Il seme di Natale di Michele Meomartino


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"Io ho quel che ho donato" (Gabriele D'Annunzio)


Se penso al Natale, così come i racconti della natività ce l’hanno descritto nei Vangeli, con un bambino piccolo e inerme adagiato sulla mangiatoia, l’immagine del seme si fa spazio in me a suscitare alcune riflessioni nell’intreccio tra il reale e il metaforico. Mi chiedo: “Esiste un essere vitale così piccolo che contiene tutta la potenza della vita come il seme?” Gli basta un pugno di terra, un po’ d’acqua e il tempo che scorre per rinnovare il miracolo della vita che nasce!

Eppure, se temesse la discesa tra le zolle di Madre Terra non conoscerà mai la linfa che in essa vi scorre. Se avesse paura di perdere la propria identità la dissiperà nel non senso. Se gli fossero indifferenti gli altri semi non saprà mai la ricchezza della diversità. Se rimanesse inerte perché stima poco fruttuoso spendersi sarà condannato alla solitudine o alla compagnia dei suoi pari. Se stimasse se stesso così perfetto non troverà mai nessuno abbastanza meritevole delle sue attenzioni. Se si soffermasse a contemplare la sua perfetta rotondità gratificherà solo il suo smisurato narcisismo. 

Ma, se accettasse la danza imprevedibile del vento che soffia, verrà trasportato ovunque, per monti e per mari, e conoscerà nuovi sentieri a lui ignoti. Se gioisse in compagnia delle foglie scoprirà la potenza della natura. Se vivesse accanto agli uccelli apprezzerà la bellezza della semplicità. Poi un giorno si chiederà il senso della sua libertà e forse potrebbe decidere di “morire”, o meglio di spendersi con speranza per aggiungere vita alla vita. 

Perché solo perdendosi si ritroverà. Solo scendendo dentro le viscere dell’oscurità potrà risalire per rivedere la luce. Solo cercando l’abbraccio potrà fecondare la terra. Solo osservando il silenzio potrà cogliere il battito della vita che freme. Solo accettando il nascondimento potrà rinascere e moltiplicarsi. E infine un dubbio assillerà la sua anima e si chiederà ancora: “Ma come sarà mai possibile che da un piccolo seme possa sgorgare la vita?” 

Sarà la certezza delle cose sperate a fargli vedere in un sogno l’albero che diventerà finalmente proteso ad abbracciare il cielo…

Se il seme non muore non porterà mai frutto e il bambino nato a Betlemme sarà un lontano ricordo che scalderà il cuore solo il tempo di una fugace emozione. 


Michele Meomartino


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