Pensieri, poesie ed intendimenti bioregionali



Poesie di autori bioregionali


Quel che conta

sono i sentimenti

le radici intrecciate

che scrivono la storia

nella terra soffice e fertile.

Liberiamo le nostre emozioni

il calore si espanderà

su tutte le superfici

del nostro corpo.

Difficili sono le vie

della trasformazione

il tempo di una vita

forse non basterà

ma il cammino

deve continuare e

uniremo il potere delle rocce

alla velocità dei venti.


Jaqueline  Fassero



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Notte

 

Nella campagna alle porte di Viterbo

nel suo rifugio di cartone e compensato

iernotte hanno trovato i carabinieri

morto di freddo un uomo

immigrato dalla Romania, mio coetaneo.

Non e’ una notizia

non e’ niente

e’ solo l’orrore

quotidiano.

L’orrore quotidiano

di un paese razzista che sperpera

miliardi di euro per comprare

cacciabombardieri

ad armamento anche nucleare

e lascia morire di freddo i poveri cristi.

 

Beppe Sini


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Nel cuore dove


tutte le strade si incrociano,


si incrociano e continuano,


dove tutto ciò che noi


amiamo si unisce dove


il meglio, dentro di noi,


vola


Gary Lawless


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Poesia del giorno dopo:


Il cardellino dallo splendido manto


intona nell’aria un melodioso canto.


Solitario, volò tra spini di cardo


rubandone i semi senza riguardo


proprio a colui che gli diede nome.


Poi vinto, alfine stanco,


si isolò al mondo


ponendo il suo nido sul ramo più alto.


L’Aura


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“Se un tempo nella tua terra / mi porterai non da visitatore / né da straniero o da profanatore / il mio spirito guerriero / vorrà rivivere per morire insieme / al caldo della polvere calpestata / dal tuo destriero”.  Umberto Romano


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Vivono sulla terra e sono buoni,

vi dico, gli angeli custodi del buon seme antico.

Vivono sulla terra e non hanno ali,

volteggiano sulla nera zolla ed amano

restare, su in collina, lontano dalla folla.

Volteggiano minuscoli, d’autunno, tra i solchi,

come da sempre e da sempre disprezzati, cafoni e bifolchi.

Ma da quando il comune sentire cittadino

sta cominciando ad ascoltare il narrare antico e contadino,

pochi alla volta, giovani e ragazze, risalgono i colli

chiamati alla raccolta. Squilla a distesa il canto del gallo

dal Cilento alla Lucania, dalla Alta Brianza, lassù in Lombardia

richiama alla terra, richiama alle cascine,

richiama alle vendemmie, richiama a far fascine.

Vino e ramaglie ci riscalderanno un poco,

nel cerchio del camino, attorno al fuoco.

Angeli custodi del buon seme antico,

angeli, chiamati dai nostri cari morti, io vi dico,

chiamati a rinnovare in forme nuove il rito.

Raccolta, semina, raccolta e mietitura ancora,

semina e raccolta e mietitura finchè giunga certezza di vita

sana, lunga e duratura.

Ci hanno chiamato , io lo sento, gli avi, ci hanno chiamato,

come tu, madre, mi insegnavi, perchè i nostri cari

sono in mezzo a noi insieme, insieme e ci hanno suscitato

la struggente, irrinunciabile nostalgia del seme.

E noi abbiamo cercato i grani dai nomi belli,

i nomi per bambini, grani janculella, grani caroselli,

tanti nomi da imparare a filastrocca,

i grani che a giugno saranno farina per la nostra bocca.

Angeli custodi della buona semente,

angeli lucani, angeli del Cilento, angeli brianzoli,

angeli del Salento, angeli senz’ali ma angeli di verità,

angeli di saggezza , di biodiversità.

Angeli, angeli e buoni seminatori, angeli custodi del nostro futuro,

angeli della terra nera e silente, vegli su di voi la Vergine dormiente.

Veglino su di voi la Madre Cerere e Proserpina, la Figlia.

Veglino sugli angeli, su tutti i loro semi, sui loro animali e su tutta la famiglia .

Vengano a trovarvi, vengano a benedirvi, gli uomini di pace,

gli uomini di luce. Si faccia, io invoco, tutta l’Umanità

contadina un poco e sul balcone come su in collina,

pianti e raccolga basilico ed erba cipollina.

Vengano su in estate alla grande festa, il Palio del grano

che voi preparate e vengano a vedere, vengano a ballare,

vengano, in tanti da Napoli e Salerno,

vengano e capiscano il senso della semina e raccolta,

questo gioco eterno. Questo gioco che Demoni vorrebbero

troncare, spargendo bio-gramigna cattiva da mangiare,

bio-tecno-gramigna buona solamente a guadagnare

cancro, sterilità e miseria a chi si azzarda a coltivare

Ogm ed ibridi sterili, zizzania insalutare.

