Noi vegetariani bioregionalisti ed ecologisti, non possiamo trascurare la nostra matrice, la nostra appartenenza ad un contesto culturale, il nostro “discendere” da una famiglia frugivora e la nostra fisiologia umana. Parlavo tempo fa con l’amico Riccardo Oliva sulle sue preferenze alimentari e lui mi confidò che preferisce la dieta vegetariana poichè la considerava una giusta “via di mezzo” fra il carnivorismo ed il veganesimo. Ecco questa parola “via di mezzo” la trovo consona e corretta.
Anche perchè occorre considerare l’anatomia umana e la sua componente genetica ed osservare come l’uomo si ponga a mezza strada tra un animale carnivoro ed uno erbivoro.
L’uomo era stato definito dall’anatomista Armando D’Elia “un animale frugivoro” assimilabile al gruppo che comprende la maggior parte dei primati, dei suini e degli orsi. Questi animali possono adattarsi, per motivi di sopravvivenza o di integrazione alimentare, ad una dieta che pur essendo massimamente vegetariana prevede anche l’uso di prodotti di origine animale.
Certamente questa dieta varia anche in base all’ambiente ed alla latitudine ed è suscettibile di aggiustamenti in un senso o nell’altro.
Io personalmente mi sono avvicinato al vegetarismo dopo una prima permanenza in India è lì appresi attraverso la mia esperienza diretta che questa “dieta” è conduttiva a stati mentali più leggeri, essa si definisce infatti “satvica”, ovvero “spirituale” od “equilibrata”. Questa dieta è basata su cereali, frutta, vegetali e prevede anche l’uso moderato di derivati del latte, in forma di yougurt. Il miele è considerato quasi un medicinale e le uova compaiono molto raramente nelle pietanze solo in caso di necessarie integrazioni proteiche.
Ovviamente un sano rapporto uomo-animali non può essere basato sullo sfruttamento di questi ultimi. Infatti in India le vacche sono sacre e vengono trattate benissimo, i vitelli vengono lasciati alle madri sino al completo svezzamento e l’uomo si limita ad “appropriarsi” del sovrappiù del latte prodotto. Considerando che le mucche addomesticate da tempo immemorabile producono più latte di quanto necessario ai loro vitelli.
Se vogliamo restare esseri viventi in un contesto di altri esseri viventi non possiamo completamente escludere una complementarietà nei nostri rapporti con gli animali. La natura vive sulla vita, noi umani siamo frugivori ed i frugivori fanno un limitato uso di uova e di prodotti di origine animale, questo dice la loro “ecologia” fisiologica.
Certo oggigiorno vediamo che i consumi in tal senso sono aumentati enormemente soprattutto in seguito all’allevamento industriale. E per soddisfare il sistema consumista milioni di galline vengono tenute in batteria per le nostre uova… e milioni mucche soffrono legate ai loro stabulari…
Però non voglio negare all’uomo un rapporto simbiotico con gli animali. Anni fa ero solito tenerli liberi in un grande terreno lasciando che si sfogassero come volevano per la loro sopravvivenza e riproduzione, limitandomi io a prelevare una parte di uova “abbandonate” ovvero non utilizzate per la cova o qualche po’ di latte di capra. Poi sopraggiunsero le volpi ed i cani e fecero strage, e dovetti richiudere capre, pecore, galline e papere ed oche superstiti in piccoli recinti sempre però attaccabili da predatori di vario genere… Insomma senza la mia protezione nessuno sarebbe sopravvissuto…
Ricordo l’ultima gallina che ho avuto a Calcata, me la portò una ragazza vegetariana che l’aveva “pescata” da pulcino ad una fiera… Poi cresciuta non volendo ucciderla la consegnò al Circolo. Io l’ho tenuta quasi come un animale da compagnia, com’era d’altronde già abituata ad essere, ma questo non impediva che deponesse delle uova e che io le mangiassi, e pure con soddisfazione e riconoscenza…
Con i tempi che corrono le galline non potrebbero vivere in cattività, sarebbero totalmente sterminate dai tanti nemici naturali… … Comunque… la natura è sempre giusta, se siamo in grado di accondiscendere alle sue regole ed a non intrometterci con le nostre “regole etiche e morali”… E’ una dura lotta verso la consapevolezza… ecologica profonda…
A me personalmente non piace che nuove specie vengano allevate in cattività.. ma quegli animali in cattività, se sono tenuti con coscienza e amore almeno campano e si riproducono…
Dobbiamo imparare a convivere con gli animali in modo idoneo, senza trasformarli a nostra immagine e somiglianza (come spesso avviene con i pets), e senza sfruttarli per usi impropri ) come negli allevamenti industriali da carne e da latte e da uova)…
Ed allora avremo attuato un sano rapporto con essi, un rapporto che potremmo definire “ecologico” e “bioregionale”….
