Si chiamava Vespa, questo il nome che le era stato affibbiato dai suoi vecchi padroni, due anziani contadini di Faleria. Ma da parecchio tempo non stava più nella campagna faleriana essendosi trasferita, con il mio consenso, nel Tempio della Spiritualità della Natura in quel di Calcata.
Ed infine se n’era andata la cana guardiana, ormai vecchia e malandata, che custodivo in un recinto al Tempio. Il fatto stesso di tenerla ristretta in un recinto era motivo di continui interrogatori da parte di nuovi visitatori.
“Perché tu che ti dichiari animalista tieni questa cagna rinchiusa? Ma la fai uscire ogni tanto? La porti a spasso, La curi a sufficienza, la spulci quando serve, la fai visitare dal veterinario, quanti anni ha?….” Ed infinite altre domande mi venivano poste senza ritegno…
Ed ogni volta ero costretto a raccontare la storia di Vespa, dall’inizio, dalla sua vita “precedente” in forma di un cane denominato Shankar che stava nell’ashram di Swami Muktananda a Ganeshpuri (India). Un cane che non si era mai assuefatto alla disciplina ashramitica, che scappava fuori a far danni e faceva danni persino dentro... infastidendo gli altri animali lì custoditi. Per questa ragione era un po’ ostracizzato dagli ashramiti e tenuto sotto stretto controllo e pure punito all’occorrenza. Ricordo diverse volte in cui vidi questo cane che incrociando Baba (il mio Guru) si metteva a tremare dando segni di insofferenza. In una occasione, in cui aveva combinato qualche guaio più serio del solito, alla vista del Guru si mise a latrare e sbavare e Baba, che passeggiava sempre con un bastoncino da Sadhu (dandha) glielo tirò dietro colpendo Shankar nel di dietro… Il lancio era perfetto ma la forza non era eccessiva e il dandha toccò appena la bestia che comunque guaendo si allontanò..
Eppure io, abituato a pensare in termini “animalisti” occidentali, non apprezzai molto quella scena e siccome dormivo in uno stabile agricolo nel giardino esterno, dove lo stesso Shankar bazzicava, iniziai a familiarizzare con il cane, accarezzandolo e dandogli importanza… Forse mettendomi anche in contrapposizione al Guru, ritenendo la sua severità immotivata od esagerata.. “In fondo bisogna essere compassionevoli con tutti gli esseri, animali compresi, perché Baba ha manifestato tanta severità?” Dicevo fra me e me sentendomi io stesso più buono del Guru…
Il caso volle che di lì a poco tempo io stesso ricevessi una lezione esemplare sulla testardaggine e mancanza di rispetto da parte del cane Shankar. Una sera caldissima di luglio decisi di passare la notte fuori della ex stalla, nella quale solitamente dormivo, anche se fra il dentro ed il fuori, essendo le pareti composte di muretti bassi appena un metro e venti, non c’era molta differenza, ma io speravo che a cielo aperto spirasse un po’ di venticello che mi desse refrigerio e scacciasse le fastidiose zanzare che mi perseguitavano ogni notte. Siccome dentro la stalla dormivo sul pavimento in cemento e fuori avrei dovuto sdraiarmi sulla terra andai a chiedere al magazzino una stuoia in vimini spiegandone la ragione. Il magazziniere, forse già sospettando qualcosa, si raccomandò che l’indomani restituissi la stuoia come l’avevo ricevuta. Io un po’ meravigliato per la pignoleria affermai che sarebbe stato così e afferrai il rotolino già alquanto consunto che mi avrebbe fatto da giaciglio e me ne andai.
Giunta la sera, tutto contento, mi accinsi a cercare uno spazio comodo sulla spianata antistante la stalla, presi un paio di longi (lenzuolini leggeri, che avevano varie funzioni, ivi compresa quella di gonnellino, scialletto ed asciugamano) e mi sdraiai beatamente a contemplare il cielo stellato… mi sentivo in paradiso!
