Sulla
figura di Engels
(1820-1895), come su quella di Marx, sono stati scritti fiumi di inchiostro.
Quindi cercheremo di limitarci ad accennare per sommi capi
all’attitudine dell’amico e compagno di Marx, non solo all’azione
politica nella prospettiva dell’instaurazione di una società
socialista, ma anche ad inquadrare le questioni politiche e la storia
umana nel più ampio alveo della storia naturale. Il suo tentativo è
stato quello di fornire al movimento operaio una propria filosofia
della storia e della natura (definita “Materialismo
Dialettico”).
Sono noti infatti gli interessi di Engels per le questioni dello
sviluppo delle scienze naturali, oltre che per le questioni
economico-politiche.
In un precedente numero dedicato a Marx abbiamo sottolineato il contributo decisivo di
Engels sia per quanto riguarda lo studio degli economisti classici
britannici, sia per la celebre inchiesta condotta sulla “Condizione
della
classe
operaia in Inghilterra”
il paese più sviluppato dell’epoca. Engels potè usufruire di un
punto di vista privilegiato in quanto lavorò negli anni ’40 come
amministratore nella fabbrica di Manchester di proprietà del padre,
dove conobbe anche la compagna della sua vita, la semplice operaia
irlandese Mary
Burns.
Dopo
la stesura del famoso “Manifesto
del Partito Comunista”
a Bruxelles insieme a Marx (1848), e dopo il fallimento della
rivoluzione del 1848, e le difficoltà riscontrate dalla Prima
Internazionale (1864-1876) anche a causa dei contrasti interni tra
comunisti ed anarchici, anche Engels si dedicò al lavoro teorico,
senza però trascurare di intervenire nel dibattito interno alla
Seconda Internazionale (nata nel 1889) ed alla Socialdemocrazia
tedesca in cui prendevano sempre più piede istanze revisioniste e di
compromesso politico. Decisivo è stato il suo apporto per la stesura
finale e la pubblicazione della seconda e della terza parte del
“Capitale”
nel 1885 e nel 1994, dopo la morte di Marx.
In
questa sede ci preme sottolineare l’apporto dato da Engels allo
sviluppo della filosofia della scienza (uno dei suoi primari
interessi) con due opere: “Anti-Dhuring”
del 1878 in cui attacca le posizioni del filosofo Dhuring
(1835-1921), sostenitore del fatto che pensiero e realtà sono
antitetici e che entrambi derivano da una misteriosa realtà “più
profonda”, e “Dialettica
della Natura”,
scritto tra il 1873 ed il 1883, ma tenuto per decenni in un cassetto
dal socialista revisionista Bernstein
e pubblicato un prima volta solo nel 1925 dopo un parere favorevole
espresso dal grande Einstein
cui lo scritto era stato sottoposto.
Engels
ritiene che il pensiero sia un riflesso della realtà esterna e che
pensiero e realtà debbano essere in sintonia, fatto possibile perché
sono fatti della stessa natura materiale (affermazione che ricorda
l’affermazione dell’antico filosofo Empedocle
a proposito della conoscenza sensibile: vedi N. 5). “Il pensiero
deve incontrarsi con l’essere” (cioè con la realtà obiettiva)
scriverà nella sua ultima opera del 1886: “Feuerbach,
punto d’arrivo della Filosofia Tedesca”.
La realtà esterna, cioè la “natura”, è in continua
trasformazione ed ha una sua “storia”. Parallelamente anche la
conoscenza scientifica si evolve, per cui – contrariamente a quanto
affermato da Kant – le categorie fisiche (come spazio, tempo,
causa) non restano “fisse”, ma si evolvono sulla base
dell’esperienza e delle nuove scoperte. Engels – come Mach,
di cui parleremo in un prossimo numero – rivendica la necessità di
sottolineare il carattere “storico” delle categorie scientifiche
e delle varie teorie. Ritiene la realtà “infinita” e quindi
difficile da abbracciare nella sua totalità, ma ha fede nei
progressi della scienza, che ci avvicina sempre più ad una visione
completa del mondo attraverso nuove scoperte e l’evoluzione delle
teorie (posizione che gli ha attirato accuse di “positivismo”).
