Nulla di ciò che esiste resta allo stato evolutivo iniziale: è spinto dalla legge naturale verso la sua crescita, la sua completezza, la sua realizzazione, la sua maturità fisica, mentale e spirituale e che consente lo sviluppo delle qualità insite e allo stato potenziale di ogni essere vivente. I “talenti” che ognuno di noi ha fin dalla nascita per fattori genetici, sono poi condizionati dall’ambiente, dal livello sociale, culturale, morale, spirituale della famiglia in cui si vive. Per mezzo della volontà e del libero arbitrio ognuno è chiamato a sviluppare e a far fruttare i “talenti” iniziali. L’inettitudine, l’inerzia, l’apatia, l’indifferenza impediscono lo sviluppo delle potenzialità dell’individuo.
Se una persona è travolta dai suoi singoli problemi, se non è libera dentro, se è succube del suo personalismo, condizionato dalle tendenze dominanti, delle sue manie, dalle sue debolezze, non può dare nulla di buono agli altri: come potrebbe dare ciò che non possiede se è lui ad aver bisogno di sostegno?
Solo quando una persona sviluppa una personalità armonica con se stessa è in grado di interagire armonicamente nel sociale. Solo quando un individuo si impegna a superare i propri limiti tende alla realizzazione integrale di se stesso e dà il meglio delle sue possibilità personali. Si è credibili solo quando si è coerenti nei propri principi e nel proprio ideale di giustizia. La coerenza e l’esempio sono componenti imprescindibili per chi spera in un mondo migliore.
“Essere il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo” diceva Gandhi. Non puoi pretendere dagli altri ciò che tu stesso non vivi. Non puoi pretendere giustizia e onestà se tu non sei giusto e onesto; non puoi sperare nel rispetto per le regole se tu le infrangi. Occorre passare dalla coscienza individuale alla coscienza collettiva, capire che i problemi di ognuno incrementano i problemi del contesto in cui si vive.
Capire che ognuno di noi è parte inscindibile di un contesto in cui nessuno è separato e in cui nessuno può vivere senza interagire: vivere per se stessi, assorbiti dalle proprie problematiche, significa consegnare nelle mani di chi ha interesse a conservare l’attuale stato di cose. Occorre superare la tendenza a scindere la propria responsabilità personale da quella della società in cui vive. Interessarsi della propria crescita personale significa curare lo sviluppo armonico della 4 fondamentali componenti dell’entità umana: fisica, mentale, emozionale e spirituale.
La felicità personale è direttamente proporzionale al superamento dei propri limiti e allo sviluppo simultaneo, simbiotico e bilanciato del nostro benessere fisico, della nostra intelligenza, del nostro senso critico positivo, dalla sensibilità del cuore e dal riferimento oggettivo ad un ideale superiore.I valori fondamentali dell’individuo non si improvvisano e in questo la famiglia, la scuola e lo Stato hanno una diretta responsabilità della quale non possono sottrarsi.
I bambini non vengono educati all’amore, alla pace, ma al materialismo, alla competizione, all’indifferenza, all’edonismo. Ciò che realmente occorre è rendere migliore l’uomo per migliorare i meccanismi, i sistemi, il mondo.
In futuro l’Universalismo sarà la sola via da percorrere; il sincretismo delle grandi dottrine: il biocentrismo è ciò che renderà responsabile l’individuo verso la natura e che gli consentirà si superare la visione antropocentrica della vita.
Deve nascere in ognuno di noi la consapevolezza che l’umanità e l'interezza dei viventi è una sola famiglia, che gli animali sono diversi da noi solo nella forma fisica, che tutti respiriamo la stessa aria, beviamo la stessa acqua: un sangue rosso scorre nelle vene di tutti. Ma quando una parte del Tutto è ferita o sofferente è l’intero organismo che è in pericolo di vita. Siamo parte di un tutt’uno. O ci salviamo tutti o nessuno.
Sta sorgendo una NUOVA COSCIENZA UMANA, UNA NUOVA ETICA che valorizza le possibilità dell’animo umano rendendo ognuno artefice del proprio destino e pone le basi di una umanità finalmente libera dalla violenza, dalla malattia e dal dolore.
Franco Libero Manco
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