Ma la mia goduria fu di breve durata, di lì a poco apparve sulla scena il grosso cane Shankar, il quale memore delle simpatie da me dimostrate nei suoi confronti si mise subito a saltarmi addosso ed a balzellare sul mio corpo… avevo un bel cercare di scansarlo.. niente da fare non sentiva ragioni.. continuava tutto il tempo a spiaccicarmi e mordicchiarmi senza ritegno. Mi alzai, lo scacciai ripetutamente ma lui restava lì dappresso ed appena giacevo mi ripiombava addosso, uno sfinimento senza soluzione alcuna.. Alla fine mi arresi, smisi di reagire e mi sottoposi alla mercé di Shankar, restai immobile sperando che con il mio fermarmi anche lui si sarebbe fermato… Ma non fu affatto così… Egli prese a sbrodolarmi sulla faccia ed in tutto il corpo.. poi, visto che ormai non mi muovevo più, cominciò ad addentare e rosicchiare i miei longi.. ed ovviamente se la prese con la stuoina, che anzi sembrò particolarmente di suo gusto tant’è che la ridusse a minuti brandelli, salvo la parte coperta dal mio corpo sfiancato….
Altro che sollievo e refrigerio, altro che pace sotto il cielo aperto, non chiusi occhio tutta la notte, neanche un minuto, mentre il cane soddisfatto compiva la sua opera devastatrice e le zanzare imperversavano contente della mia immobilità (se avessi fatto cenno di scacciarle il cane avrebbe ripreso a tormentare il mio braccio).
Finalmente giunse il mattino, potevo così rientrare nella stalla appena aperta, ove andai a riporre i longi ed i resti della stuoia, e poi mi recai subito ai bagni per darmi una bella rinfrescata. Terminata la routine mattutina (meditazione, canti, lavoro, etc.) tornai in magazzino per restituire la stuoia avuta in prestito. Il magazziniere mi guardò interrogativo: “What is this mess?” – “It is your mat that I bringing back” – “What, watth..?” – “The fault is of Skankar, the dog.. he did all the michief..” – “But you were responsible for the mat.. non the dog..”
Insomma mi dovetti sorbettare la predica… e starmene zitto!
In seguito il cane deve averne combinata una veramente grossa perché scomparve sia dall’ashram che dal paese di Ganeshpuri in cui andava sovente a compiere le sue scorribande selvagge, probabilmente aveva fatto secca una gallina di troppo e qualche paesano l’aveva finito a bastonate.
E questo è il primo tempo. Ed ora passiamo a Vespa.
Quando ancora gestivo il circolo vegetariano di Calcata, usavo acquistare alcuni prodotti biologici da una anziana coppia di contadini di Faleria che mi fornivano di vino, verdure, olio, etc. Siccome vivevano da soli ed erano già alquanto acciaccati (operazioni varie, malattie, strascichi, etc.) avevano pensato di farsi un cane di grossa taglia per far la guardia alla casa ed al fondo. Qualcuno gli aveva procurata una bastarda nera e robusta, piena di energia. Anzi troppo piena di energia... tant’è che era completamente ingovernabile, correva appresso ai polli, scavava buche profonde nell’orto distruggendo ogni cosa. Saltellava addosso ai visitatori, senza però minimamente svolgere la funzione per la quale era stata presa: fare la guardia!
La bestia per la sua irrispettosità e incontrollabilità fu così denominata “Vespa”.
Gli anni passavano senza che si potesse far nulla per addomesticarla. Fu tenuta legata con una catena che scorreva su un lungo filo d’acciaio ma a forza di scorrere e tirare la cagna riusciva sempre a staccare la catena che si consumava sino a fendersi, una volta addirittura, tirando quando era tenuta al guinzaglio del vecchio padrone, che cercava di riportarla al suo posto, fece cadere l’anziano che si ruppe un femore. Inutile dire che i due vecchietti non sapevano più che fare, infine costruirono un piccolissimo recinto di bandoni in lamiera e vi richiusero la cagna.
