Quanta “parte” di noi… negata!?
Che esista una “metà oscura” dentro ciascuno di noi, credo sia cosa abbastanza comprovata e sperimentata, ma ciò che mi chiedo è: fino a che punto questa metà oscura può spingersi? E quale è il suo reale potere?
Quando frequentavo il catechismo, in attesa di essere sufficientemente “preparata” per ricevere la prima Comunione, il sacerdote che seguiva, noi giovani “pecorelle” sul cammino della fede, era solito mostrarci delle diapositive, proiettate su un maxi schermo, in cui comparivano bambini “buoni” e bambini “cattivi”; quelli buoni avevano il cuore bianco, vestiti puliti, un viso luminoso e giocavano sereni; quelli cattivi, invece erano rappresentati con un cuore completamente nero e ovviamente lasciati in disparte dal mondo intero, soli…..
Confesso che spesso, negli anni, questa immagine mi è tornata in mente e ho pensato alle mie azioni, valutando se, nel momento in cui le stavo per compiere, se fossero degne di una “bambina buona”…. questo mi ha portata, spesso, a mettere da parte la famosa “zona d’ombra”, quella parte, di cui si parla tanto, ma che, forse, molti di noi, sperimentano poco! Quanti condizionamenti e soprattutto quanta paura nel mostrare rabbia e autodeterminazione, nel dire: “io ci sono”!, “Esisto”.
Perché, mi chiedevo continuamente da bambina, Dio non ama tutti allo stesso modo? Io volevo aiutare il bambino con il cuore nero, volevo tirarlo fuori dalla polvere e dal silenzio in cui si trovava, ma non potevo dirlo al sacerdote, perché, anche “rispondere”, era considerato un atto offensivo e la punizione era “inesorabile”!
Scrivere certe cose, oggi, mi fa sorridere, ma la scrittura, pur nella sua semplicità è un modo per vivere noi stessi, ogni volta in modo diverso e nuovo.
Sciolta dai legami della facile “critica”, mi sento libera dal giogo di un sistema che puniva le emozioni e la libera espressione creativa. Anche sognare era “sbagliato”.
Quanta confusione nella conoscenza della nostra vera “sostanza”.. e se potessimo dire finalmente tutto! Chissà cosa “verrebbe fuori”… C’è una frase che molto esprime di questo mio “scritto”, è tratta dal Romanzo Demian, di Hermann Hesse; così recita: «Volevo solo cercare di vivere ciò che spontaneamente veniva da me. Perché fu tanto difficile?»
Nessuna risposta, solo una dolce melodia che scioglie il rancore, abbracciandolo, come parte di noi!
Antonella Pedicelli
Anche il santo Ramakrishna Parahamansa, maestro di Vivekananda, parlava dell’esperienza da lui fatta di un “papa-purusha” un ente oscuro che risiede nel corpo umano unitamente ad un testimone satvico. Lui vide in meditazione che entrambi uscivano dal suo coprpo e combattevano finchè l’elemento luminoso non uccideva quello oscuro. Ritengo sia un’allegoria della lotta contrappositiva fra l’ignoranza e la conoscenza, l’ego ed il Sè. C’è una conflittualità interna fra la mente identificata con il corpo e l’anima. E la mente, vittima dell’illusione, fa di tutto per osteggiare ogni tentativo dell’anima di ricongiungersi a Dio. Questo è dovuto ad un inveterato senso di separazione che ha celato quasi completamente la nostra vera origine e natura. Perciò, lo stesso Ramakrishna raccomandava per questa epoca di Kali la ripetizione dei nomi divini e la devozione, come metodo migliore per riavvicinarsi alla Sorgente. In fondo anch’io seguo questo sentiero d’amore integrandolo con la continua osservazione dei moti interiori, l’indagine e la discriminazione sul reale.
RispondiElimina