Scorrere nel grande flusso dell'esistenza...



Secondo Ramana Maharshi, tutto ciò che noi viviamo è stabilito dal momento della nascita, la nostra libertà sta nel sentirci  o meno coinvolti, reagendo con desideri o repulsioni nei confronti del vissuto in corso. Desideri e repulsioni producono forme pensiero che vengono successivamente proiettate in altre "incarnazioni" (non intendendo particolarmente  incarnazioni dello stesso ente). Queste forme pensiero insomma producono nuovi nomi e nuove forme che cercano un completamento. E' un meccanismo spontaneo dell'evolversi della coscienza nello spazio tempo. 


Comunque -sempre menzionando Ramana Maharshi: "dal punto di vista del Sé (Coscienza impersonale assoluta) non esiste progresso o regresso ma dal punto di vista della mente l'evoluzione è continua."

Ed in verità se assumiamo un atteggiamento distaccato, lasciandoci scorrere nel grande flusso evolutivo, non significa che le nostre predisposizioni non possano interagire con le situazioni. Il distacco consente una migliore prestazione. Ma anche questo atteggiamento è in qualche modo "determinato" dal processo evolutivo in corso. 

Per questo nel Libro dei Mutamenti  (I Ching) si distinguono le due tendenze:  involutiva (la via degli ignobili) ed evolutiva (la via dei nobili), come indicatrici del livello di adesione alla realtà. 

E la vita si gode quando non c'è repulsione o desiderio ma quando si persegue la propria natura con soddisfazione ed innocenza.

Paolo D'Arpini



La filosofia di Costanzo Preve...



La filosofia è un campo di battaglia, Costanzo Preve condivideva questa affermazione di Kant, naturalmente “campo di battaglia di idee”, in questi giorni constatiamo quanto tale affermazione sia negata nella sua prassi. La famiglia Preve ha dovuto difendere il compianto Costanzo Preve dall’accusa di negazionismo. La parola negazionista è tornata a circolare in quest’ultimo anno. La parola frecciata è utilizzata nella sua tragica associazione all’Olocausto per tacitare coloro che vorrebbero dialogo e maggiori e più trasparenti informazioni sullo stato attuale della pandemia. La parola “negazionista” è utilizzata, in generale, per tacitare le idee dissenzienti e coloro che sfuggono dalle maglie della gabbia d’acciaio e che si sottraggono alla ghigliottina del pensiero unico. Non è garanzia di verità sottrarsi al conformismo generale, e la ragione non è detto che stia dalla parte dei dissenzienti, ma in una democrazia ci si confronta sulle idee e sulle argomentazioni come Platone ci ha insegnato nei suoi dialoghi. L’accusa di “negazionismo” a Costanzo Preve non ha ragion d’essere alcuna.

Chiunque abbia letto i suoi innumerevoli testi non troverà mai una sola affermazione che possa essere associata al negazionismo. Costanzo Preve da libero pensatore con l’abitudine alla complessità e all’inserimento degli eventi storici all’interno di contesti e prospettive concrete ha sempre denunciato l’uso dell’Olocausto a fini politici ed imperiali. Il mondo accademico abituato alla “citatologia”, come affermava il filosofo Preve. Per Costanzo Preve l’Olocausto è stato un crimine contro l’umanità doppio: la prima volta con l’assassinio di milioni di esseri umani inermi, la seconda volta con l’uso strumentale di tale crimine per occultare crimini eguali come le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki e per congelare il presente in un tempo mitico senza futuro ed alternative.

 

