Pansessualità ecologica e spirituale - "Integrare dentro, non mutare fuori"



Affresco di Carlo Monopoli

Nell'immaginifico dell'alienazione dal genere  si comincia con poco, con innocenti modellini. Prima unisex, poi bisex, infine transex e trangender e l'uomo e la donna scompaiono. Insomma l’alienazione dal genere diventa una  forma  di alienazione sociale.  La specie umana diventa una specie di alieni... Angeli o demoni che siano. 

Infatti gli angeli ed i demoni anche nella fantasia "religiosa" non hanno un  preciso genere, sono neutri e  dimostrano  un sesso ambivalente secondo la "necessità" o  l'utilità. 

Non era in questa direzione che andava   la teoria della "pansessualità", alla quale fervidamente ho collaborato (assieme al suo autore  Peter Boom),   avente lo scopo di scardinare il criterio di "preferenza"  o "normalità"  nell'espressione sessuale. Non era una lotta contro il "genere" in se stesso, bensì una ipotesi di equiparazione, di equità tra i generi, pur lasciando ad ognuno di essi le sue peculiarità e lasciando che le espressioni sessuali si manifestassero secondo le pulsioni connaturate, quali esse fossero.

Con questo "criterio pansessuale" infatti non intendevo inserire una scala di "preferenza" o di "omologazione" bensì semplicemente riconoscere quel che nella natura prende forma e si sostanzia in comportamenti naturali, riconoscibili nell'attitudine sessuale dimostrata.

L'omosessualità o la eterosessualità sono comunque espressioni della sessualità umana senza dover ricorrere alla correzione od al cambiamento chirurgico del "genere". Questa, seconde me,  è il senso dell'ecologia sessuale espressa nella teoria della Pansessualità.

Ed invece? Stiamo diventando un popolo di mutanti e ancora non lo sapevamo.

Mutiamo il genere all'esterno. Siamo trans-gender: siamo uomini che decidono di diventare femmine  e donne che hanno deciso di diventare maschi.

Ma l'essere umano  in realtà non  è esclusivamente maschio o femmina nella forma esteriore.  Nella "anima"  ognuno di noi è mezzo yang e mezzo yin. Se si fa la pace fra le due parti, anzi se le due parti lavorano all'unisono allora l'esperimento  riesce, il matrimonio interiore è una alchimia riuscita, l'unità è raggiunta. 

La chiave? 

Per cominciare volersi bene per quel che siamo senza cercare di correggerci in "funzione" di un apparire...  L'utile come affermava Bataille ha un limite e dove c'è un limite c'è una gabbia e dove c'è una gabbia c'è sofferenza.

Come ha detto una volta l'ex ministro Mara Carfagna (una volta tanto un’ex velina merita di essere ascoltata): “E’ necessario far capire che le differenze di genere  non contano ma abbiamo bisogno della collaborazione,  troppo spesso i media tentano di enfatizzare le differenze utilizzando gli stereotipi per fare audience”.

Ed infatti succede che la televisione i giornali le lobbyes "sessuali", persino i potentati politici ed economici  (vedi le  affermazioni di Goldman Sachs e compagni), con la scusa di lottare per l’accettazione del "diverso",  in verità lo  gettano in pasto all’opinione pubblica, creando  un modello da seguire, un eroe da imitare.

E questa non è "pansessualità", questa è politica omologativa.

Lorella Zanardo,   nel suo documentario  dal titolo Il corpo delle donne,  ci  fa riflettere sull’attuale rappresentazione delle donne nei media.  Il suo lavoro parte dalla riflessione di come “le donne vere stiano scomparendo dalla tv e di come siano state sostituite da una rappresentazione grottesca, volgare e umiliante.  “La perdita - continua la Zanardo - ci è parsa enorme: la cancellazione dell’identità delle donne sta avvenendo sotto lo sguardo di tutti ma senza che vi sia un’adeguata reazione, nemmeno da parte delle donne medesime”.

Se la scomparsa delle “donne vere” è dovuta alla presenza massiccia delle donne completamente rifatte o ridotte a soprammobile, o "ri-settate" (come si dice nel web),  ci  si potrebbe chiedere se con l’invasione dei trans, trangender, etc.  non stia scomparendo anche l’uomo! L’uomo inteso in generale, come individuo pensante, che ha delle cose da dire e delle riflessioni da fare, a prescindere dal suo corpo, che sia nudo o vestito, che sia naturale o rifatto, che sia in vendita o no, che sia trans o no.