Ogni volta da allora che andavo a comprare le verdure vedevo l’animale lì rinchiuso che saltellava, e mi faceva pena.. le portavo perciò qualcosa da mangiare e magari le davo pure una carezza. I vecchi continuavano a lamentarsi dicendo che non potevano più occuparsene, che dovevano andare all’ospedale e non sapevano come fare con il cane, etc. Infine presero il coraggio a due mani e mi dissero: “Beh, lì a Calcata tu hai quel terreno dove tieni tutte quelle bestie, prenditi anche questa cagna e sollevaci da questo peso..”
A quel tempo nel Tempio ospitavo diversi animali, capre, pecore, galline, papere, conigli, etc, e pure un cane a me fedelissimo e bravo di nome Herman, che aveva già una decina d’anni. Così pensai che in fondo potevo tenermi pure Vespa e che l’avrei educata io a dovere… ed inoltre avrebbe sostituito Herman, ormai un po’ vecchiotto, nella sua funzione di guardiano. Ero lì davanti alla cagna, incerto sul da farsi ma i due contadini erano così imploranti e la cagna così saltellante che infine acconsentii e presa la bestia al guinzaglio la feci salire in macchina e me la portai via……
Tirava, tirava… mai era stata avvezza a camminare affiancata, tirava e tirava. Ma io ero ancora giovane e forte e strattonandola cercavo di insegnarle l’educazione… Tirava ancora di più davanti alle pecore ed agli altri animali e compresi subito che forse l’educarla avrebbe preso più tempo del previsto.
“Poco male –mi dissi- intanto la metto qui con questa bella catena lunga e poi giornalmente la addestro, magari facendomi aiutare dal mio fedele Herman”.
Passano i giorni, passano i mesi.. la cagna tirava e tirava e di tanto in tanto scappava pure e una gallina oggi, un gatto domani, ed un coniglio dopodomani, pian piano stava assottigliano la fauna locale, in questo dando anche il cattivo esempio al pur fedele Herman. Non c’era catena che reggesse al suo sfregamento continuo. Dovetti rinforzare tutti i recinti degli animali, ma Vespa era bravissima a scavare, una vera cacciatrice indomabile. Poi accadde che Herman si prese una leshmaniosi e dopo un mesetto di agonia spirò in pace, era già vecchio e credo che il suo tempo l’avesse comunque vissuto, Cercai allora di concentrami sull’addestramento di Vespa… ma non ci fu nulla da fare… (riuscì pure a far secca una mia affezionata pecora che avevo da quando era agnellina) ed inoltre scappava fuori dal terreno per andare a far razzie negli ovili del paese nuovo di Calcata.
“Guarda… -mi disse qualche pecoraro- già abbiamo avuto danni, se la tua cagna la ritroviamo su non torna più giù…”. L’avviso era chiaro e decisi perciò di costruire un bel recinto grande con vecchie reti da letto e pali di ferro e vi rinchiusi la cagna “for good”. Ancora di tanto in tanto cercavo di portala in giro al guinzaglio nel tempio ma anch’io un paio di volte inciampai… e il ricordo del contadino faleriano e la mia età avanzata mi consigliarono infine di lasciar la cagna dove stava.. nel suo bel recinto e di nutrirla al meglio, con gli avanzi di casa, senza più toccarla. Le crocchette e le scatolette che non avrei mai comprato me le portò Luisa per quattro o cinque anni e questa fu la consolazione di Vespa, che passava il suo tempo ad abbaiare ai gatti di passaggio, che però non poteva più azzannare (solo una volta o due riuscì a scappare ed a farne secchi un paio)…
A modo sua Vespa ha pagato il suo karma e compiuto il suo dharma, nella forma migliore che le fosse possibile… quando stavo per lasciare Calcata, il 3 luglio del 2010, era bell’e morta... Ha aspettato fino all’ultimo giorno e se ne é andata mentre anch’io dovevo andarmene a Treia…
Paolo D’Arpini