Intorno
al 1849 il professore nord-irlandese William
Thomson
mise in evidenza l’opera quasi dimenticata dello sfortunato
ricercatore francese, morto a 36 anni di colera, Sadi
Carnot: “Riflessioni
sulla Potenza Motrice del Fuoco”.
L’intelligente
fisico francese aveva mostrato che una macchina termica, come una
macchina a vapore (o anche un moderno motore a scoppio, o Diesel) non
potrà mai trasformare il calore integralmente in lavoro utile. Il
rendimento sarà sempre inferiore al 100%. Thomson riteneva che ciò
contraddicesse l’equivalenza calore-lavoro, perché riteneva
(erroneamente) che il lavoro meccanico della macchina dipendesse dal
semplice passaggio dell’intero calore erogato da una fonte di
calore più calda verso una più fredda. Tutti gli appunti di Carnot,
che avrebbero potuto meglio chiarire il suo pensiero, erano stati
bruciati per ragioni igieniche.
La
questione fu brillantemente risolta da un fisico e matematico
tedesco, Rudolf
Clausius (1822-1888),
professore a Berlino, Zurigo, Wurzburg e Bonn, che si può certamente
considerare uno dei padri fondatori della “termodinamica”.
Nella sua opera del 1850 “Sulla
Forza Motrice del Calore”
Clausius affermò correttamente che, benché lavoro e calore siano
equivalenti (Primo Principio), il lavoro nella macchina termica è
prodotto dal consumo di una parte del calore generato dalla fonte più
calda, mentre un’altra parte andrà sempre necessariamente
sprecata (ad esempio, ciò avviene nei moderni motori a scoppio nei
gas di scarico caldi).
Questo avviene perché non
si può trasferire senza un lavoro esterno calore da un corpo più
freddo ad uno più caldo.
Ne consegue che la maggior parte dei processi di trasformazione
dell’energia sono irreversibili, nel senso che le energie più
nobili, meccaniche, elettriche, chimiche, tendono a trasformarsi
nell’energia più degradata, il calore, mentre il processo inverso
non può avvenire spontaneamente (è necessario un lavoro esterno).
Queste considerazioni, espresse in maniera parziale da Carnot, furono
sviluppate e trasformate da Clausius in un principio generale della
fisica (Secondo
Principio della Termodinamica)
Clausius
sviluppò inoltre (tra il 1850 ed il 1860) la fondamentale Teoria
Cinetica dei gas
– espressa nello scritto “Trattato
sulla Teoria Meccanica del Calore”
- in cui i gas sono studiati come una massa di particelle (molecole)
dotate di moto caotico che cozzano continuamente tra loro
determinando alcuni effetti esterni, come la pressione e la
temperatura. Egli introdusse alcuni concetti fondamentali, come il
concetto di “libero
cammino medio”
della molecola (cioè tra un urto ed il successivo) e intuì che,
oltre ai moti traslazionali, esistevano anche moti di rotazione e
vibrazione della molecola. In questo settore precedette gli analoghi
studi di Maxwell,
Boltzmann
e Gibbs,
di cui parleremo nei prossimi numeri.
Partendo
da questa teoria, egli dimostrò che i fenomeni termici, legati a
calore e temperatura, sono dovuti ad un maggiore o minore movimento
delle molecole: una temperatura maggiore e lo sviluppo di calore sono
legati al fatto che le molecole si agitano più velocemente. Questo
modo di vedere metteva in crisi la teoria del “calorico”
sostenuta anche da Lavoisier,
Laplace
e Carnot,
secondo cui il calore è un fluido che si insinua tra gli atomi e che
si espande quando sale la temperatura. Questa visione era già stata
contestata in passato dall’intelligente fisico americano Benjamin
Thompson
(1753-1814), di cui già si parlato al numero precedente, in una sua
memoria del 1798, “Un’Inchiesta
sulla Fonte del Calore eccitato dalla Frizione”,
in cui – avendo osservato la grande quantità di calore prodotta
dalla trapanazione del piombo per fabbricare cannoni – aveva
giustamente attribuito la produzione di calore all’attrito
meccanico. Nel ‘600 e nel ‘700 già Bacone,
Newton,
il
medico olandese Boerhaave
e l’ecclettico Cavendish
avevano ipotizzato l’origine meccanica del calore. Gli esperimenti
di Joule sulla produzione di calore da correnti elettriche e
mulinelli meccanici avevano definitivamente dimostrato la falsità
della teoria del “calorico”. Anche un altro fisico ed ingegnere
scozzese , il già ricordato William
John Rankine
(1820-1872), fu sostenitore dell’origine meccanica del calore
dovuta a movimenti - come piccoli vortici - a livello atomico e
molecolare. Simili teorie furono sostenute anche da John
James Waterston
(1811-1892), ma un suo scritto del 1843 era stato rifiutato dalla
Royal Society(4).