Forse -saltando su un tema di attualità-   osservando il degrado verso cui la società si sta indirizzando  per via delle spinte  comportamentali indotte da una  impetuosa ed incontrollata  suggestione mediatica e internettiana  nella vita della gente (vedi anche i  flash mob unisex cretini organizzati attraverso facebook), andrebbe studiata  una "patente" di capacità operativa per chi lavora nel sociale e nella comunicazione.  Proprio come i medici hanno un organo di controllo che tutela loro ed i pazienti, così anche l'informazione pubblica dovrebbe averne uno che, se ci si comporta diversamente ai dettati di certi principi ed una certa etica, si riservi di ritirarla.

Vieppiù un tale "patentino" di capacità operativa andrebbe studiato per coloro che gestiscono la cosa pubblica  che è la  matrice del comportamento sociale,   invece di prevedere il carcere per i giornalisti che "offendono" i politici, andrebbe prevista la rimozione dei politici che non sono in grado di gestire l'ecologia sociale, l'educazione sessuale ed i costumi nella nostra società. 

Smettiamola di essere dei passivi mutanti. Qualcuno ci sta iniettando un virus: crediamo che stiano  "liberando" i nostri corpi e i nostri costumi  e invece stanno mutando le nostre menti e le nostre coscienze, rendendoci simili a  burattini.

Paolo D'Arpini


....la spiritualità naturale della vita quotidiana



Molti pensano che trattando noi  temi di  “spiritualità” dovremmo parlare  in termini “spirituali” (come solitamente si intende per questa parola).  Il fatto è che la spiritualità  non può essere scissa dalla materia, sono espressione l’una dell’altra. 

Il naturale afflato che si manifesta di fronte alla meraviglia di sé e del mondo. Quindi non ci sono argomenti specifici da trattare, e quindi si parla del più e del meno, dei propri problemi quotidiani, di come scuotersi di dosso l’indifferenza, di come riconoscerci nell’altro, nell’ambiente, nella vita di tutti i giorni, di come amarci senza aspettare di essere riamati. Insomma  la  spiritualità "laica" è solo umanità ed accettazione, è sapere che “quello spirito”  che anima la nostra forma è lo stesso  che anima il resto del mondo.  Quindi a che serve convincerci l’un l’altro della giustezza di qualche pensiero, di qualche indirizzo di vita?


Per la vostra esilarazione potrei raccontarvi come  nacque questo filone della “Spiritualità Laica”. Ricordo che eravamo al circolo vegetariano di  Calcata in un’assemblea di vari cercatori spirituali,  molti molti anni fa (a metà degli anni '90 del secolo scorso),  e cercavamo un modo di esprimere la sensazione, l’idea, di sincretismo e spiritualità naturale dell’uomo, unificando in una parola od in un motto l’immagine evocata, ad un certo punto Antonello Palieri  commentò: 
“...insomma sarebbe come parlare di una  spiritualità laica…”. 

Antonello Palieri

Quella fu un’ottima intuizione, fummo tutti d’accordo.   Sì proprio così, avvenne che  da quella battuta estemporanea, Spiritualità Laica,  utile a chiarire l’immagine di un  approccio “libero” alla spiritualità dell’uomo (ricordo anche l’altro nome “Spirito senza Frontiere” inventato da Antonio Priolo)  nacque una nuova onda… da quell’intuizione ironica per descrivere il moto spontaneo “individuale” verso lo Spirito e nello Spirito e dello Spirito.  Spiritualità Laica dunque.  

E qui inserisco un mottetto sul personaggio  da me incarnato:

Ho un cavallo per veicolo
sempre pronto
ad abbandonare armi e bagagli,
una capra, baldanzosa scudiera,
che piange e ride  e
un io-scimmia cavaliere, alquanto saggio,
con una spada di latta
che va bene solo per le sculacciate,
tanto è poco marziale…….

Paolo D'Arpini


“Il Cuore è sempre lo stesso. Lo Spirito non cambia. Vano è tentare di definirlo. Spirito-materia? Spirito-natura? Spirito-laico? Nel mondo dei concetti e delle convenzioni sociali possiamo dare il nome “spiritualità laica” a quella “nostalgia” per ciò che realmente siamo: quel Cuore." (Saul Arpino)

Società ideale nella visione spirituale di Ramana Maharshi




Sulla Comunità.  In questo decimo capitolo noi aggiungiamo la conversazione fra Yoganatha Yati e Ramana Maharshi. Certamente i cuori dei fratelli spirituali gioiranno in  essa. 