Per la democrazia del confronto

Non vi sarà democrazia sostanziale fin quando non saranno riconosciuti i crimini dei vincitori e dei vinti. L’Olocausto è stato trasformato nell’ottica di Preve in una religione da usare per impedire la vista delle forze che umiliano e sussumono l’umanità nella contemporaneità, per cui si spingono i giovani ad immaginare che il nazista è sempre alle porte, di conseguenza le forze che precarizzano e privano della loro dignità intere generazioni possono tranquillamente operare, in quanto l’attenzione è orientata al passato, mentre il presente è un Eden in cui regna la tecnocrazia con i suoi servi. Costanzo Preve è stato un filosofo, perché ha pensato e vissuto la filosofia, in un mondo accademico che, in media, è banalmente allineato sulla linea del potere. Preve ha testimoniato nella carne vissuta che è possibile rendere la filosofia prassi vissuta, e forse, questo lo ha reso pericoloso ed incomprensibile. Alla filosofia come campo di battaglia è succeduta la filosofia come mezzo per adeguare le menti alla globalizzazione e all’economicismo. Normalmente la filosofia, in tal modo, è tradita ed uccisa. Il crimine che fu compiuto contro Socrate continua a perpetuarsi anche nel presente in modo differente, anche semplicemente con l’ostracismo mediatico delle idee. Il consiglio che avrebbe dato Preve a coloro che lo accusano di negazionismo o altro, sono convinto, sarebbe stato di leggere le sue opere e poi giudicarlo. Tale invito sarebbe stato dato con notevole “passione”. Concludo riportando ciò che Costanzo Preve affermò in una intervista effettuata da Alessandro Monchetto:

La mia bussola di orientamento oggi si basa su tre parametri interconnessi:

    1. a) il principio di eguaglianza massima possibile all’interno di un popolo su diritti, consumi, redditi, partecipazione alle decisioni. Centralità del tema dell’occupazione. Posto fisso preferibile al lavoro temporaneo, flessibile e precario. Diritti eguali agli immigrati (che non significa immigrazione incontrollata). Messa sotto controllo del capitale finanziario speculativo di ogni tipo. Preferenza del lavoro rispetto al capitale. Difesa della famiglia e della scuola pubblica;

    2. b) il rifiuto del colonialismo e dell’imperialismo, che oggi hanno come aspetto principale l’impero USA ed in Medio Oriente il suo sacerdozio sionista, che utilizza per i suoi crimini il senso di colpa dell’Europa e dei suoi intellettuali rispetto al genocidio effettuato da Hitler, che ovviamente non mi sogno affatto di negare. Diritto assoluto alla lotta per la liberazione patriottica (lo stato nazionale esiste, eccome, ed è un bene e non un male, come dicono i seguaci di Negri e del Manifesto) per l’Iraq, l’Afganistan e la Palestina. Appoggio a tutti i governi “sovranisti” indipendenti (Venezuela, Iran, Birmania, Corea del Nord, Bolivia, eccetera), il che non implica necessariamente l’approvazione di tutti i loro profili interni ed esteri;

    3. c) considerazione dell’elemento geopolitico e rifiuto della sua virtuosa ed infantile rimozione. A differenza di Losurdo, non penso affatto che la Cina abbia una natura sociale “socialista”. Ma la appoggio egualmente, perché un equilibrio multipolare è preferibile ad un unico impero mondiale USA con vari vassalli (fra cui l’Italia è la più servile, con possibile eccezione di Panama e delle Isole Tonga). Chi appoggia questa cose è per me dalla parte giusta. Se poi si dichiara di destra o di sinistra, questo è affare suo, della sua biografia politica e della sua privata percezione valoriale. Ma la percezione valoriale è un affare privato, come i gusti sessuali e letterari e la credenza o meno in un Dio creatore1.

Il pensiero plurale e complesso non è facile che “passi” in un’epoca in cui domina il semplicismo ideologico in generale, e l’astratto contro il concreto. In attesa di tempi all’altezza della nostra condizione umana si deve ricominciare ad andare alle fonti per sottrarsi al campo di battaglia, in cui le idee muoiono ed il falso vive.

Salvatore Bravo















Fonte: https://sinistrainrete.info/articoli-brevi/19556-salvatore-bravo-calunnie-nel-campo-di-battaglia.html

Note
1 Alessandro Monchietto : Intervista a Costanzo Preve (ESTATE 2010, «SOCIALISMO XXI»),in Petite Plaisance blog 24/10/2015

Parità di coscienza nella differenza di genere ...

 



Mi chiedo in base a quello che dice Paolo e non solo, come mai se le donne all'epoca del matriarcato sceglievano i maschi in base alle qualità positive di questi, come la solidarietà, la cura verso la prole (?), la disponibilità (in che senso?), il senso di appartenenza alla comunità, e io ci metterei la capacità di proteggere la comunità e la capacità di procacciare il cibo (o anche questo era appannaggio delle donne visto che all'epoca saranno stati vegetariani o per meglio dire, frugivori?) allora come mai poi c'è stata questo cambiamento di rotta verso il patriarcato?

