"La buia notte dell'anima..." secondo Osho

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Osho, che cos’è la notte oscura dell’anima? Mi sta forse sfuggendo qualcosa?
Non ti sta sfuggendo nulla, nemmeno la notte oscura dell’anima: ci sei già dentro!
Essere inconsapevole delle tue azioni, dei tuoi pensieri ed emozioni crea la notte oscura dell’anima. Nel momento in cui sei consapevole di questi tre livelli del tuo essere… Il pensiero è il livello più superficiale, il sentire – le emozioni – è un po’ più profondo, e poi c’è l’essere: l’ultima cosa che devi disperdere quando arrivi al supremo.
Il processo è semplice, il processo è sempre lo stesso. Osserva, sii testimone, osserva i pensieri – senza alcun giudizio, senza condanne e senza giudicare…
Nel momento in cui dai un giudizio – a favore o contro – non sei più un testimone: sei già diventato parte del processo del pensiero.
Resta in silenzio, e guarda semplicemente ciò che passa sullo schermo della mente, allo stesso modo in cui guardi un film. Ricorda solo che sei un semplice spettatore. E lo stesso procedimento, quando sei riuscito a utilizzarlo al primo livello, ti renderà capace anche di osservare le tue emozioni, che sono più sottili.
La persona che vede i pensieri e resta silenziosa, resta testimone, diventa automaticamente capace di fare questo secondo passo. E molto presto sarai in grado di osservare i sentimenti, gli umori, gli stati d’animo, le emozioni.
Quando hai passato il secondo stadio, affronti il terzo… è il più profondo dentro di te, la sensazione dell’Io, la separazione tra te e l’universo.
In realtà non c’è separazione, nemmeno per un istante, separato non puoi nemmeno esistere. Sei in armonia con l’universo, in tutti i modi possibili. Ci sono innumerevoli ponti tra te e l’esistenza che ti circonda.
Ora osserva questo silenzio, questo ‘essere’, questa sensazione di ‘io sono’ – osserva e basta. Non c’è nient’altro da osservare, solo un piccolo territorio intorno a te.
Quando osservi i pensieri, i pensieri scompaiono.
Quando osservi le emozioni, le emozioni scompaiono.
Quando osservi l’essere, non sei più separato.
Resta solo il testimone, che è la tua realtà eterna. Non ha nulla a che fare con te: è universale. Il tuo testimone e il mio testimone non sono separati.
Il testimoniare, dovunque avvenga, è lo stesso. Non conosce né distanze di spazio né di tempo. Per il testimone non c’è spazio e non c’è tempo: non ci sono limiti.
Prima di arrivare a questo punto… tutto il resto è la notte oscura dell’anima.
Quando arrivi a questo testimoniare, nasce lo splendido giorno dell’anima.
Il sole sorge e non tramonta più.
Ma il solo ascoltarmi non ti sarà di aiuto. Dovrai praticarlo quanto più ti è possibile. Non occorre dedicargli del tempo in particolare: sederti in meditazione per un’ora o venti minuti, e osservare. Se hai tempo puoi sederti in silenzio e testimoniare, ma non è necessario. Puoi continuare a fare il tuo lavoro e continuare comunque a testimoniare.

Il punto è come rendere questo testimone sempre più forte, più robusto, in modo da poter perdere ogni identità. Solo una persona forte può perdere tutte le identità.
E quando sei in un silenzio totale… c’è luce, una luce che non è mai iniziata e non finirà mai. Può essere tua, devi solo reclamarne il possesso. Lo sforzo non è così grande come ti hanno detto le religioni.
Se cammini per strada, qual è il problema? Perché non puoi semplicemente osservare il camminare? Il punto non è ciò che stai osservando, il punto è che osservi, sei testimone. Qualsiasi cosa può aiutarti a rafforzare le tue energie di osservazione. Se guardi un bellissimo tramonto, non perderti, non dimenticare te stesso. Ricorda che sei solo un osservatore. Può continuare ventiquattr’ore al giorno senza che nessuno sappia cosa stai facendo. 

