: si tratta di interiorizzare la mente attraverso l'analisi per poterla avvicinare alla “sorgente” o, come dicono gli Indiani, di usare la “spina” dell'autocoscienza per togliere la “spina” della coscienza empirica. La nostra tendenza proiettiva ci porta a considerare ciò che è fuori come oggettivo (nome-forma) quindi per ottenere il nostro scopo dobbiamo spostare la consapevolezza verso l'interno.

La mente (Ego) tende ad appropriarsi delle esperienze vissute; naturalmente non dobbiamo rinunciare alla nostra identità fisiologica (nome-forma) ma dobbiamo integrarla con il Tutto, anche perché ne facciamo parte ed il Tutto è inscindibile.

Vedi il concetto di “ologramma”, in cui ogni parte che compone l'immagine è costituita dalla totalità dell'immagine stessa. Illudersi di essere separati dal Tutto significa cadere nel dualismo.

L'aspetto del Due è un aspetto speculare; il nome-forma è come un'onda che sorge sul mare dell'Assoluto, il quale è appunto il substrato necessario all'esistenza dell'Io.
L'Om o Big Bang rappresentano il momento della nascita del concetto di spazio-tempo, io e l'Altro, il soggetto e l'oggetto; ciò si manifesta come specularità tra il Sé e l'io.

L'illusione della creazione dell'Altro è il passaggio dall'Io al Tu. La Tenebra è lo Yin, lo Spazio, la Shakti o Energia, l'espressione della Forma. La Luce è lo Yang, il Tempo, Shiva o l'espressione della Coscienza.

Gli elementi di questa coppia in realtà sono uniti ma assumono una sembianza divisa.
Come risposta oracolare lo Yin rappresenta il Sì, la linea spezzata e lo Yang il No, la linea intera.
Il Sì ed il No sono alla radice della formazione del Libro dei Mutamenti.


L'Uno, il Due ed il Tre rappresentano i tre modi espressivi della coscienza nello spazio-tempo e nel sistema indiano corrispondono a Sattva o Coscienza, Rajas o Azione, Tamas o Inerzia.

La Coscienza è la capacità di percepire, l'Azione è il movimento, l'Inerzia è la tendenza a fermare le cose.

I CINQUE ELEMENTI NEL SISTEMA INDIANO
I cinque elementi del sistema indiano sono discendenti e vanno dallo stato rarefatto verso la materia. Essi sono: Etere, Aria, Fuoco, Acqua, Terra. Ovviamente si tratta di elementi simbolici.

Etere = stato di coscienza in cui l'Io Sono è sorto e funge da substrato; è pensiero privo di considerazioni, un vuoto mentale. Corrisponde allo stato meditativo.
Aria = formazione del pensiero allo stato “gassoso” rappresenta l'intuizione priva di immagini. Sonno profondo.
Fuoco = capacità di creare delle immagini, la visione; assume una sembianza ma la sostanzialità non è ancora totalmente cristallizzata. Sogno.

Acqua = Attività mentale e costruzione del pensiero, Corrisponde alla memoria.
Terra = stato fisico. Corrisponde allo stato di veglia ed alla sperimentazione sensoriale.


ETERE = Sattva
ARIA = Sattva + Rajas
FUOCO = Rajas
ACQUA = Rajas + Tamas
TERRA = Tamas (o formazione dell'ego, identificazione con il nome-forma)

Terra = primo chakra
Acqua = secondo chakra
Fuoco = terzo chakra
Aria = quarto chakra
Etere = quinto chakra

In questo sistema tutto ciò che esiste è concettualmente una combinazione dei cinque elementi più le tre qualità più il maschile ed il femminile (o spazio-tempo).
Queste energie risultano quindi avere un aspetto decuplo.

I CINQUE ELEMENTI NEL SISTEMA CINESE
Nel sistema cinese il movimento è circolare; comincia dalla Terra-Matrice che insieme con il Cielo produce tutte le cose e nello specifico i cinque elementi. L'elemento terra è come una sorta di Gesù, produce il metallo che produce l'acqua, che a sua volta produce il legno, che produce il fuoco il quale produce la terra (circolarità del sistema).

