Nel corso degli anni vissuti a Calcata ho goduto immensamente nello
sviluppare forme immaginarie di ciò che Calcata potesse rappresentare
per ognuno di noi, nuovi venuti e vecchi abitanti del luogo. Ieri
pomeriggio ad esempio mentre rientravo dal Tempio ho incontrato per la
strada Angela Marrone, una vecchia amica che vive a Calcata da
parecchi anni e che con me ha condiviso molti momenti magici. Angela è
un’artista vecchio stile, pittrice, cantante, poetessa.. attrice… Sì
con lei ho recitato in varie occasioni, sia al Circolo che in piazza…
ed anche recentemente in “Tzuei Ning decapitato per errore”. Angela mi
ha chiesto: “Ma è vero che te ne vuoi andare da Calcata?”
Ed io schernendomi… “Beh un amico mi aveva proposto una casetta in
campagna… sai Calcata per me è diventata una specie di Sodoma e
Gomorra, le cattiverie non si contano più… ma tu che ne sai di queste
cose, tu vivi in un tuo mondo fantastico…”. Ed Angela: “Ma no, ma no,
ti capisco, sai che anch’io avevo provato ad andarmene..? Ho preso
la valigetta e sono andata a Frigolandia… dopo tre giorni sono
scappata, poi avevo deciso di ritornare definitivamente a Napoli, ma
dopo una settimana non ce l’ho fatta più… mi guardavano come un
aliena, né carne né pesce, e sì che sono nata lì. Poi ho tentato in
altri posti ma alla fine ho capito che ovunque sarei sempre stata
un’estranea, perché ormai addosso ho il marchio “Calcata”, ed eccomi
qua di nuovo. Qui posso litigare, arrabbiarmi ma alla fine è tutto un
teatro… noi, caro Paolo, siamo condannati a stare a Calcata… a
recitare qui la nostra parte in mezzo agli sderenati ed ai turisti… Il
nostro messaggio è questo!”.
Mi ha consolato parlare con Angela, in fondo è una donna saggia, com’è
giusto che sia una Cinghialessa di Terra, e mi sono anch’io
riconciliato con il luogo. Un luogo che sarebbe piaciuto a Caravaggio
… ed anche a Kafka.
Questa storiella -per associazione di idee- mi ha ricordato
dell’esperienza di un altro attore calcatese, uno che ci provò
professionalmente. Pensate che si vendette la casa di Calcata ed anche
un locale in cui oggi c’è il baretto di Giovanni, per finanziarsi un
paio di spettacoli a Roma in cui egli recitava da attore principale.
Sperando di aver successo. Gli organizzai anche un paio di recite al
Circolo, in cantina, invitando critici e giornalisti… Alla fine
l’unico successo che ebbe fu quello –poco in verità- che potei
offrirgli con una intervista che feci pubblicare sulle pagine del
glorioso Paese Sera (non chiedetemi l’anno sarà stato verso la metà
del 1990). Rileggendo il racconto mi sono accorto di quanto ci fosse
del vero in quella storia, in cui (come al solito) mi ero inventato
una similitudine Caravaggesca per via di un mio desiderio di parlar
male di un oste calcatese che un giorno mi aveva scacciato dalla sua
bettola… (leggete sotto)… Infine Mauro dovette andarsene da Calcata,
povero in canna, e finì a recitar poesie ed insegnare recitazione in
quel di Udine, dall’amico Sergio De Prophetis che lì gestisce un
centro naturista (la Bioteca).
……………..
Mauro Cremonini ricorda i particolari degli avvenimenti che l’hanno ispirato a mettere in scena alcune importanti pieces a Calcata. L’ispirazione ha sempre una sua radice nella vita di ogni giorno di questo piccolo Centro Mondiale che è Calcata. “Proprio vivendo qui – ha confidato Cremonini -ho delineato alcuni dei miei personaggi. La cosa iniziò quando decisi di andare in scena con “La vita del Caravaggio, emblematica figura che sconvolse i canoni artistici del suo tempo rivoluzionando la pittura del ‘600. Una notte mi trovavo all’ingresso del Borgo e intravidi nel buio un paio di uomini che scendevano dalla Bocchetta.
Nel buio erano irriconoscibili, le voci impastate dall’alcool.
Avvicinatomi riconobbi due abitanti del paese, uno era un oste con il fiasco in mano e l’altro un avventore che si trascinava alticcio, andavano a finire la serata chissà dove. A quel punto, un po’ per l’atmosfera antica un po’ per il loro vociferare convulso, mi venne in mente la Roma del ‘600, che non doveva certo essere dissimile da questa scena di Calcata. Da qui l’ispirazione a recitare Caravaggio che, avvezzo com’era a
girar per bettole miserabili, avrebbe senz’altro individuato in quei due gli “sgherri” da collocare nella crocifissione di Pietro o i “fustigatori” del Cristo alla colonna. Per i due beoni non erano certo trascorsi secoli e questa “finestra temporale” mi aveva apertogli occhi sul misterioso mondo del Caravaggio”. Cremonini decise così di emettere in scena “La vita del Caravaggio”; la cosa avvenne a San Luigi dei Francesi, a Roma, due anni fa. Ma l’esperienza potrà essere ripetuta anche qui a Calcata. C’è comunque un’altra esperienza che convinse Cremonini, ad interpretare un altro
emblematico personaggio.
Si tratta del custode dell’opera kafkiana “Il custode del sepolcro”.
Da Caravaggio a Kafka il passo è breve -ha spiegato ancora Mauro- giacché l’inquietudine descritta dal pittore con i pennelli e dallo scrittore con i suoi scritti è una tematica antichissima e facilmente riconoscibile in un piccolo paese come Calcata, simbolo di un mondo eterogeneo e cosmopolita. La storia dì Calcata, misteriosa e piena di colpi di scena, distruzioni, invasioni, lunghi periodi di isolamento, è
molto vicina allo spirito de “Il custode del sepolcro”. La storia ruota attorno alla figura di un anziano personaggio, da me interpretato, che viene incaricato dal principe di proteggere e custodire il sepolcro dei suoi antenati. È il dramma di un testimone scomodo che sorveglia la soglia tra l’umano ed il trascendente. Franz Kafka demiurgo di un mondo luciferino ci ha consegnato questo personaggio: l’ideale guardiano che è dentro di noi.
(Questi due articoli risalgono alla metà degli anni '90 del secolo scorso)
Paolo D’Arpini
(Calcata. Recita in piazza 11 luglio 2008 - Foto Gustavo Piccinini)
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