Forse la scelta dei maschi non era stata così attenta? La scelta del compagno forse é ancora oggi appannaggio della donna, quando c'è a disposizione una popolazione maschile entro cui scegliere, e così l'accudimento della prole durante l'infanzia, tranne casi isolati... siamo ancora noi responsabili dello sviluppo emotivo dei giovani uomini e delle giovani donne, ma essendo isolate l'una dalle altre non abbiamo più quella che Sabine chiama "la forza dello sciame" e siamo noi e solo noi che possiamo riscoprire il valore di questa comunità femminile, non dobbiamo aspettare che siano gli uomini a concedercela, no?

Caterina Regazzi 

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Mia rispostina: 

La domanda di Caterina è molto significativa... e merita un'accurata risposta. Ma allo stesso tempo non può essere una risposta esaustiva e definitiva perchè nel rispondere su questo tema si mettono in gioco energie che sono ancora in movimento.

L'evoluzione mentale della nostra specie, come diceva lo stesso Ramana Maharshi, non ha mai fine.. Attenzione si parla di "mente" non di " pura consapevolezza". La mente individuale ed anche quella   collettiva sono  costantemente in un processo di conoscenza -in divenire-, quindi il  percorso è illimitato e perfettibile, mentre la "pura consapevolezza" (il Sè) è al di là dello spazio tempo e non può essere misurata in alcun modo.  In Cina viene definita Tao, in India la chiamano Atman, noi  spiritualisti laici la conosciamo come lo Spirito Universale o Forza Vitale.  

Tornando alla mente, diciamo  che ad un certo punto della nostra storia  il processo di maturazione intellettiva aveva consentito alla donna di assumere l'autoconsapevolezza psicofisica e quindi di prendere coscienza dell'io, uno stadio che tutti gli zoologi conoscono bene quando analizzano i comportamenti degli animali, per vedere se essi sono in grado di riconoscersi allo specchio, ad esempio, o in altre forme.  

Ovviamente non si tratta dell'autoconsapevolezza del Sé (nel senso superiore) ma della coscienza di rappresentare uno specifico nome forma, ovvero la mente ed il corpo... insomma si tratta dell'ego.  
Ma l'ego è una pietra miliare importante per lo sviluppo della coscienza. In ogni caso la crescita intellettuale deve partire dall'ego.

Quindi allorché questo stadio venne raggiunto da un'ipotetica "prima donna" (quella Eva che gli scienziati definiscono la madre di tutte le madri, sulla base del  messaggio DNA mitocondriale contenuto nel midollo spinale femminile), sorse il problema di come elevare nell'uomo (s'intende il maschio) lo stato di autocoscienza e giudizio.

Per far ciò era possibile la sola via genetica, quella della trasmissione di certe caratteristiche ritenute evolute. Però nelle società matriarcali antiche l'uomo non poteva esercitare (perché non in grado) ruoli di responsabilità sociale, o poteva farlo molto limitatamente, per cui si rese necessario nel gioco dell'evoluzione della specie che l'uomo assumesse su di sé la conduzione della società umana. Da qui la nascita del patriarcato, con il bene ed il male che ne consegue. Il bene è la ragione portata alle sue vette, il pensiero astratto, la filosofia, etc. il male è la dominanza e lo sfruttamento "utilitaristico" non solo delle donne ma anche delle altre specie e delle risorse naturali.

Oggi siamo arrivati al punto in cui l'uomo (il maschio) ha compiuto i passi necessari per pareggiare il suo livello di autocoscienza ed intelligenza a quello della donna. Pertanto non è più necessario il mantenimento del patriarcato, che è stato comunque utile nel  piano di sviluppo globale della specie umana -come lo fu il matriarcato precedentememente.  

Ora il maschile ed il femminile  possono camminare fianco a fianco utilizzando entrambe le  capacità mentali all'unisono. La capacità analogica (femminile) e quella logica (maschile). L'integrazione di queste due forme d'intelligenza consentirà -come anche afferma lo psicologo Michele Trimarchi- alla specie umana di compiere il successivo passo evolutivo, verso una più matura "coscienza spirituale" (laica).

