“Noi dovremmo occupaci solo di compiere azioni consone e giuste senza considerare l’uso buono o cattivo che ne deriva...“.(Saul Arpino)
Ed ecco la prova:
“Noi dovremmo occupaci solo di compiere azioni consone e giuste senza considerare l’uso buono o cattivo che ne deriva...“.(Saul Arpino)
Scrisse Emil Cioran: “Più facciamo progressi interiori più diminuisce il numero di coloro con cui possiamo realmente comunicare”. Certo, ritenersi un "eletto" per qualche esperienza spirituale, per altro vissuta senza alcun particolare merito personale, è una fermata nella ricerca di Sé. Sostiene il senso di separazione. Questo atteggiamento dovrebbe farci riflettere e considerare la nostra impossibilità di comunicare l'esperienza da noi vissuta e quindi a che pro volerla comunicare? Ma nella storia abbiamo avuto numerosi esempi di saggi che hanno fatto di tutto per comunicare la propria esperienza spirituale, magari nella consapevolezza che era solo una epressione della coscienza nella coscienza. Forse questi saggi percepivano che è completamnete futile cercare di comunicare ciò che nemmeno loro avevano avuto la scelta di sperimentare. Erano semplicemente spinti da una forza superiore, la stessa che aveva loro concesso l'esperienza di Sè. Per questa ragione i saggi non sono toccati dall'illusione di voler comunicare alcunché, considerando le proprie esperienze come un "raggiungimento" che si può trasmettere agli altri. Ciò non toglie che comunicare è una delle attività degli esseri viventi, la coscienza continuamente trasmette e si fonde nella coscienza. La coscienza è assoluta in se stessa e non possiamo assumerne il copyright. Questa assunzione si chiama "ego". Eppure un senso c'è anche in questo, fa parte del gioco della coscienza, altrimenti non staremmo qui a discuterne...
Paolo D'Arpini
Commento di Giovanni Lambertini: "Non so, ma poi chi può dire di sé: "sto facendo progressi interiori"? Se lo dice, è la prova stessa che non li sta facendo, per me. Nel mio caso il mio silenzio temo celi più che altro un senso di inadeguatezza vero, intimo, di fronte agli altri e al mondo. Non son progressi, sono solchi..."
Commento di Paolo Gentili: "Ma che vuol dire "fare progressi interiori"? Estrapolare una frase dal contesto la rende spesso generica o non univoca. Il pessimismo di Cioran si rivela in questa affermazione di incomunicabilità esistenziale. Rimane il fatto che ognuno di noi per vivere ha bisogno degli altri. Da qui lo sforzo di comunicare per aiutarci nella difficile lotta per l'esistenza e la sopravvivenza. L'individuo è esistenzialmente solo eppure alla ricerca dell'altro di cui ha bisogno per sopravvivere e riprodursi..."
Vendetta
Secondo la lettura esoterica della vicenda umana siamo dentro la dimensione del male. Tutta la storia, così come comunemente la intendiamo, è storia del male. Il diavolo cristiano, le egregore esoteriche, i voladores toltechi non sono invenzioni della fantasia, non sono parole di ciarlatani, né suggestioni buone per il pasto degli ignoranti. La loro presenza ha l’età delle più antiche scritture degli uomini. Già nei Veda – ca. XX secolo a.C. – l’argomento è centrale. Si tratta piuttosto di entità che si nutrono della nostra energia. Vampiri metafisici il cui scopo è indurci a vivere cattivi sentimenti e a provare cattive emozioni. Così facendo dominano il nostro campo d’azione che in una parola può essere chiamato Io.
L’Io è l’espressione di una personalità che si ritiene – consapevolmente o inconsapevolmente – separata dal resto della realtà, dal mondo, dal cosmo.
Così, quando la nostra dimensione è limitata dalle maglie dell’egoismo siamo obbligati al dualismo, al meccanicismo, al materialismo, alla loro scienza e, soprattutto, alla perpetuazione della Storia così come comunemente la riconosciamo, sia essa intesa come storia umana, generazionale, personale: una spirale senza inizio né fine di salti e interruzioni, ognuno dei quali a ben guardare sottostà alla logica egoica. Ognuno dei quali rispetta la dinamica energetica della vendetta.
Come si procedesse a scatti le epoche personali, generazionali e storiche si susseguono contraddicendo consuetudini e valori dei loro stessi padri. L’illuminismo ha rinnegato la storia precedente senza apprezzarne le ragioni che l’hanno indotto a generarne di nuove; le rivoluzioni filosofiche, politiche, culturali abbattono il contesto dalle quali sono state generate.