Sviluppando
le idee di Carnot, Clausius dimostrò che vi è una
tendenza naturale nell’Universo ad un aumento dell’agitazione
molecolare che porta verso una situazione di maggiore disordine,
dovuta al fatto che la maggior parte dei processi naturali sono
irreversibili. Per misurare il “grado di disordine”
dell’Universo, Clausius introdusse il concetto di “Entropia”
dalla parola greca antica “trope” che significa trasformazione.
Mentre l’energia complessiva dell’Universo rimane costante
(principio già enunciato da Cartesio con riferimento alla “quantità
di moto” e più correttamente da Leibniz con riferimento alla
“forza viva”), il fatto che però le energie nobili decadono
verso quella termica in una serie di processi irreversibili ha come
conseguenza che l’entropia, cioè il disordine, crescano
continuamente fino ad un futuro generale collasso “termico”
dell’Universo verso una situazione di caos assoluto. Solo nei
processi “reversibili” (quelli cioè in cui si può tornare
indietro) l’entropia rimane costante. La misura della crescita
dell’entropia (indicata con la lettera S) in un processo è molto
semplice dato che essa è definita semplicemente come il rapporto tra
il calore prodotto (Q) e la temperatura
assoluta
(T) in ogni istante: quindi S = Q/T. La scala della temperatura
assoluta (detta anche scala
Kelvin
dal nome del suo ideatore) parte dallo “zero
assoluto”,
minimo limite inferiore cui la temperatura può tendere, pari a circa
-273 gradi centigradi.
Altri
noti risultati ottenuti da Clausius sono stati: il “Teorema
Viriale”
del 1870 (da “vis”= forza), che lega l’energia cinetica con
quella potenziale in un sistema di particelle elementari, e
l’equazione
di
Clausius-Clapeyron
che lega tra loro la pressione, la temperatura, il volume e il calore
(detto “calore
latente”)
necessario ad una trasformazione di una sostanza da solido, a liquido
e a vapore (per esempio la trasformazione del ghiaccio in acqua
liquida o vapore). Emile
Clapeyron
(1799-1864) fu un fisico ed ingegnere francese, che operò nel
settore ferroviario e svolse anche studi di Scienza delle Costruzioni
relativi all’equilibrio interno dei solidi omogenei.
Il
principio generale di trasformazione irreversibile del mondo
annunciato da Clausius ha un carattere non solo fisico, ma più
generalmente filosofico ed era stato già enunciato sotto altre forme
da alcuni valenti filosofi antichi che non ci stancheremo mai di
ricordare, come Eraclito e Democrito: quest’ultimo aveva previsto
anche il collasso finale del mondo alla fine di un processo di
continua trasformazione, salvo la possibilità che si creassero poi
nuovi mondi. Ovviamente nessuno spazio viene lasciato in queste
grandiose concezioni materialiste a miti come quello della creazione
di origine divina, a interventi della “Provvidenza”, esistenza di
Paradisi o Inferni, o Giudizi Universali finali.
Vincenzo Brandi
- L. Geymonat, “Storia del Pensiero Fil. e Sc.”, opera cit. in bibl.
- RBA, “Le Grandi Idee della Sc. – Kelvin”, op. cit. in bibl.
- RBA, “Le Grandi Idee della Sc. – Boltzmann” op. cit. in bibl.
- RBA, “Le Grandi Idee della Sc. - Cavendish”, op. cit. in bibl.
- RBA, “Le Grandi Idee della Sc. – Lavoisier”, op. cit. in bibl.
- C. Singer , “Breve Storia del Pensiero Sc.”, op. cit. in bibl.