Se non si autodistrugge prima...

Paolo D'Arpini

 Paolo D'Arpini e Caterina Regazzi



In approfondimento al discorso contenuto in un precedente articolo:http://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2011/12/biospiritualita-evoluzionismo-relazione.html


Ricapitolando tra fisica e metafisica...

 


Ricapitolare significa rivedere i fatti penosi della realtà fisica e metafisica al fine di sciogliere la perturbazione e la mortificazione che hanno comportato in noi.

Ricapitolare consiste nel rivedere gli eventi assumendocene la responsabilità incondizionata e piena. Solo così possiamo sciogliere le perturbazioni, possiamo chiudere il loro rubinetto che sgorga e disperde le nostre energie fisiche e creative, la nostra qualità della vita.

Portando l’attenzione sull’origine delle proprie pene fisiche e metafisiche, possiamo riconoscere che esse originano da fatti esterni, cattivi comportamenti e/o giudizi nei nostri confronti.

Portando l’attenzione su di noi, possiamo riconoscere che le medesime pene non derivano da proprietà di fatti esterni. Possiamo prendere coscienza di averle inconsapevolmente attribuite noi secondo un fondamentale processo psicologico, detto della proiezione, secondo la nostra morale e i nostri valori.

A quel punto nulla più osta a riconoscere in noi stessi la genesi dei nostri mali fisici e metafisici.

Il passaggio dell’origine del male si inverte: da esogeno diviene endogeno. A quel punto l’arcano della sfortuna è svelato e da misterico segreto diviene banalità. Vedremmo infatti che tutto era dipeso da nostre scelte e da nostre interpretazioni.

In merito c’è tutta la letteratura di filosofia di comunicazione e di psicoterapia, che passa sotto il nome di costruttivismo. Un titolo che fa subito comprendere quanto si sia totalmente responsabili della realtà che narriamo e di come la viviamo. Basta poco per rappresentare il principio costruttivista. Davanti al medesimo evento subìto persone diverse reagiscono – lo vivono – diversamente.

I razionalisti hanno qui gioco facile a sostenere che è normale che biografie differenti non abbiamo reazioni assimilabili. Tuttavia, accade che l’esperimento – un evento/differenti vissuti – si verifichi anche riducendo lo spettro delle differenze dei soggetti. Questi risentono più o meno dell’evento – ovvero ne vengono più o meno coinvolti emotivamente – in modo proporzionale al gradiente di consapevolezza di sé di cui dispongono.

Il discorso sarebbe finito qui.

In realtà, il passo evolutivo verso la vita piena e nel bene presuppone anche un'altra emancipazione.

Riguarda l’io. Finché ci identifichiamo in esso e con esso, non avremo possibilità di fuggire al suo dominio e alle sue leggi, in particolare sono da richiamare qui quelle dell’orgoglio o dell’importanza personale.

Poter prendere le distanze dall’io potrebbe essere articolato e impegnativo. In fondo siamo nati e cresciuti in un ambito culturale che in nessun modo ci agevola a riconoscerne la struttura, il significato, il servizio e la virtualità. All’opposto, ancora in fasce siamo intitolati e per tutta la vita crediamo davvero di essere lorenzo merlo; per tutta la vita crediamo davvero che la storia che narriamo sia davvero la storia della vita e non quella che replica le modalità di narrazione che abbiamo appreso. Per tutta la vita crediamo in una realtà oggettiva e dei fatti, nella quale ci muoviamo, alla stregua di visitatori nel museo. Ma là fuori non c’è alcunché che non corrisponda ad una nostra creazione ad immagine e somiglianza del nostro io.

In ogni caso, colui che è motivato certamente avrà modo di arrivare alla finestra dalla quale osservare come, quando e perché aveva creduto di essere lorenzo merlo, e come quella certezza lo abbia vincolato alla giostra karmica della ripetitività.

Emanciparsi dall’io tende a riconoscere il sé nostro e altrui. Jung lo chiama processo di individuazione. Muoversi secondo il proprio sé tende a fare della nostra vita qualcosa di autentico e originale, in cui equilibrio e creatività ci permettono di donare a noi e al prossimo miglior benessere in questa vita.