TERRA = olfatto, pancreas e milza, (praticità, obiettività, concretezza) colore giallo
METALLO (o ETERE) = udito (pulizia, etica, decisione, costanza, volontà, malleabilità) colore bianco
ACQUA = gusto (purificazione, corrosione, passaggio dell'informazione, memoria) colore nero
LEGNO (o VENTO) = tatto (emozioni, creatività, socialità, avidità, attaccamento) colore verde
FUOCO = vista (la visione, lo spirito, carisma, irradiazione, distacco attraverso la consapevolezza, egoismo, impulsività) colore rosso

Metallo e Legno così come Terra ed Acqua sono elementi antitetici ma la loro frizione è necessaria.
Il Legno comprende due qualità, il legno verde ed il legno maturo, da cui nasce il fuoco.
Noi stessi siamo un'espressione dei cinque elementi. La formazione delle linee ed il loro sviluppo in esagrammi comporta due possibilità, una nel pensiero (concettualizzazione) ed una nel concreto (rispettare le sembianze) le quali corrispondono al Cielo Anteriore (nel pensiero) ed al Cielo Posteriore (nelle forme).

Elementi nelle dita della mano:
TERRA = pollice (perché opponibile)
METALLO = indice (indirizzo,proiezione)
ACQUA = medio (comunicazione)
LEGNO = anulare (emozioni)
FUOCO = mignolo (spirito)

Formazione delle linee e degli esagrammi
NORD = inverno
EST = primavera
SUD = estate
OVEST = autunno

CIELO ANTERIORE - Gli archetipi primordiali primi corrispondono alle divinità.
CHEN = il creatore, non come divinità ma come modo formativo, primo figlio (DRAVYA, afferrare)
KUN = la madre
LI = il sole che sorge (PUNYE, il virtuoso)
TUI = figlia (NIDRA, sognare, la pigrizia)
KIEN = pienezza dell'estate, liberazione (KRURA MATI, potenza, affermazione di sé)
SUN = prima figlia, invito (PAPE, trasgressione secondo la visione maschilista, vedi Eva)
KAN = secondo figlio, autunno, l'abissale, il tramonto (KRYDA, il calcolo, la bellezza)
KEN = terzo figlio, il monte (GAMANADAU BUDDHI, meditazione, predisporre l'azione)

CIELO POSTERIORE - (riposizionamento degli archetipi)
In questa fase l'elemento terra è “scomparso” e si è ritirato al centro.
KAN = Nord (secondo figlio) acqua
KEN = NE (terzo figlio) terra, stasi, fine dell'anno
CHEN = Est (primo figlio) rinascita, legno che germoglia
SUN = SE (prima figlia) legno maturo
LI = Sud (seconda figlia) fuoco, sole, luce
KUN = SO (madre) terra, nascita, vegetazione
TUI = Ovest metallo dolce
KIEN = NO (padre) conservazione dei semi, metallo

Le ulteriori posizioni intermedie più le altre sono le seguenti, come nella Rosa dei Venti, per un totale di 12:
Nord NNE ENE
Est ESE SSE
Sud SSO OSO
Ovest ONO NNO
Acqua = NNO - novembre
Nord - dicembre
NNE - gennaio
Legno = ENE - febbraio
Est - marzo
ESE - aprile


Paolo D'Arpini 





Testi di riferimento: 
Il Potere del Serpente (The Serpent Power) di Arthur Avalon (pseudonimo di Sir Jhon Woodrof)
“I Ching” edizione Adelphi o quella tradotta da Richard Wilhelm con introduzione di C.G.Jung.
(Questi testi contengono un bagaglio accumulato dal tempo nel nostro inconscio collettivo.)

Articolo collegato: http://paolodarpini.blogspot.it/2010/07/i-ching-e-zodiaco-cinese-integrato-dal.html