Angeli, angeli custodi del buon seme antico,

io vi voglio bene e vi predico che se forte sarà la mente,

chiara e pensierosa e limpidamente,

essi non passeranno e trionferà, sparsa per la campagna

la nostra semente. Un abbraccio e come un aratro,

io mi faccio paziente bue e qui, sulla bianca pagina,

al Palio del Grano

un arrivederci in Cilento, io traccio.


Teodoro Margarita


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A Madre Terra


Madre, cosa posseggo io


Che possa chiamare mio?


Il mio corpo sei tu.


La mia mente sei tu.


La mia anima sei tu.


Perché dunque ti prendi gioco di me


Illudendomi che siamo separati?


Paolo D'Arpini


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Questi che seguono sono  pensieri espressi da vari bioregionalisti durante alcuni incontri della Rete Bioregionale Italiana:


“E’ buona norma, nell’approccio bioregionale, prima di tutto tentare di conoscere l’ambito in cui si vive, delimitandolo attraverso lo studio geomorfologico del territorio, della flora e della fauna. La bioregione è un’area omogenea definita dall’interconnessione dei sistemi naturali e dai viventi che le abitano. Una bioregione è un insieme di relazioni in cui gli umani sono chiamati a vivere e agire come parte della più ampia comunità naturale che ne definisce la vita. L’idea bioregionale consiste essenzialmente nel riprendere il proprio ruolo all’interno della più ampia comunità di viventi e nell’agire come parte e non a parte di essa, corregendo i comportamenti indotti dall’affermarsi di un sistema economico e politico globale, che si è posto al di fuori delle leggi della natura e sta devastando, ad un tempo, la natura stessa e l’essere umano”


“L’attuazione bioregionale in chiave politica. Il Bioregionalismo ha due obiettivi: recuperare e tutelare al massimo l’ambiente naturale; ridisegnare nuovi confini delle regioni, tenendo finalmente conto delle loro caratteristiche etniche, ambientali, linguistiche, sociali e produttive. Il tutto in una visione della Stato che ”invece di amministrare se stesso, attraverso la sola tutela della burocrazia, (tra le più arretrate del mondo), si occupi finalmente e seriamente dei grandi problemi nazionali e della tutela dei cittadini”


“..l’immagine che si vuole evocare con la parola “bioregionalismo” un neologismo usato dallo stesso Peter Berg. Diciamo che il “bioregionalismo” contraddistingue un modo di pensare che muove dall’esigenza profonda di riallacciare un rapporto sacrale con la terra. Questo rapporto si conquista partendo dalla volontà di capire -riabitandolo- il luogo in cui viviamo. Una bioregione infatti non è un recinto di cui si stabiliscono definitivamente i confini ma una sorta di campo magnetico (aura – spiritus loci) distinguibile dai campi vicini solo per l’intensità delle caratteristiche che formano la sua identità, alla stessa stregua degli esseri umani, contemporaneamente diversi e simili l’uno all’altro…”


“Riconoscendo l’esistenza delle diverse realtà delle nostre quotidianità siamo in grado di coglierne la ricchezza e l’unicità, conservandone la memoria quale eredità culturale. Possiamo in tal modo cogliere l’anima del luogo dove abitiamo, ove mente e corpo si fondono in un atto profondo d’amore e di gratitudine verso questa terra che ci ha donato la vita, la quale racchiude le leggi cosmiche. Difenderla implica tutto questo, nella piena consapevolezza che esiste un’altra realtà molto insidiosa, quella della perdita delle identità, della distruzione delle culture con i loro paesaggi uniformi, prossimi ai deserti..”


“L’esperienza degli orti e dell’agricoltura urbana, seppur con qualche anno di ritardo, si sta diffondendo molto velocemente anche in Italia. Se esistesse una mappatura, vedremmo migliaia di puntini disegnati sulla cartina dell’Italia: gruppi auto-organizzati, orti didattici, orti sul balcone, aiuole coltivati a lattuga, orti sinergici. Tra tangenziali, cavalcavia, ponti, semafori, autostrade, ecco apparire qua e là un orto in tutta la sua bellezza”