Yoganatha chiese: “Oh Maharshi Ramana! Qual’è il rapporto tra la società ed i suoi membri costituenti? Per favore illuminaci per il bene collettivo.” 

Ramana Maharshi rispose: “Una società è l’organismo; i suoi membri costituenti sono gli arti che svolgono le sue funzioni. Un membro prospera quando è leale nel servizio alla società come un organo ben coordinato funziona nell’organismo.    Mentre sta fedelmente servendo la comunità, in pensieri, parole ed opere, un membro di essa dovrebbe promuoverne la causa presso gli altri membri della comunità, rendendoli coscienti  ed  inducendoli ad essere fedeli alla società, come forma di progresso per quest’ultima. 

Yoganatha chiese: “Alcuni preferiscono il distacco e la meditazione altri il potere che deriva dall’impegno sociale. Quale atteggiamento è più utile in una società?”. 

Ramana Maharshi rispose: “La condizione della pace è per purificare la mente mentre l’espletamento dell’impegno sociale  porta ad un’autorità, o potere,  e serve al perfezionamento della società.  Avendo promosso gli interessi della società attraverso questa autorità dovrebbe esservi quindi stabilita la pace.” 

Yoganatha chiese: ” Quel’è il più alto ideale, che può essere conseguito sulla Terra, per tutti i membri della società?”. Bhagawan Ramana rispose: “La promozione del senso di universalità e fratellanza è il più alto  fine .  Con la fratellanza universale regna la pace universale, ed il mondo intero assomiglia ad una singola casa.”

Questo discorso aveva luogo il 15 agosto del 1917  in Arunachala.  
Tratto da “Chi sono io?” -  Ramana Maharshi

Fasi della "ricerca" nella Spiritualità Laica



La condizione del  cercatore della verità,  quella del neofita, viene definita in India “mumukshutwa”, che è il livello dell’aspirante, dello studioso. Perseguire con costanza e sincerità l’auto-conoscenza  si definisce lo stadio della  “sadhana”.  Aldilà d ogni concettualizzazione c’è
lo stato ultimo del “Jnani” (conoscitore del Sè). I miei studi sugli archetipi  mi hanno trasportato dall’India alla Cina,  passando  varie modalità di approccio, ed ho osservato che la stessa  “gerarchia” esiste anche lì.  Il primo stadio di conoscenza -secondo la scuola cinese- è quello
dell’indovino che analizza i dati ed interpreta le valenze. Poi segue quello del veggente che percepisce e riconosce  le energie in movimento con sensori paraspirituali. Alla fine -fioritura inaspettata-  c’è la coscienza del Saggio  che non può essere descritta (il tao che può esser detto non è il Tao).


Ed una  chiarificazione....

Anche la Spiritualità Laica, a cui solitamente faccio riferimento,  è chiaramente un’immagine, un concetto, in cui inserire tutte quelle forme naturali di “spiritualità” sperimentate dall’uomo. 

Siamo consapevoli di muoverci all’interno della concettualizzazione  dobbiamo perciò far riferimento all’agente primo  evocato  con l’idea di spiritualità. Se partiamo dalla comprensione  di ciò che viene osservato -esterno od interno- non possiamo far a meno di riscontrare che ogni “percezione” avviene per tramite della mente. La mente non può esser definita fisica, anche se utilizza la struttura psicosomatica come base esperenziale, la natura della mente è sottile, è lo stesso pensiero, ed ogni pensiero ha la sua radice nell’io. 

Quindi l’unica realtà soggettiva ed oggettiva attraverso la quale  possiamo dire di essere presenti è questo io. Chiamarlo “spirito” è un modo per distinguerlo dalla tendenza identificativa con il corpo, ed è un modo per ricordarci che la “coscienza” è la nostra vera natura. Quell’io – o spirito- che è la sola certezza che abbiamo, è l’unica cosa che vale la pena di conoscere e realizzare. Malgrado la capacità proiettiva della mente, capace di dividersi in varie forme,  mai può scindersi quell’io radice, quello spirito. L’io è assoluto in ognuno. 

Allora la spiritualità è il perseguire coscientemente la propria natura, il proprio io.  Spiritualità laica è il riconoscere questo processo   in qualsiasi forma  si manifesti.