Con questo mio discorso vorrei essere chiaro circa il rapporto -secondo me- “ideale” (o se preferite “ecologico”) con gli animali e le piante.
Con questo mio discorso vorrei essere chiaro circa il rapporto -secondo me- “ideale” (o se preferite “ecologico”) con gli animali e le piante.
La nostra schizofrenia e falso senso dell’etica ci porta a dividere gli animali in pets e animali da carne. Sono due categorie opposte, sono due modi scriteriati di rapportarci con gli animali. Noi stessi -tra l’altro- siamo animali, quindi abbiamo bisogno di avere un contatto con i nostri “fratelli e sorelle” di altra specie. Se è chiaro questo… allora comprenderete tutto il resto…
Non teniamo gli animali in gabbia (per sfruttarli fisicamente) e nemmeno nei divani (per sfruttarli psicologicamente).
Dobbiamo trovare un punto d'incontro che non sia sfruttativo (in un senso o nell’altro), purtroppo la vita malsana in città ci porta a dover avere un rapporto con gli animali “liberi” molto falsato, portandoceli in casa… Oppure lasciandoli nel loro habitat (riserve naturali) dal quale noi stessi siamo esclusi (perché non più avvezzi a vivere nelle foreste od in natura).
Però se alcune specie di animali avvezzi alla cattività da tempo immemorabile venissero rilasciati sarebbero destinati alla scomparsa, per via della eliminazione dal pianeta di un habitat idoneo (l’uomo occupa sempre di più ogni spazio vitale). Insomma andremmo verso un ulteriore impoverimento della biodiversità. Inoltre c’è il fatto che -dal punto di vista evolutivo- alcune specie di animali in simbiosi con l’uomo hanno trovato vantaggi nella cattività (sia per la diffusione, sia per l’avanzamento intellettuale e coscienziale).
Siamo tutti in una grande bolgia chiamata vita e non sta bene scindere gli uni dagli altri… No quindi allo sfruttamento incondizionato ma sì al contatto empatico. L’uomo da animale istintuale e raccoglitore di cibo sparso, si è trasformato in un lavoratore che ricava attraverso il suo ingegno cibo e modi di crescita.
Il lavoro ha affrancato l’uomo dalla “bestialità” pur costringendolo a nuovi parametri di debolezza e alienazione.. Ma sia nei rapporti fra esseri umani che nel rapporto con gli animali dovremmo trovare un modo “equanime” di poter esprimere il contatto e la collaborazione senza dover ricorrere alle perversioni (vedi esempi soprastanti) di un rapporto utilitaristico.
Avrete compreso che -a questo punto- il problema delle uova, del miele e del latte in sovrappiù, ha perso quasi completamente il suo significato “etico” originario.. Non è più un fatto di sfruttare dei poveri uccelli rubando loro le uova.. etc. è un fatto di sopravvivenza generale della vita sul pianeta in un modo simbiotico, con opportuni aggiustamenti e con opportune riflessioni sui valori della vita stessa…
Siamo in una scala evolutiva che in parte noi umani abbiamo percorso, ci manca ancora molto per arrivare alla cima della comprensione, possiamo però aiutare coloro che sono ai primi gradini senza doversi vergognare… Sapendo che il loro bene è anche il nostro. Questo vale per le piante, per l’aria, per le risorse accumulate sulla terra nei milioni di anni, per il nostro passato nella melma e per il nostro futuro nelle stelle. Per aspera ad astra!
Secondo me non occorre decidere nulla sulla base di una ideologia (che sia essa vegana o religiosa).. limitiamoci a seguire la coscienza sapendo che dove c’è sincerità automaticamente la verità prevale.
Ritengo che la morale e l’etica siano essenzialmente “astrazioni” e pertanto mi limito a seguire la via del cuore (in cui ciò che è consono appare e si manifesta senza sforzo)… Sento che in questa via tutto sia compreso…
Paolo D’Arpini
Caro Paolo, l'argomento è di massima rilevanza e l'approccio pacato contrasta con i toni da ultima spiaggia che animano tuttora l'area animalista, dove mi risulta che tutti i tentativi di pervenire a un dibattito chiarificatore siano falliti, radicalizzando le posizioni.
RispondiEliminaPer questo apprezzo molto il tuo contributo e mi auguro che possa essere l'avvio di un approccio utile a evidenziare gli errori e i fanatismi che impediscono una crescita di questo movimento. Prendo spunto dagli aspetti che mi paiono piu' interessanti, come l'approccio ecologico e, perchè no, bioregionale. Da un punto di vista ecologico la critica alla mercificazione dell'animale, che tu giustamente evidenzi viene praticata su due livelli, allevamenti e pet, va rivolta allo stravolgimento degli equilibri esistenti in natura. Da un punto di vista bio regionale non ho molto approfondito, ma mi pare riferirsi al rapporto che differenti gruppi sociali in differenti epoche e differenti aree geografiche hanno avuto ed hanno con la specie animale, da cui attingono con parsimonia per i reciproci bisogni. Nutro una certa diffidenza verso l'approccio etico, perchè mi pare travisato e possibile concausa del fanatismo che identifica l'animalismo con una obiezione di coscienza. Obiezione di coscienza che non è certo un fatto deprecabile, talchè mi riconosco anch'io in certe mie scelte alimentari, ma alla quale non attribuisco valore fondante e universale quanto alle dinamiche materiali del sistema. Spero che avremo modo di approfondire e sviluppare questi temi.