“…non si può fare a meno della biodiversità, ovvero i sistemi naturali che sostengono la sopravvivenza di noi tutti. Osserviamo che ovunque avanza la desertificazione (non soltanto siccità bensì perdita dell’humus in seguito al dilavamento dei terreni di superficie), la deforestazione, l’utilizzo improprio dei terreni per produzione elettrica, l’impoverimento dei suoli dovuti a monoculture, la modifica dell’ambiente e, in generale, la dispersione del patrimonio biologico delle specie animali e vegetali, tutti aspetti che dederminano una perdita economica considerevole anche nell´economia…. L’unico “sviluppo” che consente la vita della biosfera è un processo completamente non-materiale, qualcosa che significhi l’evolversi di cultura, arte, spiritualità”


“Il nostro è un lavoro di chi ama osservare l’inverno che finisce e la primavera che avanza, sentire tamburrellare il picchio, sentire l’improvviso fruscìo degli stormi di fringuelli sopra la testa come l’ala di un angelo. Quale calcolo economico possiamo fare di questo lavoro, che faccia rientrare anche la sensazione di essere lambiti da un’ala di angelo? Ho cercato di dare un esempio piccolo e concreto di un modo di lavorare che abbia cura della terra e degli altri esseri perché vorrei fare una domanda. E’ concepibile un’amministrazione politica -di qualunque livello organizzativo- che legifera attorno a questa modo di lavorare slow?”


“Il mondo è un grande laboratorio bioregionale. Forse non abbiamo bisogno di ricorrere alla Storia che con le interpretazioni di chi riporta, narra, commenta, fatti e comportamenti umani, non ci fa vivere o rivivere esperienze aderenti alla realtà dei tempi. Forse ci dobbiamo rivolgere a quel grande laboratorio che è il mondo oggi. Di fatto, in questo momento possiamo entrare nella storia, possiamo guardare a tutte quelle popolazioni presenti oggi nel mondo, che sono rappresentative di realtà che vanno da uno stato che non si discosta molto da quello primordiale a quello che rappresenta lo stato più avanzato della tecnologia. Questo gioco della natura ci consente un’osservazione diretta di sistemi di aggregazione sociale, culturale ed economica, di interpretarli e di cercare di capire che fare per superare le vecchie e le nuove miserie e di essere attori entusiasti nel progetto di costruzione di un mondo equo, solidale, felice, e quindi con un futuro”


"PREPARIAMOCI a vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza e forse più felicità. Non ci sono mai state tante crisi tutte insieme: clima, ambiente, energia, risorse naturali, cibo, rifiuti, economia. Eppure la minaccia della catastrofe non fa paura a nessuno. Come fare? Ci vuole una nuova intelligenza collettiva. Stop a dibattiti fra politici disinformati o in conflitto d’interessi. Se aspettiamo loro sarà troppo tardi, se ci arrangiamo da soli sarà troppo poco, ma se lavoriamo insieme possiamo davvero cambiare."


“Ci vuole uno scossone intellettuale ed amorevole nella nostra attitudine, occorre avviare un bio-ragionamento all’interno delle istituzioni . Dobbiamo entrare nelle maglie profonde del pensiero umano e del contesto sociale in cui viviamo ed ottemperare al dovere di manifestare il “bioregionalismo”, “l’ecologia profonda” e la “spiritualità laica” in questa società, sia urbana che rurale, tecnologica e semplicistica, complessa e facile, insomma serve uno scatto di reni e di cervello…!”


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Poesie  e storie in sintonia con il sentire bioregionale


Accettati adesso

o continuerai a giustificarti come un bimbo.

Ricordati che qualsiasi momento è buono per cominciare

e che nessuno è così terribile per cedere.

Non dimenticare

che la causa del tuo presente è il tuo passato,

come la causa del tuo futuro sarà il tuo presente.

Apprendi dagli audaci,

dai forti

da chi non accetta compromessi,

da chi vivrà malgrado tutto

pensa meno ai tuoi problemi

e più al tuo lavoro.

I tuoi problemi, senza alimentarli, moriranno.

Impara a nascere dal dolore

e ad essere più grande, che è

il più grande degli ostacoli.

Guarda te stesso allo specchio

e sarai libero e forte

e finirai di essere una marionetta delle circostanze,

perché tu stesso sei il tuo destino.

Alzati e guarda il sole nelle mattine

e respira la luce dell’alba.

Tu sei la parte della forza della tua vita.

Adesso svegliati, combatti, cammina,

deciditi e trionferai nella vita;

Non pensare mai al destino,

perché il destino

è il pretesto dei falliti.


Pablo Neruda


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Ungan chiese a Dogo, “Come fa il Bodhisattva Kanzeon (Avalokiteswara) ad usare tutte quelle mani e tutti quegli occhi?”

Dogo rispose, “E’ come un uomo che nel mezzo della notte si sistema il cuscino dietro alla sua testa”.

Ungan disse, “Capisco.”

Dogo disse, “Come lo capisci?”

