Per contrastare il rischio di una ulteriore “industrializzazione” ed inquinamento nella produzione agricola e per facilitare il “ritorno alla terra” dal 20 gennaio 2009 è partita ufficialmente una campagna per l'Agricoltura Contadina, con raccolta di firme organizzata da Civiltà Contadina, Consorzio della Quarantina, CIR, Antica Terra Gentile, Rete Bioregionale Italiana, etc. per rendere possibile la rinascita della figura del contadino e della contadina.
La decisione di promuovere questa campagna è stata presa a metà estate 2008 (durante un incontro della Rete Bioregionale Italiana) ed ad oggi diverse altre sono le associazioni aderenti.. fra cui anche la rivista ecologista AAM Terra Nuova:
Si tratta ora di cominciare ad ottenere dei risultati concreti con la proposta di legge presentata in Parlamento che rappresenta il primo passo di questa campagna popolare. Il passo successivo, se la proposta di legge venisse discussa ed approvata alle Camere, sarà quello di divulgarne al massimo le modalità e gli effetti, in modo che un sempre maggior numero di persone ritenga utile e conveniente ritornare al “lavoro dei campi” ed alla produzione e scambio di cibo in piccola scala e sul territorio della propria bioregione.
Resta comunque aperto il discorso sulla reale convenienza, nell'attuazione dell’agricoltura contadina, della esclusione di ogni sostanza chimica ed OGM e della permanenza sui fondi di grosse strutture dedicate all’allevamento di animali da macello.
La mia esperienza passata di custodia di animali erbivori mi ha insegnato che una piccola presenza di animali può essere utile alle coltivazioni, sia per la produzione di stabbio che per una moderata produzione di latte… Resta il problema dell’eccedenza saltuaria dei capi, soprattutto se maschi… ma la vita è cara a tutti gli altri esseri viventi senza che la loro esistenza debba corrispondere ad una “esigenza” umana, intendendo con ciò che anche gli animali hanno pari dignità e pur comprendendo il “discorso tecnico” sulla sostenibilità di allevamenti biologici, e sulla utilità dei prodotti di origine animale, non me la sento di sottoscrivere un discorso sull’allevamento prettamente funzionale e giustificato dalla compatibilità ecologica.
Vorrei che questo tipo di ragionamenti si sciogliessero al sole di una consapevolezza più ampia, in una convivenza di uomo natura animale in cui non debba necessariamente esserci una scala gerarchica ed un uso. Anche se un allevamento è eco-compatibile, la parola stessa “allevamento” -sottintendendo l’utilizzazione degli animali allevati significa “sfruttamento”. Comunque il discorso è aperto e non serve chiudere gli occhi di fronte alla realtà dei fatti… In questo momento la maggior parte degli uomini si ciba ancora di carne e di derivati animali… per cui bisogna andare per gradi…
Ed a questo proposito mi piace riportare il commento del professor Giuseppe Altieri, agroecologo battagliero: “Sono perfettamente d’accordo sul ritorno all’agricoltura condadina, dobbiamo lasciar vivere gli animali sui pascoli liberi, ma la realtà deve essere cambiata un pò per volta a partire dai lagers zootecnici intensivi… che devono essere chiusi… informando i consumatori della utilità di diminuire drasticamente il consumo di carne… quando tutti saranno vegetariani gli animali saranno finalmente liberi di pascolare senza essere ammazzati, intanto facciamo massima propaganda sulla tossicità della carne e sulla distruzione del pianeta operata dagli “allevamenti intensivi”…. e soprattutto fermiamo gli ogm… altrimenti i geni animali ce li metteranno dentro i vegetali… e nessuno si potrà più salvare…”
Bene, vorrei comunque giungere ad una conclusione, in questa che è solo un’introduzione al discorso che ci attende all'Incontro Collettivo Ecologista di Montesilvano del 21 e 22 giugno 2014.
Secondo me è comprensibile che in un piccolo appezzamento agricolo vi siano anche animali a condividere il territorio sia per questioni di pulizia del fondo sia per la produzione di letame, etc., questi animali dovrebbero poter vivere dei soli erbaggi e rimasugli di cucina, in modo che la loro presenza sia realmente in sintonia con il contadino e con il luogo. Perciò nell’appezzamento coltivato naturalmente non dovrebbero essere ammessi allevamenti intensivi o semi-intensivi di animali nutriti a mangime, la qual cosa fuoriusciurebbe da una sistema ecologico di piccola agricoltura.
Alcune galline (od altri volatili) fanno le uova e va bene… può anche capitare che ogni tanto qualche galletto in più possa essere “sacrificato”, se vi sono degli armenti come pecore e capre occorre limitare il loro numero alle reali possibilità di loro sopravvivenza nutrendosi con i prodotti spontanei del campo, quindi non credo che vi sarebbero molti agnelli da macellare, forse al massimo uno o due all’anno giusto per Pasqua come si dice… Se si attuasse questa metodologia semplice e corretta dal punto di vista ecologico ed alimentare, il contadino di fatto ritornerebbe ad una dieta tradizionale mediterranea in cui la carne compare molto raramente sul piatto e questo lo accetto….. (anche se continuo a dichiarare che se ne può fare tranquillamente a meno e ve lo confermo essendo stato vegetariano ed in perfetta salute dal 1973).
Non aggiungo altro e chiudo qui il discorso, per quanto mi riguarda, inserendo questo pensiero di Rajendra Pachauri, presidente del Comitato intergovernativo sul cambiamento del clima (Ipcc), che in un’intervista al settimanale britannico The Observer ha dichiarato che “dovremmo tutti osservare almeno un giorno vegetariano» alla settimana, se vogliamo contribuire con il nostro comportamento a diminuire le emissioni di gas «di serra» nell’atmosfera”.
Grazie per aver pazientemente letto sin qui.
Paolo D’Arpini - Rete Bioregionale Italiana
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Di questo e simili temi se ne parla all'incontro Collettivo Ecologista previsto C/O Olis di Montesilvano, il 21 e 22 giugno 2014:
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