La spiritualità laica, pur essendo un neologismo, ha un’origine remota, nasce nel momento stesso in cui l’uomo ha avuto la prima scintilla di auto-consapevolezza. Sarebbe infatti più corretto definirla spiritualità naturale ma per non confonderla con la new age ed anche a causa delle sovra-imposizioni religiose monoteiste, dobbiamo qualificarla “spiritualità laica” per stabilire la sua assoluta e totale indipendenza da ogni credo (ateismo compreso). In verità diversi modi di spiritualità laica sono riconoscibili, ad esempio, nella filosofia socratica e neoplatonica, ma è soprattutto nel pensiero taoista e zen, nello shivaismo del Kashmir e nell’adavaita vedanta che tale spiritualità ha avuto le sue espressioni più antiche. I due moderni più grandi maestri advaita, Ramana Maharshi e Nisargadatta Maharaj, sono stati fulgidi esempi di laicità. Ramana gettò via il cordone da bramano ma non si fece mai monaco e Nisargadatta era un uomo di famiglia con figli e campò facendo il venditore di beedies. Nel dialogo che segue, fra me e Franca Oberti, parleremo di come poter vivere la spiritualità laica nel quotidiano senza ricorrere a particolari riti o pratiche ma affinando la capacità di attenzione e senso di presenza...
(Paolo D'Arpini)
Franca Oberti: “Paolo, tu spesso dici: “Lo spirito è una sintesi fra coscienza ed intelligenza!”. – Vorrei capire meglio questo concetto, se non ti dispiace. Ho in mente la fiammella di Pentecoste e la sensazione è sempre di qualcosa che ci pervade, non che fa parte del corpo. Come si può pensare a una coscienza e a un’intelligenza, che spesso associamo alla materia cerebrale, unite? La mia limitatezza qui mi blocca. Penso ad una fiammella che è l’anima, che si può identificare con la coscienza, ma l’intelligenza la sento più corporale oppure addirittura unica e universale e ogni coscienza ne fa parte.”
Paolo D’Arpini: “Avere in mente qualcosa è un pensiero. Anche se lo chiami “anima” resta un pensiero, un concetto. Tutto ciò che è all’interno della coscienza è un oggetto della Coscienza. Forse è meglio che il termine Coscienza, pur che rappresenta quanto voglio significare, venga qui sostituito da “Consapevolezza” poiché noi occidentali e soprattutto “cristiani” tendiamo a considerare la coscienza come una qualità morale. Si dice “fare l’analisi di coscienza” come se questa coscienza fosse un aspetto, un’anima appunto. Lasciamo anche da parte la considerazione materialista per cui la coscienza è il risultato di processi cerebrali, che è una spiegazione “empirica” assunta in quanto si ritiene che la nostra capacità di analisi (intelligenza) sia susseguente al processo chimico delle cellule che si comunicano dati. Tutto ciò è la conseguenza del nostro ritenerci il corpo quindi questa considerazione non ci consente di andare “oltre” per percepire lo spirito. Anche qui percepire non è propriamente corretto, poiché chi è che percepisce e cosa viene percepito? E’ evidente che tutto si svolge all’interno della Coscienza, la coscienza osserva se stessa e comprende se stessa. Intelligenza e coscienza sono la stessa cosa e in verità sono la nostra vera natura. Checché tu consideri te stessa, una anima un corpo, una mente… tu non sei quello poiché tu non puoi essere un oggetto della conoscenza. Tu sei la conoscenza stessa che prende la forma di soggetto oggetto e conoscenza. Fermiamoci comunque al “sentire” interno, quel sentire che tu definisci “io” e che è in verità pura coscienza. Prima di pensare “io sono questo o quello” se ti fermi all’io.. ti rendi conto che quell’io è privo di qualsiasi attributo.. E’ semplicemente consapevolezza. L’opinione, qualsiasi opinione, appartiene all’ego, inizialmente può essere accettata come base di confronto sulle idee, ma se osserviamo con gli occhi dello “spirito”, che tutti ci accomuna, scopriamo che l’opinione è solo un attaccamento, un riflesso condizionato, di cui potremmo anche liberarci se vogliamo avanzare in consapevolezza.”
Franca: “Sì, sull’opinione ti posso dar ragione, sento che è come se facesse parte delle nostre credenze, dei preconcetti che ci portiamo appresso dalla manipolazione nell’infanzia. Quindi concordo e dico: ognuno di noi esprima pure in libertà, ma non prenda per oro colato e non si barrichi nella sua opinione escludendosi dal dialogo.”