Se egoico riferisce l’Io in quanto entità, dominio, campo, concezione, a suo modo è impersonale o generale. Egoismo allude invece al presunto ed inconsapevole o scontato diritto di operare per prevalere su altri egoismi, su altra personalità, su altre persone, su altre unità. Con fare egoistico si svolgono le vite individuali di quasi tutti noi. E, necessariamente, anche tutti gli enti sociali e le istituzioni che creiamo. Individualmente ci opponiamo al nostro prossimo e non perdiamo occasione per offrirgli la nostra disapprovazione. Un’azione che origina dalla propria concezione, atta a dimostrare un diritto superiore, che genera separazione, segue la via del male. Diverso è quando la disapprovazione è sostituita da una rinuncia ad eleggersi detentori del vero, ovvero quando la propria attenzione opera il riconoscimento dell’altro nella sua natura e dignità d’essere, nella sua identicità sostanziale a noi.
“Si tratta di rinunciare persino alla rinuncia, di liberarsi dallo stesso desiderio di perfezione, che può essere una forma di egoismo raffinato, e di credersi superiore agli altri”1.
La disapprovazione e il suo implicito giudizio negativo e squalificante non è nient’altro che una forma di vendetta all’acqua di rose. La cui sostanza però, semplicemente in percentuale maggiore, è la medesima di colui che per soddisfare se stesso compie scelte e atti di sopraffazione nei confronti dell’atro. Dinamiche che conosciamo individualmente tutti. Ne seguono prevaricazioni, menzogne, falsità, inganni, coercizioni, impiego della forza fisica e metafisica, umiliazioni, violazioni, vessazioni, ingiustizie, pretese, diritti. Che li compia un individuo o una delle istituzioni da esso create nulla cambia nella sostanza. Neppure attraverso il moralistico diritto di stato e tutti i suoi fratelli minori. Se lo spirito dell’Io anima la sua missione di dominio, la vendetta appare come lo strumento disponibile allo scopo. In questi termini è il motore della storia, il deus ex machina della nostra vicenda nel piccolo e nel grande. Lo è stato nel passato e lo sarà nel futuro. La collana aumenta così, inesorabilmente, le sue perle. Da quelle semplicemente meschine a quelle orribilmente sorprendenti, ma tutte composte dalla medesima molecola della separazione.
Ragione e fede
Ma non sembra che tutto ciò preoccupi gli uomini. È una conseguenza però di quel dominio satanico citato all’inizio. Esso opera per impedirci di scorgere la porta stretta della conoscenza, come ebbe a dire il Cristo. Attraverso essa gli uomini possono accedere al regno dei cieli, ovvero a quella dimensione sottile in cui si vive l’unione con il Tutto. In cui attraverso il sentire percepiamo le più sottili energie di conoscenza appunto.
Forse l’accesso all’uscio sottile è riservato a pochi, forse è da concepire disponibile a chiunque. Certo è che ognuno con il proprio gradiente di talento specifico più realizzare il proprio percorso. Come ogni scalatore frequenterà solo le difficoltà ad esso idonee. Così come ogni uomo può compiere tutte le azioni e essere adepto a tutti gli insegnamenti.
Perdono
Accettazione è il termine con il quale una generica referenza della cultura orientale precisa un indice evolutivo dimostrativo della liberazione dai vincoli egoici e dalle imposizioni egoistiche. Si tratta di essere nella realtà non attraverso il proprio giudizio, ovvero di creare una realtà che non subisca l’onta fangosa di noi stessi. Un’epochè fondata sulla consapevolezza dell’illusione dualista, e radicale, in quanto necessaria all’evoluzione. Che nulla ha a che fare con l’astensione dal giudizio. Essa allude alla non identificazione di noi stessi con il nostro giudizio.
Dall’altra parte del mondo, dalla Mesoamerica, l’accettazione assume la sua presenza e la sua forza in occasione dell’emancipazione da ciò che viene detto Importanza personale. Latitudini lontane e opposte ma medesima proposta evolutiva.
“Rendersi conto che le cose più fondamentali della realtà sono fuori dalla giurisdizione del pensiero e della volontà costituisce per molte culture l’inizio della maturità”2.