Ungan disse, “Tutto il suo corpo è mani ed occhi.”

… Dogo disse, “Ciò è molto ben espresso, ma è soltanto otto-decimi della risposta”.

Ungan disse, “E tu come lo diresti, Fratello Anziano?”

Dogo disse, “In tutto il corpo, solo mani ed occhi!”


(Hekigan Roku: Caso 89)


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“Una società è l’organismo; i suoi membri costituenti sono gli arti che svolgono le sue funzioni. Un membro prospera quando è leale nel servizio alla società come un organo ben coordinato funziona nell’organismo.    Mentre sta fedelmente servendo la comunità, in pensieri, parole ed opere, un membro di essa dovrebbe promuoverne la causa presso gli altri membri della comunità, rendendoli coscienti  ed  inducendoli ad essere fedeli alla società, come forma di progresso per quest’ultima.”  (Ramana Maharshi)


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“Dunque l’intelligenza è comune agli animali ed agli uomini. Certo per aspetto e per i suoni che emettono, gli animali differiscono dall’uomo, ma non esistono altresì dei mezzi per poter intendersi con loro? Non v’è cosa che i saggi non conoscano od a cui non giungano: perciò essi riuscirono ad attirare a sé e ammansire gli animali. Che l’intelligenza degli animali sia uguale a quella degli uomini, che essi egualmente desiderino vivere è cosa da tutti conosciuta. Nella più remota antichità gli animali vissero insieme agli uomini. Quando questi si crearono imperatori e re, quelli cominciarono ad impaurirsi e si allontanarono”.

(Lieh-tze) 


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Una fredda notte, seduto nella mia vuota stanza, piena del solo fumo d’incenso, fuori un canneto di bambù con cento piante. Sul letto diversi volumi di poesia. La luna brilla dietro il vetro della finestra e l’intero circondario è silente, salvo per il rumore degli insetti. Guardando alla scena, un’emozione senza limiti, ma nemmeno una parola.

Ryokan


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Passeggiando nel bosco ho sentito, come spesso sento, che nulla può accadermi nella vita….. né disgrazia né calamità alla quale la natura non possa offrire una dolce consolazione…

Ralph Waldo Emerson


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IL CANTO DEL SAMURAI


Non ho genitori: ho fatto del Cielo e della Terra i miei genitori.


Non ho casa: ho fatto dell’accuratezza la mia casa.


Non ho vita né morte: ho fatto dei flussi del respiro la mia vita e la mia morte.


Non ho poteri divini: ho fatto dell’onestà il mio potere divino.


Non ho intermediari: ho fatto della comprensione il mio intermediario.


Non ho segreti magici: ho fatto del carattere il mio segreto magico.


Non ho corpo: ho fatto della sopportazione il mio corpo.


Non ho occhi: ho fatto dei lampi di luce i miei occhi.


Non ho orecchie: ho fatto della sensibilità le mie orecchie.


Non ho arti: ho fatto della prontezza i miei arti.


Non ho strategia: ho fatto della liberazione dall’offuscamento la mia strategia.


Non ho progetti: ho fatto dell’afferrare al volo l’opportunità il mio progetto.


Non ho miracoli: ho fatto della giusta azione il mio miracolo.


Non ho principi: ho fatto dell’adattabilità a tutte le circostanze il mio principio.


Non ho tattiche: ho fatto della pienezza e della vacuità le mie tattiche.


Non ho talenti: ho fatto dell’attenzione il mio talento.


Non ho amici: ho fatto della mia mente il mio amico.


Non ho nemici: ho fatto dell’indifferenza il mio nemico.


Non ho armatura: ho fatto della benevolenza e della rettitudine la mia armatura.


Non ho castello: ho fatto della coscienza inamovibile il mio castello.


Non ho spada: ho fatto dell’assenza dell’ego la mia spada.


(Anonimo - Giappone XIV° secolo)



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La dottrina del disprezzo.


Sono nero, giallo, bruno, meticcio, bianco albino.

Sono un ebreo, sono vecchio, malato, bambino.

Sono arabo, sono nato nel Sud, di un’altra religione,

di nessuna religione.

Sono omosessuale, cieco e amo la natura.

Non so chi è mio padre, mia madre forse puttana.

Sono donna, sono povero, sono paria e andicappato.

La mia sedia a rotelle è questa società.


Sono un indiano, e sono meno di te e son strano, diverso.

La mia squadra di calcio non è la tua. Peccato.

Porto i capelli fuori moda e vestiti rattoppati.

Sono un animale, una pianta e rispetto la natura.

Sono tutto questo, sono la maggioranza!

E poi sono razzista, ma solo con i razzisti!


Peter Boom

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