Esiste la realtà fuori di noi? Dobbiamo rinunciare ad investigare sulla realtà?

  


Sotto il termine generico di Empirio-Criticismo, questo atteggiamento filosofico consiste nel fatto di considerare Scienza e Conoscenza come basate solo sul dato empirico fenomenico (sensazioni, percezioni) senza però considerare se queste sensazioni e percezioni ci derivino da oggetti reali che esistono effettivamente nella realtà. Dovremmo rinunciare – quindi – ad indagare sulla realtà sottostante al fenomeno (che potrebbe anche non esistere).
 
Le scuole filosofiche di questo tipo partono da posizioni apparentemente empiriste per poi virare verso posizioni quasi “idealiste”, in cui al posto delle idee “pure” troviamo le sensazioni e le percezioni “pure”. Per chiarire meglio al lettore con un esempio la posizione di questi pensatori, basterà ricordare che alla fine dell’800 essi erano convinti che gli atomi non esistessero perché “non si vedono”.
 
Questa filosofia ebbe il suo massimo rappresentante nel fisico viennese Mach, che fu anche filosofo sottile di grande intelligenza ed amico ed avversario del “realista” Boltzmann. Mach  ha avuto il merito indubbio, riconosciuto anche da Einstein, di mettere in crisi alcune acquisizioni errate della fisica precedente, come il presunto “spazio assoluto” presupposto da Newton cui farebbero riferimento tutti i moti e le forze d’inerzia. Mach faceva notare che non esisteva uno “spazio assoluto” e che bisognava riferirsi piuttosto alla distribuzione reale delle masse nell’Universo, e criticava anche il concetto di “massa” così come formulato da Newton.
 
Mach, però, sosteneva anche che la Scienza ha un carattere convenzionale ed è basata, non su elementi reali, ma su percezioni che sono a metà tra mondo fisico e psichico, e che il soggetto che percepisce e l’oggetto percepito sono la stessa cosa. L’analisi dei fenomeni sottostanti le percezioni sarebbe irrilevante e lo scienziato dovrebbe solo produrre delle buone equazioni matematiche che prevedano i risultati sperimentali di controllo. La Scienza consisterebbe nello scegliere alcune sensazioni più significative, e più facilmente riducibili a simboli, nel flusso continuo di sensazioni che ci arriva.
 
Mach nel 1897 negò esplicitamente l’esistenza degli atomi. Era anche ferocemente contrario alle teorie meccaniciste di Galilei, Newton e Boltzmann: “Chi si avvale delle stampelle dei concetti meccanici per arrivare al riconoscimento dell’equivalenza del calore e del lavoro non comprende se non a metà il progresso realizzato da questo principio”.
 
Questa filosofia ha un suo antecedente nella filosofia settecentesca del vescovo inglese Berkeley, autore di sottili ragionamenti, che partendo da posizioni empiriste arrivava poi al punto di affermare che l’unica realtà sono le percezioni (“Esse est percipi”, cioè “esistere significa essere percepito”). In questo modo Berkeley negava l’esistenza di un mondo materiale, sostituito dalle sole percezioni. Non è forse errato dire che nella filosofia empirio-criticista si sente anche l’influenza della Fenomenologia di Husserl che poi ha dato vita a varie scuole filosofiche di tendenze irrazionaliste (Heidegger, Jaspers ed il moderno Esistenzialismo). Husserl infatti affermava che la conoscenza è data solo da pure essenze ideali ottenute depurando le sensazioni, provenienti dal continuo flusso dei fenomeni, da ogni riferimento oggettivo all’esperienza.
 
In altri articoli dedicati a questo argomento  abbiamo ricordato la polemica scoppiata alla fine del secolo XIX tra i seguaci di Mach (tra cui il chimico Ostwald, il filosofo Helm, lo storico della Scienza, il francese Duhem sostenitore del carattere convenzionale della Scienza), che negavano l’esistenza degli atomi e la validità delle leggi della meccanica sostenendo che nel modo si verificavano solo scambi energetici (”Energetismo”), e – dalla parte opposta - Boltzmann, sostenitore del meccanicismo e dell’atomismo. Abbiamo anche ricordato che a favore di Boltzmann intervennero il grande fisico Max Planck (iniziatore della Fisica Quantisca) ed il grande rivoluzionario Lenin in persona. Infatti nel 1909 Lenin pubblicò la sua opera “Materialismo ed Empirio-Criticismo” in cui prendeva energicamente posizione a favore di una Scienza materialista e realista. Lenin riteneva che l’Idealismo è reazionario, il Materialismo è rivoluzionario.
 
Gli studi e le esperienze di Einstein, Perrin, J.J. Thomson, Rutherford, ecc., hanno certamente determinato la vittoria degli atomisti, ma le impostazioni di Mach hanno continuato ad influenzare profondamente le impostazioni della corrente maggioritaria, detta “ortodossa”, dei Fisici quantistici guidati dal danese Bohr, creatore del famoso Istituto di Fisica di Copenaghen, e rappresentata da Heisenberg, Dirac, Pauli, Max Born, Jordan, Feynman. In altri articoli dedicati all’argomento abbiamo visto come Bohr abbia elaborato il “Principio di Complementarità” secondo cui dobbiamo limitarci a registrare i risultati contradditori forniti separatamente dagli strumenti (come nel caso di oggetti sub-atomici che si presentano a volte come particelle, a volte come onde, fatto già teorizzato già dal fisico francese De Broglie). Sarebbe superfluo investigare sul perché ciò accada. Ci basta avere delle buone equazioni che descrivono i fenomeni.
 
