Cassiopea, la madre di Andromeda e regina di Etiopia, aveva offeso le ninfe nereidi sostenendo di essere più bella di loro. Queste si lagnarono con il loro padre, il dio del mare Poseidon, che mandò un mostro marino a devastare il paese. Il padre di Andromeda, re di Etiopia, si rivolse allora a un oracolo per sapere che cosa si doveva fare per risolvere il problema.L'oracolo rispose che per pacificare Poseidon si sarebbe dovuto offrire la giovanissima Andromeda in sacrificio e darla in pasto al mostro marino. Così, a malincuore, suo padre la fece incatenare a uno scoglio in riva al mare. L'eroe Perseo, che già aveva ucciso la Medusa, passando a volo di là in arcione a Pegaso, il suo cavallo alato, vide la ragazza e se ne innamorò a prima vista: chiese al padre di lei la sua mano se avesse sconfitto il mostro, e il re di Etiopia acconsentì. Così Perseo uccise il mostro piombandogli addosso dal cielo e potè sposare la fanciulla.
Come sempre nei miti la maggior parte dei suoi elementi configura un simbolismo soggiacente di notevole importanza. Si è già detto che imiti non riguardano singoli eventi, ma piuttosto situazioni archetipiche, modelli di realtà avulse dalla dimensione temporale: principi,idee, atteggiamenti di vita che ricorrono perchè insiti nella psiche umana e nelle vicende dell'uomo in rapporto con il suo universo interiore.
Chiaramente, dunque, qui abbiamo un simbolo dell'anima umana (Andromeda) incatenata alla roccia, cioè la terra,cioè le passioni umane. Questo attaccamento alla materia le impedisce,come nel mito ad Andromeda,di essere libera.
Il mostro marino simboleggia tutte quelle forze sotterranee della psiche, che la psicologia transpersonale come anche Jung, definisce "l'"ombra", concetto già presente presso gli egizi; è quella parte oscura, irredenta dell'uomo che obbedisce alle più basse pulsioni e cospira contro il suo"proprietario" cercando di ottenerne la distruzione. Qui nel mito questo mostro viene scatenato da un'offesa alle divinità; nel nostro quotidiano il nostro nemico interiore approfitta di ogni trasgressione alla nostra identità "sacra", cioè la divinità interiore, quando noi la calpestiamo, la ignoriamo, la affamiamo, la tradiamo con altri "Dèi" (i vari appetiti materiali - e ovviamente non mi riferisco al sesso, ma alle varie occasioni in cui ci si "prostituisce" alla materia, dandole cioè una posizione preminente nella vita). Questo mostro può fare un solo boccone di un'anima imprigionata, incatenata alla materia.
Ma c'è a questo punto l'intervento del nostro "eroe": nel mito Perseo, nella nostra vita di tutti i giorni è il cosiddetto "Sé superiore" (l'atman degli induisti) cioè quella coscienza che risponde agli input di una dimensione superiore;esso si avvale di un "aiuto" dall'alto (nel mito il cavallo alato Pegaso), senza il quale non ce la potrebbe fare. Anche nelle fiabe l'eroe di turno ottiene la vittoria sulle sue varie prove tramite un "aiutante" soprannaturale". Questo aiuto è sempre a nostra disposizione quando noi ci poniamo nella giusta lunghezza d'onda, quella che ci fa aprire gli occhi e "vedere" questo aiuto - in qualsiasi forma esso si presenti - e poterne usufruire. Per poterlo avere, chiaramente, bisogna aver coscienza del fatto di essere "in cammino" e di voler ricercare la nostra realizzazione interiore, il nostro scopo nella vita.
Simon Smeraldo
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