Il 27 settembre 2009 arrivò al Circolo vegetariano la ragazza Diana, giunta apposta da Milano per conoscere me e la realtà del Circolo e di Calcata. La “colpa” di tanto interesse è ancora una volta la mole di leggende sorte sul luogo e raccontate sui vari siti e su alcuni libri (non ultimo quello di Malatempora sulle Comuni, Comunità, Ecovillaggi d’Italia). “Gutta cavat lapidem” dice l’adagio antico ed è verissimo… giorno dopo giorno, anno dopo anno, a forza di scrivere su e da Calcata ormai la fama del luogo è insopprimibile… e che fama!
La prima cosa che Diana mi ha detto appena arrivata è stata: “Ma lo sai che l’autista dell’autobus appena ha saputo che venivo qui mi ha detto - Ah vai a farti le canne a Calcata…-“. Insomma la diceria del paese alternativo colpisce ancora, le masse metropolitane credono che questo sia il luogo dell’amore libero e delle canne…
Com’è stato travisato e fuorviato il messaggio trascritto in migliaia di articoli… Che in essi si parli di amore libero e di libertà espressiva ed antiproibizionista è anche vero… ma andate un po’ a leggere il reale significato di queste parole nei numerosi testi da me inseriti nel sito del Circolo, oppure riscoprite tutte le storie raccontate sui giornali dal 1978 ad oggi sulla “verità” di questa libertà espressiva. Si tratta di esperimenti in cui la licenza è totalmente assente… ma ciò non ostante diversi sderenati sono venuti qui, hanno occupato lo spazio e si sono esibiti nei loro vizi approfittando della discrezione a loro concessa…. Ed alla fine cosa resta…? Invece del messaggio liberatorio dai condizionamenti ecco che l’immaginifico su Calcata è macchiato da indesiderati condizionamenti.
La società della licenza e della stupidità cerca un suo sfogo e dove trova spazio libero fa diventare la cultura “pettegolezzo” e il costume “pornografia”… e non solo a Calcata… mi pare che questo avvenga in tutto il mondo, tanto è il vuoto intellettuale lasciato dopo vent’anni di televisione e di internet….. Eppure continuo a scrivere e pure ad usare internet, che posso farci… sono malato di comunicazione.
Sicuramente la vecchia penna procurava meno guai, l’unico inconveniente essendo la fine dell’inchiostro. Ricordo ancora come da bambino scrivessi con una penna di legno, intingendo il pennino dentro un calamaio, le dita sempre sporche d’inchiostro e spesso anche il foglio.
Poi cominciò il momento della penna stilografica anche questa però perdeva inchiostro da vari punti (dal pennino e dalle giunture), giunse la bic, la biro, ma anche con questa bisognava stare attenti al defluire dell’ inchiostro dal fondo e dalla punta. Quando le penne iniziarono a scrivere senza perdere inchiostro avevo già finito di andare a scuola. Insomma pare che in ogni epoca la comunicazione abbia avuto i suoi problemi e questa corrente ha le disinformazioni telematiche, lo spam ed i virus…
Sembra che tutto sia lì lì in procinto di concludersi eppure manca sempre uno per far trentuno… Manca sempre 1 o lo zero per arrivare a dieci. Il mio numero d’ordine è il 9, l’ho scoperto nel 1950/51 in prima elementare allorché avendo imparato a memoria la lezione di religione, chiedevo di essere interrogato per prendere un bel 10, la cosa non funzionò giacché mi impappinai su una parola e presi 9. Ritornai al banco e ripassai la lezione bene bene, ripetei a mente tutto e chiesi ancora di essere interrogato. Che disdetta, ancora una volta mi impappinai e mi fu confermato il 9 di prima. Volli ancora riprovarci dopo aver ulteriormente ripassato il testo, sicuro stavolta di farcela, ma la maestra mi disse che non mi avrebbe più interrogato e mi lasciò il 9, con mio grande disappunto e frustrazione.
Poi ancora sempre verso quegli anni venne a trovarci un giorno mio zio Fausto, che distribuì a ciascun bambino, le mie sorelle e cuginetti ebbero 10 caramelle. Purtroppo quando venne il mio turno erano rimaste solo 9 caramelle e quelle ebbi da mio zio. le mie proteste servirono a poco egli mi disse “le caramelle rimaste son queste e queste ti toccano”. Ricordo che quella volta ero proprio arrabbiato, scesi giù nel giardino condominiale e regalai tutte le caramelle (meno una che mangiai subito…) ai bambini che stavano lì, con loro grande gioia
Ed ancora accadde qualcosa di simile quando andai per la prima volta in India, mi trovavo all’ashram di Muktananda, in uno stato di pieno zelo, in quei mesi sentivo la forte presenza della Grazia del Guru, stavo vivendo momenti di grande enfasi spirituale. Avevo messo ‘in naftalina’ ogni altro desiderio dedicando tutte le mie attenzioni alla pratica spirituale. Un giorno fui preso da un ‘raptus’ di golosità ed acquistai al ‘chaishop’ (negozietto del tè) 10 monete di menta bianca, ne misi in bocca subito una, con grande avidità, poi mi diressi verso la porta dell’ashram, appena entrato vidi Baba seduto lì all’ingresso ed improvvisamente mi ricordai della mia lotta per il 10. Una mentina era nella mia bocca, le altre 9 nella mia mano. Mi avvicinai al Guru pensando “fammi vedere tu che son 10” e tesi la mano verso di lui, Baba aprì la sua e prese nel palmo le mentine, sorrideva, io mi girai di scatto e mi allontanai senza più voltarmi indietro né aspettare un’ipotetica risposta…
Insomma pare proprio che il 9 sia il mio numero, tra l’altro è anche il numero d’ordine della Scimmia che dice: “Io sono l’esperta viaggiatrice del labirinto, il genio dell’alacrità, la maga dell’impossibile. Il mio cuore è colmo di potenti magie e sa gettare cento incantesimi. Io esisto per il mio piacere. Io sono la scimmia”. Muktananda era nato scimmia di terra del 1908 ed io son nato scimmia di legno del 1944.
Intanto nella memoria continuo a sfogliare pagine e pagine sulle iniziative del Circolo, come la festa del grande cocomero o l’ostello per animali erbivori o l’ampliamento del parco del Treja o l’istituzione dell’anagrafe canina o proposte sull’energia rinnovabile o gli scavi archeologici dell’agro falisco o l’alimentazione vegetariana o l’arte e la cultura locale ed internazionale o problemi d’inquinamento da traffico od analisi sociologiche su Calcata o storie sulla montagna sacra del Soratte o sul come dipingere annusando o sulla salvaguardia degli antichi mestieri o sulla filosofia dell’uomo e sulla spiritualità laica… Insomma su tutti quegli argomenti che sono riuscito a trasmettere, con fantasia e caparbietà su quasi tutti i giornali d’Italia, sulle agenzie di stampa, sulle reti televisive e radiofoniche… e qui su internet. Eppure cosa è rimasto?
"Ah, Calcata… quel posto dei figli dei fiori, dell’amore libero e delle canne…"
Paolo D’Arpini
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