Premettiamo – a scanso di equivoci – che i fisici menzionati sopra sono stati tutti dei giganti della Fisica, e che la Fisica Quantistica ha ottenuto risultati teorici ed anche pratici spettacolari. La Fisica Quantistica è alla base delle tecniche dei semiconduttori e dei transistor che ha permesso la diffusione di computer miniaturizzati per uso comune, cellulari, robot dotati di Intelligenza Artificiale, lettori DVD, laser, apparecchi per la risonanza magnetica, ecc. che hanno costituito una terza rivoluzione industriale a metà del secolo XX. Vogliamo però sottolineare alcune pericolose forzature filosofiche di questi scienziati, che rischiano di portare la Scienza fuori strada.
 
Percorrendo questa strada i fisici quantistici “ortodossi” aderenti alla “Scuola di Copenaghen” tendono ad allontanarsi da interpretazioni “realistiche” del mondo. Solo pochi anni dopo aver sviluppato il modello atomico che porta il suo stesso nome Bohr nel 1920 dichiarò che:  ”quando si tratta di atomi, il linguaggio può essere usato solo come si fa in poesia. Il poeta non è molto preoccupato dalla descrizione dei fatti, ma dal creare immagini e stabilire connessioni mentali”.   Ed ancora: “Le particelle materiali sono astrazioni. Le loro proprietà si possono definire ed osservare solo attraverso le loro interazioni con altri sistemi”.
 
Per Bohr ed Heisenberg la Fisica non ha a che fare con la realtà oggettiva ma solo con la conoscenza (superficiale) che abbiamo di essa, concezione in cui la realtà sottostante diviene evanescente. Il fisico conosce solo ciò che può misurare, non quello che c’è sotto. Le misure non indicano proprietà indipendenti degli oggetti. Heisenberg giunge a dire che l’idea che le particelle esistano realmente è discutibile.  Anche il concetto di traiettoria della particella è rifiutato da Heisenberg. Circa 15 anni dopo la formulazione del modello atomico di Bohr spariscono dalla meccanica quantistica orbite e particelle. Il mondo sarebbe fatto di eventi, non di oggetti. Si unisce a questo coro anche il filosofo Goodman: un oggetto non esiste di per sé: è solo un processo. Sono le relazioni esistenti in un processo a “creare” l’oggetto.
 
Negli anni ’30 Bohr mise persino in dubbio il principio di conservazione dell’energia per interpretare l’emissione continua della radiazione “Beta”, spiegata poi da Pauli con l’ipotesi (rivelatasi esatta) dell’esistenza del neutrino.
 
Questi atteggiamenti sono diventati di moda tra molti fisici attuali. Per lo statunitense John Wheeler un fenomeno non esiste se non è osservato. Anche il nostro Carlo Rovelli – esperto di Gravità Quantistica e divulgatore scientifico - è giunto a pronunciare concetti tipici della filosofia fenomenologica: “La realtà non è fatta di oggetti. È un flusso continuo continuamente variabile”. I confini degli oggetti sono arbitrari ed un sistema fisico è un’idealizzazione. Ha espresso anche concetti idealistici: la statua non è solo marmo, ma sarebbe una relazione tra la mente di Aristotele che ne parla, quella di Fidia che la progetta, e la nostra mente che la sta pensando.
 
Ma uno stuolo di fisici di prima grandezza – che pure avevano contribuito in modo decisivo alla nascita ed allo sviluppo della Fisica Quantistica - non era d’accordo con queste posizioni: tra questi Einstein, Planck, De Broglie, ed Erwin Schrödinger (quest’ultimo aveva sviluppato l’equazione più famosa di questa branca della Fisica). Basti ricordare le parole di Einstein rivolte a Schrödinger:” Bohr è un mistico che ci vieta di investigare su una realtà indipendente da chi la osservi. È un filosofo talmudista che considera la realtà come una figura terrorizzante inventata da una mente ingenua”. Einstein riteneva la Fisica Quantistica ortodossa “incompleta”. Planck sosteneva esplicitamente che il mondo esterno indipendente da noi esiste e la Fisica non è affatto convenzionale. Per Planck bisogna distinguere tra mondo sensibile e l’immagine fisica che ne diamo con leggi e concetti matematici che potrebbero non corrispondere esattamente, ma ciò non deve indurci ad una concezione puramente convenzionale della Scienza.
 
Anche da parte dei fisici sovietici sono spesso state formulate accuse di “idealismo” nei confronti della fisica quantistica “ortodossa”. Il fisico Fock faceva notare che non c’è nulla di misterioso nel fatto che esperienze e strumenti diversi ci diano immagini diverse (ad esempio, a volte onde, a volte particelle). È compito del fisico cercare una spiegazione fisica ed effettuare una sintesi.
 
Anche Rovelli sembra assumere una visione più “realista” quando afferma che non basta far previsioni matematiche che poi corrispondano a previsioni verificabili. Vogliamo anche capire la realtà fisica sottostante. Copernico e Newton hanno prodotto teorie senza esperienze dirette, ma sfruttando esperienze di altri. Alla fine l’origine del sapere è sempre empirica e si riferisce ad una realtà fisica concreta.
 
Nella sua polemica con Mach anche Lenin affermava che l’errore del fenomenista è la convinzione che la realtà oggettiva coincida con le sue sensazioni e rappresentazioni, che invece sono strumenti per cogliere una realtà indipendente. Esiste un mondo esterno che coincide con la realtà ed è materiale. Il pensiero è il riflesso della realtà materiale. Dalle sensazioni si passa ai concetti per astrazione. Il materialista dialettico è sicuro dell’esistenza di una realtà indipendente da noi. Sono parole molto chiare e certamente da sottoscrivere.
 
Vincenzo Brandi



 

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