La religiosità non è qualcosa di cui il mondo debba venire a conoscenza.
È qualcosa che devi fare dentro di te. 

Inizia da questo preciso momento.
Questo silenzio immenso – migliaia di persone, ma sembra che non ci sia nessuno… osserva. Il rumore distante di un aereo… Resta un semplice testimone.
Poi continua a praticare la stessa cosa qualunque cosa fai, se mangi, se ti fai la doccia, o lavori in giardino o nei campi. Non importa cosa fai, quel che conta è che il testimone sia sempre presente.
All’inizio te ne dimenticherai molte volte, perché per molte vite non sei mai stato un testimone, eri sempre colui che agisce. È solo una vecchia abitudine: le vecchie abitudini sono dure a morire, ma prima o poi muoiono di sicuro.
Dipende tutto da te. Più ne fai un processo che è quasi come il respiro… Fai cose di ogni genere, e tuttavia continui a respirare. Non è che smetti di respirare solo perché stai scavando una buca nel terreno.
Osservare deve diventare come respirare. In realtà è il respiro dell’anima universale che contieni in te.
E quando hai ‘assaggiato’ anche solo un momento in cui sei universale… è arrivato il mattino. La notte oscura dell’anima è finita.
Tratto da: Osho, From Death to Deathlessness
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Karma - Azione e legge di causa ed effetto

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…nel nostro mondo di manifestazione esiste la legge del Karma… E tutto
quello che (ci) accade dipende da questa legge… Una persona fa (dice,
o pensa) una certa cosa e questo fatto mette in moto tutta una serie
di eventi e circostanze in linea con quella azione… Se l’azione è
buona crea effetti buoni, se invece è meno buona, ovviamente creerà
effetti spiacevoli. Il punto è che noi non abbiamo il controllo dei
nostri pensieri (e spesso, neanche delle parole e delle azioni…).

Così, questi pensieri sottili ci fregano e fanno originare quei fatti
spiacevoli (e purtroppo, noi non ne siamo consapevoli perché spesso
avvengono a distanza di tempo e spazio e non sempre a riguardo delle
stesse persone, (cioè, se uno ha un pensiero di rabbia, di invidia o
di qualunque altro tipo emotivo verso una data persona, è possibile
che a distanza di tempo (anche anni…) e in luoghi diversi quei
pensieri mi si ritorcano contro, con una energia negativa attivata
dalla risposta karmica, e potrà accadere che altre persone cercheranno
di farmi del male…

Tutto questo dipende soprattutto dalla nostra mente ignorante che NON
RICONOSCE IL VERO MODO DI ESSERE DEI FENOMENI, e quindi, CREDENDOCI
CIECAMENTE, li rende REALI e pertanto ci fa subire gli effetti di
questa nostra adesione e cieca credenza alla loro presunta realtà… Ci
vogliono ANNI di pratica meditativa profonda, a fianco di un vero
insegnante del vero Dharma, per capire tutto questo e darci
l’opportunità di far smettere di generare quel tipo di karma. Ed
inoltre, devi sapere che LE PREGHIERE SERVONO A POCO, nel senso che
fintanto che non si arriva alla vera Comprensione di come stanno
veramente le cose, anche le nostre preghiere o recite di mantra,
vengono espresse in modo dualistico, con la speranza che qualche
entità divina (purtroppo, non-reale neanche essa…), ci venga in aiuto
e in soccorso.

Perciò, ora sai… e dunque al momento il miglior consiglio che posso
darti è di distaccarti da questi tuoi pensieri che ti fanno credere a
quel fastidioso fatto… Cerca di evitare di rimuginarci sopra… Manda
via ogni tua interpretazione personale, e lascia cadere la cosa,
vedrai che in breve tempo quella cosa svanirà dalla tua mente e non ti
tormenterà più, perché l’effetto karmico si sgretolerà e passerà (come
d’altronde tutte le cose…). La tua arma in questo momento deve essere
la pazienza.

