Quando, tra maggio e giugno, il grano
raggiunge quella colorazione verde e gialla che precede la
maturazione, si possono scorgere nei campi dei rossi capolini: i
papaveri.
Fiori effimeri e impalpabili,
l’effetto, in piena fioritura, è straordinario.
Un trionfo di rosso emerge dai campi di
grano e trasmettono gioia solo a guardarli. Per pochi giorni il campo
viene invaso dal rosso dei papaveri e sembrano prevaricare il giallo
del grano, Poi, improvvisamente, cominciano ad appassire e al momento
della mietitura non se ne vedono quasi più.
Mirella amava viaggiare col nonno,
capitava di rado, purtroppo, ma quel mese di giugno, appena chiusa la
scuola, le propose di andare a trovare gli zii di Piacenza.
Lo zio aveva appena traslocato nella
casa nuova, in periferia, e la zia, al telefono aveva detto che
vicino a loro c’erano tanti campi di grano pieni di papaveri.
Mirella voleva vederli e partirono in una mattina già calda, quando
ancora il sole doveva sorgere.
Il treno, con le carrozze di legno,
procedeva verso est, andava incontro al sole che stava per colmare
l’azzurro intenso dell’alba col suo calore.
Mirella si era addormentata sulle
ginocchia del nonno, perché quella mattina era stata svegliata che
era ancora buio.
Quando arrivarono nella stazione di
Piacenza, il nonno svegliò la bimba che sbadigliando cominciò a
fare mille domande:
“Dov’è la casa dello zio?”
“Quando arriveremo?”
“E’ vero che ci sono i campi coi
papaveri vicino?”.
Il nonno, già stanco per il viaggio,
tollerava appena quel chiacchiericcio continuo e le chiese di fare
silenzio.
Il tassista sorrideva sentendo quella
bimbetta che tormentava il vecchio, ma non disse nulla e si limitò a
guardare dallo specchietto retrovisore.
Li portò a destinazione giusto per
l’ora di pranzo.
La zia aveva preparato una tavolata di
cose buone e Mirella mangiò con gusto. Mentre il nonno e lo zio si
mettevano a parlare di cose da grandi, La bambina, insieme alla
cuginetta, si rifugiò nella cameretta a giocare con le sue bambole.
Dopo pranzo si doveva già pensare al
rientro a casa, i viaggi erano ancora molto lunghi, non si parlava di
treni veloci e le coincidenze comportavano anche lunghe attese.
Mirella corse giù dalle scale e
spalancò la porta d’ingresso; lo spettacolo che le era sfuggito la
mattina, colpa l’appetito, era lì davanti ai suoi occhi: un
magnifico e rutilante campo di papaveri!
“Guarda nonno! Sono bellissimi!
Portiamoli alla mamma, mi dice sempre che le piacciono molto!”
Il nonno cercò di spiegarle che i
papaveri appassiscono in fretta e non conveniva raccoglierli; il
viaggio era lungo e avrebbero sofferto la sete, ma Mirella non lo
ascoltava più e già si era addentrata nel campo di grano, incurante
delle alte spighe che le spettinavano i capelli sciolti. Continuava a
raccogliere fiori ed era così frenetica che in un attimo scomparve
alla vista del nonno che cominciò a chiamarla preoccupato.
La sentiva emettere gridolini di gioia,
ogni tanto vedeva spuntare la testolina del colore del grano e poi la
vide tornare di corsa, raggiante, con un gran fascio di papaveri tra
le braccia. La mamma le raccomandava sempre di raccogliere i fiori
con tanto gambo, in modo da poterli mettere nel vaso, e lei era stata
attenta e li aveva colti proprio all’inizio dello stelo.
Il nonno le chiese:
“Dove pensi di mettere tutti quei
fiori?”
“In valigia!” rispose sicura la
bambina. La prese dalle mani del nonno, l’aprì e vi mise dentro il
gran fascio di papaveri.
Quel nonno lasciava fare tutto alla
nipotina, che adorava; per lui era più importante che lei fosse
contenta e convinta, il resto non contava.
Le lasciò sistemare la valigia,
l’aiutò a chiuderla, salutarono i parenti e salirono sul taxi che
era venuto a prenderli.
Per un momento rischiarono di perdere
l’ultimo treno della giornata, perciò il nonno, con un po’ di
fiatone, sistemò la valigia sulla reticella sopra il loro posto e si
sedette pesantemente con l’intenzione di schiacciare finalmente un
pisolino.
Mirella ogni tanto alzava la testa per
controllare la valigia e intanto pensava alla gioia della mamma nel
vedere i papaveri rossi che lei le aveva raccolto.
Si addormentò con la testa appoggiata
alle ginocchia del nonno che già aveva cominciato a russare e non si
accorse neppure che il papà, alla stazione, l’aveva presa in
braccio e portata a casa; non l’aveva svegliata nemmeno il tragitto
in macchina e la sistemazione nel lettino con la mamma che le
rimboccava le coperte.
L’indomani mattina, appena sveglia,
corse a cercare la valigia che era rimasta chiusa tutta la notte;
l’aprì mentre la mamma le si avvicinava per aiutarla a vestirsi,
era giorno di scuola.
“Mamma, aspetta, ho una sorpresa per
te!” le disse, mentre con qualche sforzo riusciva ad aprire la
vecchia valigia.
Il contenuto risultava piuttosto
indistinto: una massa maleodorante e rossa, apparve ai loro occhi.
Mirella non si capacitava di quel risultato; non aveva pensato che
anche i fiori hanno bisogno di acqua, di aria, di essere sistemati
delicatamente in un luogo adatto a loro. Là nel campo erano
stupendi, ora erano solo una massa informe e appiccicosa.
Cominciò a piangere, mentre la mamma
cercava di capire cosa avesse potuto contenere la valigia; comprese
il pensiero della figlia e la prese in braccio per consolarla. Non le
fece capire la delusione e apprezzò il gesto.
Accarezzandola le
disse: “Grazie, bambina mia, un pensiero
veramente gentile, i papaveri rossi sono i miei fiori preferiti, mi
hai fatta ritornare bambina, quando li vedevo nei campi di grano di
mio padre. Ti voglio bene.”
Franca Oberti
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