Nietzsche vede Socrate il nemico dell'istinto, del dionisiaco, colui che si oppone alla natura stessa dell'uomo greco.
Un odio così profondo, violento e programmatico da non ammettere riserva alcuna. Ma cosa può nascondere il giudizio lapidario di Nietzsche all'indirizzo di Socrate? Insiste nel chiamarlo genio della decadenza e nell'attribuirgli la responsabilità di gran parte dei mali dell'occidente, in primo luogo l'elaborazione di quella metafisica che porta alla distinzione di due mondi - l'uno sensibile e l'altro trascendente - e, quindi, alla perdita dell'originaria unità dello spirito dionisiaco.
Lo accusa di "pessimismo", di negatività, addirittura punta il dito sulla sua bruttezza fisica, che considera - alla maniera lombrosiana - indice di una abnormità intellettuale: draconi quì est in mente, et draconi quì est in frontibus suis, letteralmente: mostro in fronte e mostro in animo.
Tuttavia Nietzsche ha avuto con Socrate un rapporto conflittuale problematico e contraddittorio, per esempio, il filosofo tedesco afferma: "Socrate mi è così vicino, che quasi sempre sono in lotta con lui". A mio parere questa strana empatia va rintracciata in un "aspetto segreto", cioè una sorta di premeditazione della morte (Socrate volle la morte; egli in verità volle bere il veleno), e va anche messo in relazione col senso tragico, teorizzato nella "Nascita della tragedia" e nell'ottica del quale il pensatore ateniese diventa artefice di un "rovesciamento della verità cui si era vicini nel mondo", afferma Nietzsche.
Socrate è descritto come il tipo dell'uomo teoretico, ma non con un valore auspicabile, come si potrebbe aspettare.
L'abilità discorsiva, la vocazione alla dialettica e la tendenza al dialogo tradiscono una natura antimusicale, "una influenza nefasta sull'arte e gli istinti fondamentali dell'esistenza", dice ancora di lui Nietzsche.
Lo accusa di uno sviluppo eccessivo della logica che ha invertito i ruoli dell'istinto e della coscienza, facendo morire la felice intuizione della "unità degli opposti", propria della sensibilità presocratica.
"Vincitore di Dionisio", secondo Nietzsche è la grande colpa di Socrate. Socrate non si limiterebbe ad un'opera di degenerazione, perfezionata in seguito dall'allievo Platone, ma utilizzerebbe il metodo ironico per sorreggere, alla fine, un nuovo ideale etico (ed ascetico), nonché religioso.
Sempre a mio parere, la chiave di volta per la comprensione del "caso Socrate", come lo chiama Nietzsche, risiede nella visione del Socrate prossimo alla fine, mentre si accinge ad ingerire la letale dose di cicuta, cui è costretto dal verdetto dei giudici ateniesi. Quì il filosofo testimonia di non essere soggetto alla legge della "Physis", della "natura" - cioè la realtà prima e fondamentale, principio e causa di tutte le cose -, ma che la sua anima appartiene ad un'altra natura ed è già pronta a trasferirsi in un altro luogo. Le sue frasi sono rivelatrici: "solo la morte è il "medico" che può liberarci dalla terribile malattia di vivere". In questo snodo massimo e paradossale Socrate e Nietzsche tornano a tenersi per mano: entrambi accusati di empietà.
Educatori tacciati di essere corruttori e nichilisti; mi viene da dire, parafrasando Nietzsche: per non far trasparire un profondo attaccamento ad alcuni valori.
Giovanni Provvidenti
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