La sincronicità, oggetto misterioso di cui tratta Massimo Teodoroni nel suo libro omonimo, ha fatto molto discutere psicologi, scienziati grandi e piccoli, terapeuti ma anche casalinghe, impiegati e venditori di palloncini. Perché la sincronicità ci tocca tutti, in qualche momento della vita in cui ci affacciamo nostro malgrado sull’imprevedibile, imperscrutabile, inconoscibile; e ci rende partecipi di quel tocco di metafisico di cui in verità è costellata l’esperienza umana, nonostante la pretestuosa evidenza, agitata come orgoglioso vessillo dagli accaniti sostenitori del razionale, che “tutto è sotto controllo”.
Massimo Teodorani traccia l’interessante parabola delle modalità con cui il concetto in questione si sia affermato, e ne addebita l’origine al momento epocale in cui lo psicanalista svizzero Jung mise in connessione le stratificazioni più profonde dell’animo con quel quid che sembra permeare il sottofondo della mente, da lui definito “inconscio collettivo”. Questa nozione rappresenta l’interfaccia, a livello informativo, dell’akasha della tradizione orientale: uno sterminato archivio in cui è registrata la traccia energetica di ogni pensiero, immagine o azione, le cui impronte possono essere rilevate mediante le opportune connessioni psichiche, di cui le sincronicità (dette anche “coincidenze significative”) sono l’aspetto più eclatante e comune al contempo.
L’indagine di Jung gli permise di collegare l’esistenza di questa entità psichica di massa con i principi degli archetipi, ossia modelli della realtà che di volta in volta risuonano e prendono vita in noi tramite l’influsso dell’inconscio collettivo nel loro passaggio dal generale al particolare.
Dall’incontro di Jung con il fisico quantistico austriaco Wolfgang Pauli, premio nobel, nacque una sintonia e una sinergia che vide i due lavorare a un comune progetto di enunciazione di un principio fisico vero e proprio che tenesse conto della sincronicità come evento oggettivamente riconoscibile nella realtà, unendo così idealmente la psiche con la fisica in un matrimonio concettuale dai vincoli apparentemente paradossali.
Trattazione esauriente e appassionante, non scade mai nella tentazione di utilizzare un linguaggio troppo tecnico o di esibire concetti di difficile comprensione, pur mantenendo il rigore scientifico inerente all’argomento. Ammirevole dunque la capacità divulgativa e di sintesi di Teodorani, data la possibilità tutt’altro che remota di sperdersi nei dettagli e nella sostanziale indeterminatezza del soggetto trattato.
Simone Sutra
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