Respinge qualsiasi posizione agnostica, come quella espressa dallo
scienziato contemporaneo Emil
du Bois-Raymond,
che ritiene che la natura ci riservi enigmi inconoscibili
(atteggiamento comune anche a moderni fisici quantistici). Afferma la
necessità per lo scienziato di essere sostenuto da una robusta
filosofia della scienza che lo salvi dal pericolo di adottare banali
pseudo-filosofie di moda. Critica, ad esempio, il ricorso ad un
esasperato meccanicismo, soprattutto nel campo biologico, lodando la
visione evoluzionista di Darwin.
La
visione evoluzionistica della natura (e della stessa scienza che ne
deriva, a causa delle nuove evidenze sperimentali) è definita dal
nostro autore “dialettica”.
Engels ritiene di poterne enunciare le regole, derivate direttamente
dal filosofo idealista Hegel,
di cui Marx ed Engels si ritenevano continuatori, salvo il dichiarato
“rovesciamento”
tra pensiero, idee e realtà:
-le
variazioni di quantità si trasformano in variazioni di qualità,
-la
natura si manifesta come principi opposti che si compenetrano;
-la
negazione di un principio è soggetta ad una negazione della
negazione da cui nasce un principio nuovo.
E’
questa la parte più discussa e discutibile del pensiero del grande
esponente della cultura e della politica europea, le cui tesi (come
del resto quelle di Marx) andrebbero sempre affrontate con spirito
laico, anche da chi ne condivida le idee politiche. Lo stesso
Ludovico
Geymonat,
grande sostenitore di Engels, avanza qualche perplessità per i
pericoli di nascita di un nuovo dogmatismo, pericoli che si sono ad
esempio manifestati anche nella parte più arretrata e dogmatica
della cultura sovietica. Chi scrive ritiene che la visione
“dialettica” di Engels – che ricorda la visione dialettica di
molti antichi filosofi della natura, come Anassimandro,
Eraclito,
o Empedocle
- trovi riscontri se applicata concretamente ad aspetti della natura
ed alle scienze naturali (oltre che alle scienze umane e politiche)
senza l’applicazione di regole un po' artificiose derivate da
Hegel. Basti ricordare l’evoluzionismo
darwiniano e l’interpretazione fisico-filosofica data da grandi
scienziati come Boltzmann
al Secondo
Principio della Termodinamia
attraverso la definizione del parametro “Entropia”
che cresce irreversibilmente e continuamente nell’Universo che è
in continua trasformazione (di questo ci interesseremo in prossimi
numeri). Bisogna evitare i pericoli di dogmatismo idealistico
derivati da Hegel (se pure “rovesciato”; ma non sempre il
“rovesciamento” riesce).
Per
concludere ricordiamo una delle più ispirate opere di Engels,
scritta nel 1884, poco prima della morte: “L’Origine
della
Famiglia,
della
Proprietà
Privata e dello Stato”,
in cui il filosofo tedesco, partendo dagli studi dell’etnologo
statunitense Lewis
Henry Morgan
(1818-1881) sulle società primitive, ci parla: della nascita della
società patriarcale “gentilizia” che pone termine alla società
matriarcale ad al ruolo privilegiato della donna; della nascita
“storica” della proprietà privata, della famiglia e dello Stato;
del ruolo sempre repressivo dello Stato, espressione sempre degli
interessi delle classi dominanti e la cui estinzione (auspicata dagli
anarchici) sarà ; possibile solo quando cesseranno i conflitti di
classe in una società più giusta ed armoniosa.
Vincenzo Brandi
L.
Geymonat, “Storia del Pensiero Fil. e Sc.”, op. cit. in bibl.
F.
Engels, “Dialettica della Natura”, edizioni Einaudi e GAMADI,
op. cit. in bibl.
F.
Engels, “Anti-Dhuring”, op. cit. in bibl.
Comitato
Scientifico GAMADI, “Materialismo Dialettico e Conoscenza della
Natura”, op. cit. in Bibl.
F.
Engels, “L’Origine della Famiglia, della Proprietà Privata e
dello Stato”, op. cit. in bibl.
Marx
K. – F. Engels, “Opere scelte”, op. cit. in bibl.
Marx
K. – F. Engels, “La Concezione materialista della Storia”, op.
cit. in bibl.