Esiste un Dante Alighieri che Benigni non vuole o non può
vedere. Un Dante reazionari. (diremmo oggi "populista"). Un Dante che sarà poi
ripreso dal "cattolico belva" Domenico Giuliotti e da Ezra Pound.
Questo Dante, il vero Dante, ha scritto parole durissime
contro l'immigrazione e contro la Chiesa che si rende complice di questa
tratta di uomini. Basta leggere il sedicesimo canto del Paradiso, dove
Dante, accompagnato da Beatrice, è a colloquio con Cacciaguida, il
glorioso avo che trovò la morte durante la seconda crociata.
Dante chiede a Cacciaguida di parlargli di Firenze, di
raccontargli come fosse nei tempi civili. Subito Cacciaguida si infiamma
"come s’avviva a lo spirar d’i venti / carbone in fiamma, così vid’io
quella / luce risplendere a’ miei blandimenti". Ricorda come gli
abitanti di Firenze fossero un quinto rispetto a quelli che ci sarebbero
stati 150 anni dopo dopo la sua morte: "Tutti color ch'a quel tempo
eran ivi / da poter arme tra Marte e ‘l Batista, / eran il quinto di
quei ch’or son vivi. Ma la cittadinanza, ch’è or mista / di Campi, di
Certaldo e di Fegghine, / pura vediesi ne l’ultimo artista". Ovvero: la
popolazione di Firenze, che ora è mescolata con gli abitanti di Campi
Bisenzio, Certaldo, Figline Valdarno, era pura fino al midollo. Fino al
più semplice degli artigiani.
E di chi è la colpa, secondo Cacciaguida e, quindi, anche
secondo Dante? DellaChiesa che favorisce l'immigrazione dei toscani a
Firenze: "Se la gente ch’al mondo più traligna / non fosse stata a
Cesare noverca, ma come madre a suo figlio benigna, / tal fatto è
fiorentino e cambia e merca, / che si sarebbe vòlto a Simifonti, / là
dove andava l’avolo a la cerca". Ovvero: se la Chiesa non fosse stata
matrigna nei confronti dell'imperatore e fosse stata amorevole nei
confronti del figlio, certi fiorentini che ora passano il tempo a
cambiar valute e a mercanteggiare sarebbero rimasti a Semifonte a
chiedere l'elemosina come facevano i loro avi.
E Dante riconosce la causa prima della decadenza delle
città nell'immigrazione indiscriminata: "Sempre la confusion de le
persone / principio fu del mal de la cittade, / come del vostro il cibo
che s’appone". Ovvero: la mescolanza delle genti provoca sempre il male
delle città.
Hermes Alighieri - pressofficedante@gmail.com
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