C’è equanimità e distacco, non proselitismo sul metodo praticato (appendice marginale della ricerca).  Questa visione laica ha in sé una capacità sincretica ma anche la consapevolezza dell’insignificanza della specificità della forma in cui l’indagine si manifesta.   Si comprende che ogni “modo” è solo un’espressione dello stesso processo in  fasi diverse. Il percorso  cambia con le necessità del momento e con le  pulsioni  individuali.

E’ la  sincerità, onestà, perseveranza, che importano. Non ci sono pensieri, gesti, riti, dottrine da privilegiare.  I flussi passano la sorgente è perenne.  Sii ciò che sei, diceva un saggio dell’India, ed uno dell’occidente rispose: Conosci te stesso.  In questo girotondo intorno al Sé ogni strada è buona per stare in cerchio. Ma per uscirne fuori..?  Occorre una  conferma al  nostro esistere? No di certo, perché ognuno lo sa da sé senza ombra di dubbio. 

Questa coscienza-esistenza non è massonica, cristiana, buddista, sciamanica, zingara o chissà che, è la vera ed unica “realtà” condivisa da ognuno. A che pro  quindi ricercare un riscontro esterno - mascherato da riflessione- se ci separa nello  spirito?  Le etichette sono inutili.

Paolo D'Arpini


Sessualità naturale e sessualità "concettuale"



La sessualità “concettuale” assume forme contorte in cui la trasgressione alla norma si trasforma in ipotesi di soddisfazione puramente mentali. 

Da questo comportamento innaturale sorgono due aspetti, il primo è la perdita della naturalezza e dello stimolo sessuale vissuto con innocenza, l’altro è l’adattamento alle tendenze immaginate con conseguente accettazione della sessualità deviata. Mi spiego meglio. 

Oggigiorno sembrerebbe che la libertà sessuale sia un fatto acquisito nella nostra società, ma ciò avviene solo in forma virtuale, massimamente nelle immagini e nelle prefigurazioni, il che significa che la sessualità non è più vissuta come un fatto naturale, come mangiare bere dormire evacuare respirare, bensì come uno sfogo alle frustrazioni ed un compensativo all’incapacità di provare attraverso il sesso quelle emozioni che solitamente dovrebbero accompagnarlo. 

Il sesso è diventato un prodotto di consumo.

Come tale si vende nei giornali, nelle televisioni, in internet, nelle strade, nelle discoteche… oppure se non si può acquistarlo lo si ruba, sotto forma di stupro e violenza o di onanismo da pornografia.

Anticamente la sessualità era “trasmessa” al momento opportuno, come una qualsiasi “conoscenza” (sia pur innata)  da comprendere nelle sue sfaccettature ed abilità, ciò avveniva in forme sacrali in modo che la sessualità venisse riconosciuta come un dono ed una bellezza della natura. Ciò potrebbe sembrare “amorale” secondo il giudizi morale della nostra società perbenista ed ipocrita, ma la morale finta porta solo alla perversione mentre l’amoralità mantiene la società umana in una condizione di naturalezza ed innocenza.

Mi sovviene del giovinetto Krishna, un’incarnazione divina, che amoreggiava con Rada, anch’essa considerata incarnazione della madre divina. Krishna avrà avuto 14 o 15 anni mentre Rada, che era pure sposata, ne aveva molti più di lui… eppure entrambi sono venerati in India come il simbolo dell’amore “puro”, della devozione reciproca e della sessualità pulita. Noi diremmo che Rada ha fatto la “nave scuola” di Krishna ma ciò è molto, molto riduttivo ed anche stupido. Io propendo a considerarla l’impartitrice del vero amore… Questa di Rada e Krishna è una storia di cinquemila anni fa ma oggi come si trasmette l’amore?