Ma i costruttivisti, per quanto siano l’ultima frontiera della psicoterapia, sono anche gli ultimi ad aver compreso quanto le Tradizioni sapienziali comparse sul pianeta da sempre sanno e affermano.

Queste sanno anche che, integrato nel processo evolutivo che porta alla liberazione dal conosciuto, come diceva Krishnamurti, è necessario citare l’accettazione e l’assunzione di responsabilità.

Per la prima, ancora una precisazione per i positivisti: non è e non ha nulla a che vedere con la passività, col misticismo, con l’impossibilità; è soltanto una linea filosofica nella quale possiamo realizzare la libertà dall’io.

Per la seconda vale quanto detto finora: partire da noi ci permette di fare il meglio per modificare il mondo.

Ricapitolare dunque non è un fatto intellettuale. Esso è l’avvento di un cambio di paradigma con il quale interpretare il mondo. Accettare la vita alza il rischio di migliorarla e riduce quello di peggiorarla.

E non significa che la fortuna sarà con noi, almeno finché ogni ricaduta nella non accettazione e nell’orgoglio dell’importanza personale non si tramuti in lezione evolutiva.

Non si tratta dunque di mirare alla santità, ma semplicemente di ricapitolare gli eventi della vita secondo un parametro di accettazione e di assunzione della responsabilità.

Lorenzo Merlo 



Libertà dal conosciuto e spiritualità laica

 


Nel corso dei secoli e dei millenni la civiltà umana ha attraversato momenti di crescita e di decrescita. Nel tentativo di uniformare un codice di giustizia funzionale alla gestione della  comunità sono sorte leggi e dettami religiosi utili a dare un indirizzo legittimo  alla conduzione sociale.

I comandamenti ed i dettami, qualsiasi essi siano e di qualsiasi religione o governo,  vanno bene per una attuazione  etico-morale finalizzata all'ordinamento  della società in cui si vive, quindi dal punto di vista della spiritualità laica sono "impedimenti" alla coscienza dell'unitarietà nella diversità della vita. Infatti nelle filosofie non duali, come il Taoismo, non esistono imposizioni categoriche ma il consiglio a muoversi in sintonia sincronicamente  con la qualità del tempo... rispondendo alle necessità vitali,  di volta in volta,  seguendo l'ispirazione del momento.

Inconsciamente però ciò avviene anche volendo seguire gli ordinamenti civili e i dettami religiosi. Infatti  leggendo la Bibbia, il Vangelo, il Corano, un codice legislativo,  ecc.  a seconda del  livello intellettivo  e delle propensioni del lettore,  se ne ricava  il significato e l'indirizzo  che  ad ognuno aggrada. Leggi una frase, analizzala, troverai dentro ciò che cerchi. Poiché nella miscellanea dei contenuti vi saranno sempre  indicazioni per soddisfare o giustificare  ogni propensione comportamentale ed ogni "interpretazione" adatta al proprio scopo.  I libri  cosiddetti sacri sono un compendio di contraddizioni che soddisfano così il "voler credere" e giustificano ogni azione.  E ciò avviene sempre a livello del "conosciuto",  ovvero nell'ambito della memoria tesa al soddisfacimento delle intenzioni egoiche o della supremazia religiosa o ideologica.

Per queste ragioni la conoscenza "libresca" delle cosiddette "sacre scritture" non viene tenuta in gran conto nella spiritualità laica. Nell'advaita (non-dualismo) viene definita "artha wada", che sta per: arricchimento letterario o materiale aggiunto, il cui scopo è semplicemente quello di soddisfare la curiosità mentale di chi non può accettare la verità assoluta e continua a crogiolarsi nel "divenire". Infatti il dichiarare di "credere in qualcosa", è solo un modo  per qualificare l'oggetto in cui si crede. Ma usare il verbo "credere", per descrivere il moto del divenire, è una limitazione alla conoscenza (basata sulla memoria). Si crede in ciò che si presume di conoscere, e che ci conviene, quindi il divenire viene compreso attraverso un processo fondato unicamente sul conosciuto. 

Da qui il "crogiolarsi nel credere del divenire".  Ma la verà libertà è  libertà dal conosciuto.

Paolo D'Arpini