Nei piani della trama primigenia, nel gioco dei meccanismi di potere all’interno della società umana, pareva destino che Luni, che vuol dire luna, la proto città sul Mignone, divenisse il faro di luce della civiltà per l’intero vecchio continente. Luni era nata come progetto femminile di una società egualitaria, un primo esperimento sociale di armonia fra i due generi. Di conseguenza questa città, che si fa risalire al tardo neolitico – prima età del bronzo, era concepita come luogo d’incontro orgiastico e di piena libertà espressiva. La fioritura conseguente fu una società fluida e scorrevole, come l’acqua. Ed infatti i sacerdoti di Luni adoravano l’acqua ed avevano controlli psichici su questo elemento. Le cose sembravano andare per il verso giusto e non sussistevano preoccupazioni per la espressione di una grande civiltà liberale.
Nel frattempo però, al di fuori da ogni convenzione creativa, era sorta un’altra città, a pochi chilometri in linea d’aria, costruita sulle sponde di un fiume biondo, che era stato il Tevere, ed ora era il Treja. Quest’incomodo, questo intruso, che si inseriva nei piani del potere e dei modelli sociali, si chiamava Narce, che vuol dire arca.
La proto città di Narce era depositaria del fuoco, il sacro rito del fuoco che si manifesta attraverso i costumi, indicazioni che seguono un ordine di valori.
Gli abitanti di Narce erano pastori che innalzavano are per adorare il dio del fuoco. Il continuo ardere dava ai sacerdoti di Narce il controllo psichico sul fuoco.
Ben presto, allorché fu chiaro che gli esempi propugnati erano opposti, iniziò un subdolo contrasto fra le due città. Narce e Luni si combatterono prima sul piano ideologico, cercando di dimostrare il valore ed il significato del messaggio sociale evocati nel loro modello ma non ebbero successo in ciò giacché entrambi gli esempi fornivano ragioni sufficienti di esistenza. Ovviamente i sacerdoti sentivano che un compromesso non era possibile, le due posizioni erano troppo distanti ed antagoniste. Fuoco contro Acqua.
I sapienti delle due città decisero allora di utilizzare i poteri acquisiti sugli elementi in modo da condizionare o distruggere il nucleo opposto. I maghi di Narce scaricarono il massimo dell’energia ferale su Luni e quelli di Luni sconvolsero le acque di Narce. Il risultato fu che ognuna delle due comunità dovette isolarsi completamente per difendersi dalle emissioni psichiche. Le due comunità si nascosero l’un l’altra divenendo città invisibili. Il risultato insolito di questa lotta portò al cambiamento del piano originario di civiltà.
Luni o Narce , nessuna delle due essendo in grado di emergere ed essendo addirittura scomparse alla vista, esse passarono il loro modello all’inconscio collettivo e si celaroro nelle loro nicchie di terra, lasciando solo criptici segnali nascosti vecchi di migliaia di anni. Nel frattempo la lotta era passata di mano, lo schema per la civiltà futura doveva andare avanti, ed il destino dell’uomo, in questa parte del mondo, continuò a tessere la sua tela. E si manifestò -ancora una volta- in due modelli antagonisti: Roma e Veio. Ma stavolta i sacerdoti ed i potenti delle due città, memori della scomparsa di Luni e Narce per colpa dello scatenamento delle onde pensiero, decisero di ricorrere ad altri mezzi e così s’inventarono la guerra.
Paolo D'Arpini
“Questo è un esempio di racconto “psicostorico”, per come avevo percepito gli eventi dopo una mia visita nella valle del Mignone, ove insisteva Luni, coeva di Narce, situata nella valle del Treja. Entrambe le città sono considerate le più antiche d’Italia”
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