Nel Chan noi la chiamiamo ‘anupatthikadharmakshanti’, ed essa
significa “La paziente sopportazione dell’Increato – cioè di ciò che
non esiste in modo reale). Così, devi sopportare che la cosa passi,
lascia passare questo momento, NON REAGIRE e lasciala andare. Se tu la
dimenticherai essa non avrà più vera esistenza…

Alberto Mengoni - Centro Nirvana


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Restare nel Centro, senza pensieri, senza religione, senza ricerca alcuna… Questa è spiritualità Laica


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“La gioia consapevole nel mondo è la stessa dell’estasi nel Samadhi” (Shivasutra)

La nostra vita non è separata dalla Vita. La nostra esistenza individuale è parte dell’Esistenza totale, inscindibilmente connesse, inseparabili.

C’è nell’induismo una bellissima immagine che raffigura il Creatore, Brahma, attaccato con un cordone ombelicale a Vishnu. Vishnu in questo caso raffigura l’Uno da cui tutto procede e non soltanto il Conservatore. Ed anche noi siamo collegati all’ombelico del cosmo, poiché siamo un’espressione vitale dell’interezza della vita, dipendenti dalla Sorgente.

In una forma di meditazione zen ci si concentra sull’ombelico, hara in giapponese, che viene considerato il punto d’incontro dell’energia vitale, ki. Nel Tantra quel punto corrisponde al chakra in cui brucia il fuoco eterno, Manipura (plesso solare). Secondo altre scuole la base di collegamento con l’infinito, di cui siamo la manifestazione, è indicato in altre aree o chakra: nella base della colonna spinale, nel cuore, nella ghiandola pineale o sulla sommità della testa (la fontanella).

Poco importa la sua ipotetica “ubicazione” –che è solo una convenienza descrittiva in quanto come può essere “ubicato” quello che tutto contiene?- ciò che conta è che sicuramente per ognuno di noi esiste un “Centro”, una radice che nutre il nostro essere. Possiamo non esserne consapevoli ma il “Centro” esiste e si esprime in forma di Coscienza.

Secondo Abraham Maslow “l’attuazione di sé” significa divenire consapevoli di questo “Centro”.

Vivere lontano dal proprio “Centro”, che è il ponte che unisce la nostra esistenza individuale con quella Universale, corrisponde al sentirsi separati, “gettati su questo mondo” –usando le parole di Sartre. Ovvero ritenersi estranei e privi di radici con l’esistenza. Da ciò deriva una condizione di perenne inquietudine, che cerchiamo di soddisfare con i desideri e le scelte, ma il risultato é solo frustrazione, paura, incertezza e lotta… ed è una lotta che conosce solo sconfitta! Infatti come ci si può ribellare o tentare di modificare la vita quando noi stessi siamo una sua emanazione?

Perciò, nella spiritualità laica, la realizzazione, l’integrità, la “santità” (se preferite questo termine) consiste nel risiedere nel proprio “Centro”. Nel lasciarsi andare in profondità sino alle radici dell’Io.

E’ difficile? Sembra impossibile?

In verità è la cosa più semplice di questo mondo, poiché –come affermava Ramana Maharshi- non possiamo fare a meno di essere quel che già siamo, basta divenirne consapevoli: “Scendete alle radici stesse dell’io. Sperimentate ciò che siete nel profondo”.

Paolo D’Arpini


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La "solitudine" dell'uomo di conoscenza e la sua totale presenza in tutto ciò che è


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In un discorso inerente la "solitudine" del Jnani  fatto da  Nisargadatta Maharaj, riportato su "Io sono quello" il libro che raccoglie parecchi dialoghi del saggio,  è  affermato:  "L'uomo di conoscenza è solo
 ma è anche ogni cosa esistente. Non è neppure un essere umano. E’ l’essere di tutti gli esseri viventi. E neanche questo. Non bastano le parole a spiegarlo. E’ quello che è, è il terreno su cui tutto cresce ... La compassione e l’amore sono la sua più intima natura. Scevro di ogni predilezione, egli è  libero di amare! (…)   La realtà suprema si manifesta nelle più varie maniere, in innumerevoli forme e nomi. Tutto affiora e si reimmerge nello stesso oceano, la sorgente di tutto è una sola. Andare in cerca di cause e risultati è un passatempo della mente, solo "ciò che è" merita di essere amato. L’amore non è un risultato, ma il fondamento stesso dell’essere. Ovunque tu vada, trovi l’essere, la coscienza e l’amore. Per quale motivo e per cosa avere delle preferenze?" 