Paolo: “Appunto, avendo riconosciuto l’opinione come un meccanismo automatico del proprio credere, del proprio identificarsi in un set di pensieri e credenze, non ha importanza sforzarsi per la supremazia della propria opinione. Si esprime l’opinione come un gesto, come una naturale e spontanea affermazione della persona che noi “incarniamo”. Quella persona è un personaggio nella commedia della vita, è giusto che si esprima ma non è necessario che prevalga. Quando si comprende la complementarietà di ogni aspetto e forma dell’esistente ci si limita a svolgere la propria funzione, nel modo più accurato, senza sentirsi né responsabili né portatori di un messaggio superiore. Si porta avanti “l’opinione” come se fosse un lavoro da svolgere ma senza sentire che i risultati di tale lavoro ci appartengono. Insomma si compie un “dovere” con distacco…. Secondo i grandi saggi l’opinione è un automatismo della percezione individuale. Insomma l’opinione è sempre e comunque parziale ed incapace di riferire un’interezza. Ma se almeno fossimo in grado di interpretare ogni opinione come un tassello del pensiero universale, cercando di integrarla nell’insieme del conosciuto, forse così stiamo mettendo in pratica quel “sincretismo” auspicabile per il superamento delle ideologie e delle religioni precostituite. Unica discriminante dovrebbe essere la qualità della sincerità in cui l’opinione viene espressa.”
Franca: “Qualcuno – inutile specificare – depreca il sincretismo, io mi auguro che sempre più spesso ci si senta accusati di cercarlo… ero anche stata accusata di panteismo, solo perché vedevo Dio in ogni aspetto della natura….”
Paolo: “Perché farsi condizionare dall’opinione altrui? Una volta capito che tutte le opinioni sono solo aspetti esteriori del nostro sentire, della nostra educazione, del nostro bagaglio genetico, etc. etc. Come si può ritenere che una qualsiasi opinione, pur ben espressa o motivata, possa influire sui nostri comportamenti o convincimenti, in antitesi con noi stessi? Se noi ci riconosciamo nell’opinione espressa da qualcun altro vuol dire semplicemente che quella cosa stava già dentro di noi, l’abbiamo riscoperta. Se invece non ci tocca.. lasciamola andare come l’abbiamo incontrata. Una piccola similitudine: quando andavo a scuola, forse all’età di 13 anni, confessai al prete della mia parrocchia che non riuscivo ad accettare il fatto che esistessero inferno, paradiso, limbo.. che vengono considerati “eterni” contemporaneamente alla realtà eterna del dio stesso. Se dio è eterno ed infinito come possono coesistere più eternità separate e contrapposte? Il prete mi disse che dovevo credere a quanto affermavano le scritture perché quella è la parola di dio ed è un “mistero della fede”. Ovvio che non gli diedi retta e continui a meditare e riflettere sulle cose secondo il mio criterio di ricerca e non basandomi sull’opinione del prete o sulle scritture. Infatti se un’opinione è solo “strumentale” allora non vale nemmeno la pena di considerarla, essa non è nemmeno etichettabile come “opinione” (che già di per se stesso è un termine “riduttivo”) ma possiamo definirla “imbroglio speculativo” teso alla soddisfazione di un vantaggio personale. Ciò avviene quando si mente sapendo di mentire e quando si ragiona in termini di affermazione del proprio pensiero!”
Franca: “Purtroppo in questo caso ne va della morale che ognuno si porta avanti nella vita. Dove sta la verità? E’ quella che fa comodo o quella che serve per armonizzarsi con gli altri e la natura? Spesso mi scopro ad esprimere un’opinione, poi mi premuro di dire che “io la penso così”, per non prevaricare gli altri e pretendere di avere in mano la verità… un equilibrio delicatissimo.”
Paolo: “Allorché si è centrati nello Spirito, ovvero in se stessi, non c’è pericolo di compiere il male, poiché se stessi e il tutto coincidono. Gli altri non sono diversi da noi e se non sono diversi come potremmo nuocer loro? Ogni nostra azione è compiuta al fine del beneficio comune. Anche se all’osservatore può apparire che ci sia una intenzionalità personale nell’azione del saggio. Secondo me la “spiritualità laica” deve comprendere anche il lasciare agli altri la libertà di pensare a modo loro, non possiamo usare la laicità per continuamente controbattere su punti che a noi sembrano ledere tale principio… Insomma dovremmo essere laici persino nei confronti della laicità. Ed in sintonia con questo predicato mi occupo della mia auto-conoscenza e lascio agli altri esseri (umani o non umani) di fare la parte che ad ognuno compete!”
Franca: “Questa tua frase passerà nella mia raccolta di aforismi… Grazie, bellissima! E se tutti facessimo questo, si starebbe benissimo! Non ci sarebbero più guerre e tutti saremmo in pace… Ma ci arriveremo, ci arriveranno….”
Paolo: “Ci siamo già. Tutti tendiamo alla perfezione, però in un crescendo, seguendo le nostre opinioni di bene e male, in un apparentemente lungo e tortuoso iter, che non ha inizio né fine. Si manifesta come singoli fotogrammi che noi dichiariamo separati e diversi, perché osservati nel contesto dello spazio tempo e con il senso di separazione. Ma il film è lo stesso, noi siamo tutti dentro… Chiamalo pure sogno se vuoi, infinito ed eterno. Il sognatore diventa tutti i personaggi e gli eventi del sogno. Avviene così, senza scopo e nella gioia. Allo stesso tempo questo sogno è irreale perché è solo un processo nel divenire. Diventa però reale e vero appena siamo “consapevoli” che noi siamo quello in ogni suo aspetto ed anche aldilà di quello in quanto pura Consapevolezza”
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