Caro Rosario,ne potremo parlare ampiamente in occasione della Festa dei Precursori, che si tiene a Treia dal 25 al 28 aprile 2013; oppure all'Incontro Collettivo Ecologista che si tiene a Vignola dal 22 al 23 giugno 2013... A te la scelta!
RispondiEliminaCiao, Paolo - circolo.vegetariano@libero.it
Grazie per l'invito, intanto ti trasmetto via email una traccia sul tema dello specismo che ho estrapolato dall'Ecomanifesto redatto in Green House in collaborazione con alcuni gruppi ecologisti sul web . La materia è solo introdotta e , come puoi leggere, non si entra neanche nel merito, limitandoci ad enunciare i concetti chiave e le due tendenze per cosi dire prevalenti. Questo un sunto del testo che ti invio a seguire:
RispondiEliminaPAR.7- SPECISMO
(..)
Potremmo dire che il naturalismo come lo intendiamo noi é semplicemente la lotta per vivere, il modo con cui uomini ed animali si adattano all'ambiente.
La perdita di questo rapporto nel corso dell'evoluzione della società é un processo inarrestabile che si è caratterizzato in modo diverso a seconda del contesto, ma che ha prodotto cambiamenti impressionanti, tal ché il pianeta è messo a rischio dai comportamenti e dalle trasformazioni derivanti dall'attività dell'uomo.
Chiamiamo tale perdita specismo, ovvero la pretesa superiorità della specie umana sull'universo.
Avverso lo specismo si sono sviluppate le tesi antispeciste di 1 generazione che lo approcciano preminentemente come fosse una categoria etica (Dunayer, Singer , così in 1 convegno italiano antispecista, Stefania Sarsini Firenze, dic.2011.) e di 2 generazione, che lo individuano preminentemente come categoria politica (Horkheimer ).
Una disamina storica dell’attenzione verso le specie viventi e della loro classificazione ci conduce fino ad Aristotele (primo autore a tentar una classificazione degli esseri viventi); mentre un antesignano di un approccio autocritico nei confronti della supremazia ‘di specie’ fu Mark Twain, animalista dichiarato, che sosteneva che l’uomo, essendo dotato del “senso morale”, è l’essere peggiore del creato.
Un approccio naturalistico o ecologico ed a-specista esamina e considera le diverse specie come differenziate in base ai caratteri distintivi; la coscienza naturalista o ecologica individua il proprio essere dentro la natura, nell'uguaglianza simbiotica o interdipendente tra tutti gli organismi viventi, catalogati secondo regni, classi, ordini, famiglie e specie da una scienza umana che studia la vita; con consapevolezza e sensibilità che le relazioni tra le specie viventi consentano il mantenimento dell'equilibrio tra sistemi ed ecosistemi e siano garanzia della sopravvivenza delle specie tutte, che adeguano le proprie funzioni e le proprie caratteristiche in un processo di continuo adattamento.
La rottura di questo equilibrio, attraverso la predominanza di una specie che ignora le leggi naturali per sopraffarne altre é un attentato all'integrità del ciclo biologico.
(...)
SPERIMENTAZIONE
Un dispositivo che riproduce il funzionamento del corpo umano potrebbe rimpiazzare gli animali nelle sperimentazioni mediche. Questo è uno degli obiettivi di Donald Ingber, bioingegnere dell'Università di Harvard e fondatore del Wyss Institute di Boston, dove medici, biologi, ingegneri, industriali e perfino artisti lavorano da tre anni a progetti avvenieristici. Con ottimi risultati. ...tra l'altro, c'è la messa a punto di un congegno grande come una penna Usb, un chip che riproduce il polmone umano, compresa la capacità di respirare come se fosse vivo...Sperimentando sul piccolo congegno l'effetto di farmaci, tossine, o particolato inquinante, si possono osservare quelle reazioni fisiologiche, tipiche dell'uomo, che avvengono a livello extracellulare. Cosa che i test in vitro non riescono a fare. Motivo per cui, finora, è stato giustificato l'uso di cavie per la ricerca....dice Ingber "si sta finalmente riconoscendo che testare terapie mediche sugli animali è fuorviante, perchè l'uomo è fatto in modo diverso ed ha reazioni differenti agli agenti esterni, farmaci compresi"
leggi anche questo articolo interessante .. sull'incidenza sull'habitat degli allevamenti industriali: http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2013/01/alimentazione-ed-ecologia-profonda.html
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