Per comprendere meglio, le implicazioni di quanto qui espresso occorre fare un passo indietro nel tempo, riportando l’attenzione all’alba formativa dell’Advaita Vedanta, la conoscenza non-duale della Realtà, espressa nelle porzioni terminali dei Veda (Vedanta) e nelle Upanishads. 


Ad esempio nel commento fatto sulla Taittirya Upanishad fatto da Shankaracharya, vissuto nel V secolo, viene detto: “Conoscenza ed ignoranza appartengono al reame di nome e forma; essi non sono gli attributi del Sé… Ed essi -nome e forma- vengono “immaginati” (sovraimposti) così come lo sono il giorno e la notte in riferimento al sole”.

La similitudine con il sole è qui molto appropriata. Dal punto di vista del sole non c’è né giorno né notte e ciononostante senza il riferimento al sole non vi può essere né giorno né notte. E’ solo dal punto di vista dell’osservazione dalla terra che giorno e notte hanno un significato e vengono sovrapposti al sole. Allo stesso modo nel puro Sé (l’assoluta Coscienza non-duale) non sussiste alcuna conoscenza né ignoranza. Queste sono rilevanti solo per l’intelligenza finita (la mente duale), ma ancora queste possono assumere un
significato solo se sovrapposte al Sé.

Il Sé, che è la Realtà Assoluta, ha la natura della Conoscenza Assoluta, non nel senso di una trasformazione mentale ma in quello di Consapevolezza incondizionata. Ed è questa stessa Consapevolezza che è alla base della conoscenza-ignoranza empirica, la stessa che produce il miraggio di nome e forma….

Paolo D’Arpini

L'uomo di conoscenza ed i "Succhi alchemici"

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“L’Uomo di Conoscenza (uomo o donna che sia), impegnato ed impeccabile,
osserva gli eventi, le situazioni, senza farsene prendere e coinvolgere più
di quel tanto; per lui nulla del quotidiano è importante o troppo
importante, se pur a tutto può prender parte …
… gioie, dolori, successi, insuccessi, non lo travolgono ..
… egli non ha famiglia, non ha patria, non ha ideologia, che lo
condizionino, se pur abbia delle preferenze e delle simpatie …
… ancor meno si assilla alla sua storia personale e sola autentica
relazione con gli altri è quella “follia controllata”, per cui recita
la sua parte, nel ruolo della società, così come la reciterebbe sulla
scena, e in effetti si tratta di recitarla sulla scena della vita. “

“Il buon attore sta bene attento a come si comporta quando recita e nella
interpretazione del personaggio che impersona non dimentica ovviamente sé
stesso, ragione per la quale è come sdoppiato.
Altrimenti si alienerebbe nel personaggio.
Orbene, nel quotidiano, sii attento a vivere le tue esperienze e a
comportarti come un attore consumato, nella presenza del Nume in te, pur
nell’anagrafico, nel biografico di quella “persona”, di quella maschera
che sei al secolo; ergo disidentificato da essa e identificato al dio in te,
al divino che incarni, e che al redde rationem o rendiconto è lo stesso Dio
in/di ognuno.

La situazione dell’Uomo di Conoscenza è certamente drammatica, per il
rischio della dissociazione mentale, epperò non c’è altra Via per salvare
dall’affogare nel quotidiano, nel profano, e morirvi, ciò che tale non è.
La morte del dio è la vera morte…”
- Da "Succhi alchemici" di Giammaria

L'immagine può contenere: persone in piedi e spazio all'aperto