“L’Uomo di Conoscenza (uomo o donna che sia), impegnato ed impeccabile,
osserva gli eventi, le situazioni, senza farsene prendere e coinvolgere più
di quel tanto; per lui nulla del quotidiano è importante o troppo
importante, se pur a tutto può prender parte …
… gioie, dolori, successi, insuccessi, non lo travolgono ..
… egli non ha famiglia, non ha patria, non ha ideologia, che lo
condizionino, se pur abbia delle preferenze e delle simpatie …
… ancor meno si assilla alla sua storia personale e sola autentica
relazione con gli altri è quella “follia controllata”, per cui recita
la sua parte, nel ruolo della società, così come la reciterebbe sulla
scena, e in effetti si tratta di recitarla sulla scena della vita. “
osserva gli eventi, le situazioni, senza farsene prendere e coinvolgere più
di quel tanto; per lui nulla del quotidiano è importante o troppo
importante, se pur a tutto può prender parte …
… gioie, dolori, successi, insuccessi, non lo travolgono ..
… egli non ha famiglia, non ha patria, non ha ideologia, che lo
condizionino, se pur abbia delle preferenze e delle simpatie …
… ancor meno si assilla alla sua storia personale e sola autentica
relazione con gli altri è quella “follia controllata”, per cui recita
la sua parte, nel ruolo della società, così come la reciterebbe sulla
scena, e in effetti si tratta di recitarla sulla scena della vita. “
“Il buon attore sta bene attento a come si comporta quando recita e nella
interpretazione del personaggio che impersona non dimentica ovviamente sé
stesso, ragione per la quale è come sdoppiato.
Altrimenti si alienerebbe nel personaggio.
Orbene, nel quotidiano, sii attento a vivere le tue esperienze e a
comportarti come un attore consumato, nella presenza del Nume in te, pur
nell’anagrafico, nel biografico di quella “persona”, di quella maschera
che sei al secolo; ergo disidentificato da essa e identificato al dio in te,
al divino che incarni, e che al redde rationem o rendiconto è lo stesso Dio
in/di ognuno.
interpretazione del personaggio che impersona non dimentica ovviamente sé
stesso, ragione per la quale è come sdoppiato.
Altrimenti si alienerebbe nel personaggio.
Orbene, nel quotidiano, sii attento a vivere le tue esperienze e a
comportarti come un attore consumato, nella presenza del Nume in te, pur
nell’anagrafico, nel biografico di quella “persona”, di quella maschera
che sei al secolo; ergo disidentificato da essa e identificato al dio in te,
al divino che incarni, e che al redde rationem o rendiconto è lo stesso Dio
in/di ognuno.
La situazione dell’Uomo di Conoscenza è certamente drammatica, per il
rischio della dissociazione mentale, epperò non c’è altra Via per salvare
dall’affogare nel quotidiano, nel profano, e morirvi, ciò che tale non è.
La morte del dio è la vera morte…”
- Da "Succhi alchemici" di Giammaria
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