Essere liberi da se stessi, dal conosciuto è un passo compiuto verso l’infinito o regno dei cieli che sia. È una modalità di superamento della storia così come credevamo fosse e non potesse essere altro. È la disponibilità di tutte quelle energie che il male ci succhiava portandoci a credere di essere qualcosa o qualcos’altro. Obbligandoci a vivere in uno degli opposti a pensare che una verità superiore sia raggiungibile e potesse definitivamente annientare la parte altra. Obbligandoci perciò a crederci liberi nonostante ci concedesse soltanto i movimenti limitati al piano della giostra che avevamo scambiato per vita vera.
Nel nostro contesto, cristiano, è il Perdono a contenere le doti necessarie a condurre la Storia personale e umana verso le vibrazioni superiori, non si tratta di un’esperienza intellettuale, non serve un’ideologia per compierlo, per esserlo. Non si tratta neppure di un imperativo morale – questa volta cristiano nella sua comune accezione bigotta che nulla ha a che fare con la parola di Cristo – da rispettare pena il peccato e l’inferno. Quest’ultimo, uno stato, una dimensione prima di divenire luogo che ognuno può descrivere e tracciare secondo il proprio gradiente di talento artistico. Si tratta piuttosto di un’espressione naturale in quanto consapevolezza incarnata dell’illusione materialistica, positivistica, meccanicistica, razionalistica. Illusione in quanto catena al corpo morto dell’ego, verità in quanto deus ex machina del male e dell’inferno.
Perdono dunque come viatico per attraversare la porta stretta. In quanto piena consapevolezza che siamo universi diversi, che i sentimenti, le esigenze, la biografia di ognuno, se entro il quadrato del dualismo non può che dare vita a relazioni di irreversibile conflitto.
Evoluzione
Perfino il pensiero occidentale, prima con Nietzsche (Übermensch) e poi con la Fenomenologia di Husserl, è arrivato ad ammonirci su cosa significhi pensare che la realtà sia qualcosa di diverso da una nostra creazione. Nonostante la portata della loro chiarezza la marea egoica ci sommerge ancora dalla nostra natura divina, da noi stessi, dalla possibilità di andare oltre la storia così come l’abbiamo conosciuta, di vivere una vita paradisiaca, di essere Uno con lo spirito della vita. E con loro Jung. Con il suo Principio di individuazione ha, anch’egli – insieme a non pochi esoteristi, senza contare scuole e tradizioni egualmente orientate – evidenziato l’illusione della storia egoica.
In coda alla speciale classifica della conoscenza, sempre l’Occidente e in particolare la fisica quantistica hanno incrinato le definitività della meccanica classica. La realtà non si compone solo di parti separate e misurabili, essa è entro la relazione e, come questa, varia. Il quantificabile e tutte le due forme sono il manifestato materiale di uno spirito unico. Anche con essa possiamo comprendere quanto la cultura di separazione nella quale siamo cresciuti e abbiamo elaborato il nostro vero, sia arbitraria se dal campo amministrativo lo trasferiamo a quello relazionale, umano appunto. Anche essa ci dice che tutto è Uno.
Come ce lo dice la Pnei (Psiconeuroendocrinoimmunologia) non potremo più separare il corpo fisico dal vissuto che lo abita. Non potremmo più credere che cattivi sentimenti, egoici ed egoistici comportamenti non contino nulla: essi sono all’origine di patologie, malesseri e perpetuazione di vite dolorose. La paura, il rancore, l’odio, l’arroganza, l’invidia e i vizi capitali nel loro complesso sono le forme delle gabbie diaboliche. Nostro progetto di vita è prenderne coscienza e liberarcene. L’evoluzione nostra, e soprattutto sociale, è liberarsene. Come i terrazzamenti di una montagna non sono stati compiuti dal lavoro di uomini che pensavano a se stessi ma ai propri discendenti. In quella visione ampia ed aerea essi trovavano la forza per sostenere la fatica delle loro vite.
Quella che ormai, per alcuni, può essere definita la cantilena dell’uomo nuovo, del nuovo paradigma, è a tutto ciò che allude. Secondo quella che oggi, gli spiriti limitati entro corpi di sola materiale, è considerata un’utopia, l’uomo nuovo non avrà bisogno di lottare per la democrazia, di occuparsi dell’ambiente, di torturare il capitalismo per dimostrare che da esso non può uscire alcuna goccia di verità, di domandarsi le cause dei propri malesseri e malattie. Non sente l’esigenza del proselitismo. Sa che la meta non è la meta ma il cammino. Condivide, il pensiero di René Girard (1923-2015) ovvero, che si procede per emulazione e l’esempio di donare è tutto ciò che possiamo permetterci. Tutto ciò su cui possiamo contare. L’uomo del nuovo paradigma esprime amore, gratitudine, salute, solidarietà e fratellanza, unione. Esprime cioè un fatto che oggi sappiamo solo nominare senza essere in grado di esserlo, né sospettare lo si possa essere, se non per piccoli frammenti della nostra vita. Questi sì, prova provata di dove possiamo evolvere.
