Penso a quando si viveva in modo semplice e naturale, ma non per questo meno appagante (tranne per chi a 9 anni doveva fare la guardia alle pecore per tirare avanti – ma che genitori o che situazione aveva quella persona? Mia nonna a 9 anni faceva la sfoglia e badava ai fratelli, ma in campagna ci andavano suo padre e sua madre! Sempre molto meglio che badare solo alle pecore).
Ormai ci siamo fatti prendere da un ingranaggio che si autoalimenta e non mi sembra che ancora ci sia abbastanza coscienza per cominciare almeno a scardinarlo, ammesso che l’essere umano lo voglia.
Una volta si viveva in una comunità piccola o piccolissima, i mezzi di produzione erano limitati, ma si aveva comunque bisogno di soddisfare i bisogni essenziali che sono simili a quelli degli animali, in fondo: mangiare, bere (nutrire il corpo), tenersi puliti, proteggere il corpo, avere un riparo, riprodursi e allevare la prole, preparandola per la vita. Da sempre l’uomo, poi, a differenza degli animali ha avuto l’estro di manifestare qualcosa di altro, la sua intima natura, con mille mezzi, la musica, la scrittura, la scultura, la coltivazione di piante ornamentali, dando manifestazione all’amore per il bello (e possibilmente buono).
Per svolgere queste attività non ci sarebbe bisogno di altro che di quello che la Natura (quella che io considero la Madre) ci ha dato: mani, braccia, gambe, occhi, voce, terra, acqua, aria, fuoco, legno e tutte le loro combinazioni possibili.
Ognuno era capace di fare diverse cose e pur nella divisione dei compiti all’interno della comunità, la sopravvivenza nella singola famiglia o meglio ancora nella comunità, era garantita, a parte durante le calamità naturali.
La divisione dei compiti e l’industrializzazione (di cui la catena di montaggio è l’emblema più disumano e tragico) ha portato alla contrapposizione tra gli esseri umani, alla sostituzione del baratto con la moneta e alla tendenza a far valere sempre di più il proprio lavoro o il proprio servizio a discapito di quello degli altri………….
Faccio un’ipotesi assurda, quasi fantascientifica: se un allevatore, un piccolo allevatore (12 bovini all’ingrasso, per esempio) sapesse che allevando un bovino per 30 mesi durante i quali consuma un tot di quintali di foraggio, acqua e altri beni di produzione può avere in cambio, che so, un armadio fatto dal falegname del stesso paese, che conosce e del cui lavoro ha fiducia, non avrebbe bisogno di imbrogliare.
Una volta c’era una pubblicità molto acuta che diceva : “La fiducia è una cosa seria che si da alle cose serie”…. pochi produttori si azzarderebbero oggi a fare una pubblicità del genere, la fiducia è una condizione che raramente si ha e si da e sembra quasi che i mezzi di stampa non facciano altro che sobillare la non- fiducia dei consumatori verso i produttori, probabilmente per fare in modo che questo sistema di controlli, costosissimi, tra l’altro, si mantenga in vita continuando a vivere su se stesso, dandosi la motivazione della necessità della propria esistenza.
Ci sarebbero altre cose da dire sul discorso vegetariano e non vegetariano e -in fondo- il discorso non si applica solo all’allevamento, ma a tutto il sistema economico-produttivo e poi, non so, non sono un economista. … La strada verso la verità è fatta anche di buche e di rami posti di traverso e fra inciampi e cadute, si va….. dove si va? Chi mai lo sa?
Dr. Antonio Lamarca
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