Le strofe che seguono sono tratte dal Supplemento ai 40 versi di Ramana Maharshi. Le tre strofe rilevate, a loro volta, fanno parte del Vasishta Saram, che tratta degli insegnamenti sulla realizzazione del Sé impartiti al giovinetto Rama (una delle 10 incarnazioni di Vishnu) dal suo Guru Rishi Vasishta. Da notare come, non indicando specificatamente il modo del raggiungimento, in quanto il “raggiungimento” secondo la filosofia Advaita richiede solo l’eliminazione dell’ignoranza che il Sé è onnipresente, nelle strofe riprese da Ramana venga indicato lo “stato” interiore del realizzato.
Ma lo “stato libero dall’ignoranza” non è il risultato di un ragionamento bensì è piena consapevolezza della propria natura, che non può avere riscontro oggettivo da parte dell’osservatore. Allo stesso tempo dalle strofe riportate dal Maharshi (e dalla spiegazione in prosa aggiunta da Mahadevam) se ne deduce una implicita descrizione della condizione interiore del Mukta, il liberato vivente. Questa “condizione” (se così si può chiamare) è il fine di ogni conoscenza spirituale.
S. 26 – “Avendo investigato in tutti i vari stati (veglia, sogno, sonno profondo) e tenendo costantemente nel tuo Cuore quello che è lo Stato Supremo, libero dall’illusione, gioca la tua parte nel mondo, oh eroe! Tu hai realizzato nel Cuore quello che è il substrato di Realtà, al di là di ogni apparenza. Perciò, senza mai perdere questa consapevolezza, gioca nel mondo come ti piace, oh eroe!”
Commento – Qui l’istruzione del saggio Vasishta a Rama. Da cui si evince che la realizzazione subentra con l’investigazione sugli stati mentali, di cui il Sé è la sola realtà intrinseca o substrato permanente. Allorché la realizzazione diviene costante o stabile l’illusione della separazione viene cancellata e quindi il liberato vivente può giocare la propria parte nel mondo, senza esserne affetto. Ovviamente tale “persona” (presunta come tale da chi la osserva) non perde mai di vista la Realtà, che sta alla base di ogni apparenza ed è perfettamente consapevole della unitarietà del Sé.
S. 27 – “Con apparenti emozioni e piaceri, con apparenti agitazioni ed asti, e con sforzo apparente nello svolgere ogni attività, ma senza attaccamento, gioca nel mondo, oh eroe! Essendo libero da ogni sorta di schiavitù, avendo raggiunto l’equanimità in tutte le situazioni, compiendo azioni confacenti, secondo la tua parte, gioca bel mondo, oh eroe!”
Commento – Un Jnani (conoscitore della Verità) fa la sua parte nel mondo, come ogni altro. Ma le sue azioni e le sue emozioni che sono aldilà di esse, sono solo apparenti. Egli può esultare o sembrare depresso ma in realtà non è così (si ricordi qui la descrizione data del Cristo come Dio e come uomo allo stesso tempo). Allo stesso modo il saggio sembra preparare e perseguire progetti, sembra fare tutto ciò che compie un uomo del mondo ma egli conosce l’irrealtà di tutto questo. Come in un gioco od in una commedia egli svolge meramente la sua parte e non viene toccato da quel che accade. Questo in conseguenza del suo stato di equanimità ed assenza di desideri.
S. 28 – “Colui che è stabile nella verità della conoscenza è il conoscitore del Sé (Jnani). Attraverso la conoscenza egli ha distrutto le impressioni dei sensi. Veramente egli è Agni (il fuoco sacro) che è il distruttore dell’ignoranza. Egli è Indra (il supremo Deva) che brandisce il Vraja (la saetta della conoscenza). Egli è il Tempo del tempo. Egli è l’eroe che ha sconfitto la morte!”
Commento – Qui il Maharshi include l’apologia del Conoscitore del Sé. Infatti Conoscenza equivale ad auto-realizzazione e per il Jivan-mukta (liberato vivente) le funzioni dei sensi e le loro impressioni non hanno appiglio alcuno. Per lui non ci sono organi di senso, né corpo, né mente, per lui non esiste il mondo della dualità. La sua conoscenza è paragonata ad Agni, che brucia ogni rifiuto, ed alla saetta di Indra, con la quale fu ucciso il demonio. Colui che ha realizzato il Sé non è condizionato dal tempo, egli è la Morte della morte (Shiva stesso), è il vero eroe (dhira) che non ha paura di nulla, perché non c’è un “altro” che lui possa temere.
Conclusione.
Forse si potrebbe tentare ancora di aggiungere parole su parole alla gloria del Conoscitore del Sé, ma come disse un grande saggio cantando le lodi di Shiva “nemmeno se il monte Meru (la montagna centrale dell’Universo) fosse un pennino e l’oceano primordiale inchiostro potrei esaurire la nota delle tue lodi, oh Signore…”
Paolo D’Arpini
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