Lorenzo Merlo - force@victoryproject.net
“Il compito può essere affascinante, e questo è ciò che io definirei creatività: il superare l’inerzia della mente e della storia”.3
1 Raimon Panikkar, La nuova innocenza, Gorle (Bg), Servitum, 2003, p. 17.
2 Raimon Panikkar, La nuova innocenza, Gorle (Bg), Servitum, 2003, p. 19.
3 Ramon Panikkar, La porta stretta della conoscenza. Sensi, ragione e fede, Milano, Rizzoli, 2005
Testo Inglese:
To be aware of our beingness is meditation. We have understood what we are; keep that in mind. Unless the intellect understands it, the heart will not accept it. Always be aware that you are not the body, you have no form.
Do you know how you were before acquiring the body?
This knowledge is conveyed to you to remove body-consciousness. Your body is not the form of the Self. To think that the body is one’s form is ego. One who understands this becomes Brahman.
The Guru-mantra should be continuously repeated at all times. With practice, even poison can be digested. Try to form the habit of sitting down in meditation. Increase it by a minute every day. There is nothing impossible in the world if you are determined. The world-phenomenon is made of our own vital force. Nothing is impossible for it. Rituals continue so long as you do not know who you are. It is easy to be someone different, but to be of the nature of Paramatman is very difficult.
It is ignorance to think that you are a human being subject to karmic laws. Consciousness is covered by the body. It is so because of ignorance. It is that by which we know ‘we are’. Since you are not the form of the body, it is a delusion to think that you will die. Our true nature is of One who knows consciousness in the body. We are the knower of consciousness, without words.
Many actions take place after acquiring worldly knowledge. Yet that is not the knowledge of one’s own nature. One should understand that our true nature is without activities, beyond birth and death. That which knows consciousness is changeless. What we know through our consciousness is not our true nature. It keeps changing. What is known without knowing never changes. That which is true is eternal. That which is eternal is the Truth.
Consciousness is God. Consciousness, world and God are time-bound and, hence, temporary. It can be said that God is of the nature of the universe. However, what is seen or felt will come to an end someday. Your true nature is neither seen nor felt. Hence, it is not time-bound. A rare one out of millions may know this.
Consciousness that has taken itself as the body is ignorance. The knower of this is eternal. It has no tenure of life. It is pure non-duality. After having heard this, see where you stand. Your true nature has no experience of wakefulness or sleep. In the beginning you have to realize that you are consciousness. In the end you are not that either. Our talk is material knowledge. The characteristic of the material (food essence) is consciousness. The effect of the food essence is beingness. The body is an object. You are not that.
One who is purified is God. The jiva is the essence of food. The realization ‘I am not the body’ is the end of objective knowledge i.e. ‘I am like this’, etc. What is important is the discrimination between eternal and transitory. Do not run after concepts. Do not try to be what you are not. Otherwise, you will again be wrapped up in concepts. Do not accept any worthiness. Do not qualify yourself. Your actions and their results are neither true nor everlasting. A rare one who is not deluded by the body-form will understand this. He knows that the world is born within his consciousness.
Do not be despondent. Take courage. Recognize all this and go about your daily living. You will understand that sorrow is like a child’s plaything. The first thing each being feels is that ‘it is’. It is time-bound. One who gets this knowingness is eternal. What rises, also sets. The knowingness quietly ends and all is peace.
You are the knower of That which transcends time.
That which is timeless is surely known to you, but you do not have time to discriminate. That which is unknown to the mind exists prior to the feeling ‘I am’. The birth of mind can be called the birth of God or Brahman – the manifest. The influence of Brahman – the creation, is very tortuous. Only the Sadguru can remove it. Therefore, keep the Guru’s word. Then you will not be harmed by this influence. Insist that you are God. Through Him, go beyond Him. All this is material knowledge. Remember that you are not an object. One who is beyond any qualities, beyond the feeling ‘I am’, is timeless. Time comes and goes, but the eternal Truth is as it is. It has no color, no design. It is timeless. It is neither small nor big. One who understands this gives up all ideas of worthiness and becomes the smallest of the small.
Body-consciousness is a misery. One who entertains doubts about the Guru will not get peace anywhere.
Nisargadatta Maharaj