Paolo D'Arpini

Fattore di dimenticanza cosmica e universi che rimbalzano all’infinito

“Come già dicevano gli antichi sapienti indiani: Vishnu lo conserva, Shiva lo distrugge, Brahma lo ricrea, all’infinito e per sempre. Ma, forse proprio per il “fattore di dimenticanza cosmica”, nessun universo “rimbalza” uguale (d)al precedente…” (Joe Fallisi)
La scienza comincia ad avvicinarsi sempre più alla filosofia. In effetti il pensiero metafisico e l’analisi del mondo fisico sono due descrizioni che collidono, entrambe attingono alla realtà percepibile per mezzo della coscienza.
Che gli universi fossero continuamente creati e distrutti uno dopo l’altro in una sequenza infinita è la conclusione del pensiero vedico e upanishadico, come pure di quello taoista. Tutto scorre (panta rei) tutto si trasforma tutto si scioglie tutto riprende forma. In continuo evolversi in continua trasformazione.
Come dire che la sostanza primordiale è la stessa mentre gli aspetti manifesti sono diversi. Per comprendere analogicamente questa verità basterà osservare la metamorfosi della vita su questa terra.
Non ci sono due cristalli di neve uguali, non ci sono due foglie dello stesso albero uguali, in una distesa di sabbia ogni granello è diverso, nell’umanità ogni uomo è unico ed irripetibile, persino attraverso la clonazione è stato riscontrato che esistono differenze fra il modello originale e la copia….
Insomma la vita è totalmente varia…. Questa varietà è la caratteristica dominante.. che allo stesso tempo evoca l’unitarietà di fondo…. Come avviene nell’osservazione delle figure formantesi in un caleidoscopio, gli specchietti e i cristalli sono gli stessi ma le immagini appaiono sempre diverse.
Così eone dopo eone universo dopo universo big bang dopo big bang la vita continua a manifestarsi in una policromia di colori, di forme incommensurabilmente diverse ma attingenti alla stessa matrice: la coscienza. La consapevolezza dell’Uno che si fa molti.
Questa era anche la visione del nostro filosofo e spiritualista laico Giordano Bruno. Egli aveva intuito la vera essenza, la sorgente universale, e la possibilità degli universi continuamente ricreati e paralleli.. Il fuoco d’artificio eternamente manifesto e inestracabilmente congiunto di Spirito e Materia. Che la sua intuizione non fosse stata accolta dai suoi contemporanei, e gli provocò anzi un’atroce morte, dal punto di vista del pensiero astratto e della realtà delle cose ha poca importanza… Ed inoltre, nella percezione dualistica, l’intelligenza ha bisogno della stupidità per risultare evidente.
Ciò che è vero lo è sempre e non abbisogna di conferme… è autoesistente. Come ognuno di noi può riscontrare nella sua stessa identità e senso dell’essere che non abbisogna di venire corroborata da agenti esterni.. anzi sono gli agenti esterni ad essere corroborati nella loro presenza ed esistenza dal “noumeno”, dal soggetto!
La verità non può essere raccontata poiché il racconto non è la sostanza.
Ed ora ecco un’altra faccia della medaglia, quella della visione scientistica: Martin Bojowald ha lavorato per sei anni intorno alle complicate equazioni che sorreggono la sua teoria. Oggi finalmente è potuto uscire allo scoperto su Physics Nature per dire che l’universo non è nato con il Big Bang. Quando si verificò il “grande botto” al quale si fa tradizionalmente risalire la creazione del mondo che conosciamo, l’universo esisteva già. Anzi, il Big Bang non fu altro che un “ripiegamento”, un “rimbalzo” della materia preesistente.
Uno dei limiti della teoria del Big Bang, descritta matematicamente da Einstein, è che in un dato momento tutta la materia era concentrata in un punto con volume zero e massa ed energia infinite. Secondo le leggi della fisica, impossibile. Ora gli scienziati dell’università di Pennsylvania State University, coordinati da Bojowald, dicono che prima della nascita del nostro universo ce n’era uno simile che però collassava su se stesso. Unendo la teoria della relatività ad equazioni di fisica quantistica, alla Penn State è nato il primo modello che descrive sistematicamente l’esistenza di un universo preesistente al nostro, e che ne calcola alcune caratteristiche.
Secondo il modello (Loop Quantum Gravity, o Lqg), il vecchio universo stava collassando rapidamente, fino a raggiungere uno stato in cui la gravità e l’energia erano così alte (ma non infinite, come sostenuto dalle teorie precedenti) che la repulsione reciproca ha fatto invertire il processo e ha dato vita all’universo in espansione che conosciamo oggi. Per i fisici americani, anche se molto simili fra loro, gli universi “pre” e “post” rimbalzo non erano uguali: le equazioni che li governano infatti hanno almeno una variabile differente, che Bojowald chiama il “fattore di dimenticanza cosmica”. Cioè l’assenza di almeno un parametro dell’universo “pre” nell’universo “post”. Il che impedisce anche l’infinito replicarsi di universi gemelli. (Fonte: Il Messaggero)
Paolo D'Arpini