Viene da chiederselo osservando come vanno le cose.
Negli ultimi tempi ho modo di conoscere sempre più persone che si avvicinano in modo appassionato al mondo di Osho, ma non si possono permettere di fare, poi, passi ulteriori. Devono rinunciare a partecipare a gruppi di crescita, a semplici giornate di meditazione, o a qualsiasi lavoro su di sé perché gli alti prezzi dei centri di meditazione non glielo permettono.
Nel tempo sono venute meno anche feste d'incontro o momenti aperti veramente a tutti. In alternativa ci sarebbe la possibilità di trascorrere un periodo di vita e di lavoro nelle stesse strutture, ma mi è giunta notizia che per farlo, da un po' di tempo, occorre pagare anche per il servizio gratuito offerto.
Tutto questo lascia tristezza perché fino a pochi anni fa soggiornare nelle comuni era per noi simpatizzanti e discepoli, il modo più intenso per portare nella vita di tutti i giorni l'arte della meditazione: vivere a contatto con altri ricercatori immersi in un campo di energia dove il focus è il lavoro su di sé e il lavoro comunitario. Meditare e celebrare insieme la vita. Unire l'aspetto materiale a quello spirituale, così come Osho ci ha indicato creando la figura di Zorba il Buddha, l'“uomo nuovo”. Oggi, fondamentalmente, se non hai denaro rimani pressochè abbandonato a te stesso. Possibile che in appena venti anni dall'uscita di scena del Maestro sia già avvenuto tutto questo?
Scrivo questo pezzo spinto dalla sorpresa che mi ha suscitato una serata trascorsa in un centro Hare Krishna della mia città: incontro iniziato con dei kirtan, (i mantra indiani cantati collettivamente), proseguito con l'intervento di un discepolo che ha raccontato e commentato un'antica storia Vedica, e poi ancora Kirtan e una gustosa cene finale. Il tutto a offerta libera...
Jalsha, sanyasin dal 1981
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