La forza del destino nel Tempio della Spiritualità della Natura di Calcata

 

Calcata vista dal Tempio della spiritualità della natura

Alcuni di voi ricorderanno che parecchi anni fa,  al Tempio della Spiritualità della Natura di Calcata, c’era una  folta presenza animale, avevo infatti istituito in un grande terreno, denominato "Orti di Cristo", un Ostello per Animali Erbivori, per salvare la vita agli animali destinati al macello. Diverse bestie furono salvate: asini, suini,  capre, pecore, oche, papere, galline, conigli…. Purtroppo non  poterono però essere sollevate dal loro destino ultimo ed infatti pur non finendo sulla tavola di crudeli gourmands finirono tra le fauci di cani, volpi e faine o per altre disavventure.  La forza del destino è più forte di ogni tentativo di cambiarne le spire. 

L’ultima vittima sacrificale fu la pecorella salvata per Pasqua di  parecchi anni fa da Elke Colangelo, uccisa poi da  un cane pastore scappato dal suo  gregge, ed evidentemente frustrato ed in vena di vendicarsi di anni ed anni di guardia innaturale alle pecore, il quale riuscì ad intrufolarsi nel recinto ove era custodita  e la sgozzò…

Vista la mala parata e stando di dover combattere contro il vile fato avverso infine, nel 2009,  lasciai perdere l’idea dell’Ostello, anche perché si avvicinava il tempo della mia dipartita da Calcata, e diedi a mio figlio Felix le residue ultime due capre (anch’esse supersiti di un numeroso precedente branco)  e mi limitati a trattenere una maiala vietnamita (che tanto non può essere disturbata dai cani), la canaccia Vespa (che avevo salvato da una triste  prigionia ma che poi dovetti rendere ancora prigioniera per via della sua natura selvaggia, odiava i gatti che ha ucciso a iosa e scappava anche per andare a uccidere altri animali sia nel Tempio che in giro per il paese, evidentemente una cagna adatta all’età della pietra) e la gatta Guardiana (una micia anziana che viveva libera sul terreno del Tempio).

Queste  tre bestie sono state le ultime “custodi” del tempio… ed è vero.. in qualche modo questi tre archetipi corrispondono ad una protezione naturale del luogo.

Volevo però raccontarvi come accadde che iniziò l’avventura dell’Ostello per animali erbivori… Successe in seguito al mio interesse per l’agricoltura e per l’allevamento verso l’inizio degli anni ’80 del secolo scorso. Contemporaneamente alla fondazione del Circolo vegetariano stavo tentando un esperimento di auto-produzione agricola  corroborata da un rapporto simbiotico con gli  animali. Pensai allora che invece di andare in giro ad acquistare bestie  vecchie e malate (tali soltanto erano gli animali che i contadini di Calcata mi vendevano) forse sarebbe stato meglio lanciare un appello per il salvataggio di  animali giovani destinati al macello… fu così che lanciai l’idea dell’Ostello.  La cosa piacque ai giornali e ci fu una messe di articoli sul tema.

Ma –come ripeto- tutto  cominciò quasi “per gioco" iniziato  nel 1984, con la fondazione del Circolo VV.TT.,  in cui vissi un esperimento rurale coltivando ceci, fave, piselli, verdura mista ed allevando galline, papere, capre e pecore (per ricavarne il latte). E da questa esperienza nacque l’idea dell' “ostello per animali erbivori”.  Tra l’altro proprio in seguito a questa bella pensata  iniziai  una costante collaborazione con la coreografia giornalistica.  Vi sottopongo qui sotto il primo articolo da me scritto sul tema  e ripreso dal Corriere della Sera.


Mini-hotel per capre e galline.
A Calcata un “ostello” per gli animali ripudiati dai villeggianti. Calcata non è soltanto un genuino paese del viterbese immerso in un parco suburbano è anche il paradiso di montoni, capre, pecore, asini, oche, papere e di tutti gli animali erbivori in generale. Qui ovini, caprini, bovini e gallinacei possono nutrire l’umana speranza di trascorrere una placida, lunga esistenza brucando erba e beccando mais senza la paura di essere trasformati in hamburger, prosciutti, hascè e petti di pollo farciti. Ad occuparsi di loro pensa da un paio d’anni (e pare con buoni risultati) l’associazione vegetariana naturista di Calcata, che non avendo alcun interesse culinario nei riguardi di ruminanti e bipedi piumati, ha organizzato una sorta di asilo per gli animali il cui naturale destino sarebbe quello di finire inforchettati.
“Cani e gatti hanno a disposizione alberghi, pensioni, organizzazioni amiche. A capre e simili chi pensa? Anche loro sono amici degli uomini, anche loro vengono adottati da certe famigli e poi ripudiati senza riconoscenza. Con l’aggravante che vengono pure mangiati”.   Non appena i vegetariani di Calcata ricevono notizia di animali in pericolo intervengono con rapidità per salvare le vittime predestinate. In genere l’opera di soccorso riguarda oche, papere, caprette, conigli di chi abita in campagna o in ville con giardino intende sbarazzarsi nel periodo estivo prima di partire per le vacanze.

Uno degli ultimi esemplari ad aver evitato una triste fine è stata una simpatica asina di Magliano per la cui salvezza l’associazione ha addirittura pagato un riscatto.  “Molto più difficile -testimonia Paolo D’Arpini- è soccorrere maiali, buoi e vacche. Fosse per noi saremmo felici di sottrarre alla morte anche quelli, saremmo pronti ad accogliere un gregge intero, ma finiremmo per sembrare ridicoli agli occhi della gente. Sappiamo che in Italia noi vegetariani siamo veramente pochi e finora la nostra opera di sensibilizzazione in questo senso non ha avuto molto successo”.  Presso l’ostello di Calcata i signori clienti erbivori vengono curati, nutriti gratuitamente (salvo un facoltativo contributo) ed utilizzati a scopo promozionale. “Li mostriamo alla gente -dicono quelli dell’associazione- ed insegniamo ad amarli come si amerebbe un cane od un gatto”.   Non è, quella dell’erbivorofilia, la primaria occupazione dei vegetariani calcatesi i quali, oltre a diffondere i propri principi alimentari, si occupano di erboristeria e delle attività ad essa collegate.
(Margherita De Bac – Il Corriere della Sera 11.08.1990)

Questa notizia dell’Ostello per animali erbivori  fu riportata anche da altri quotidiani come Il Messaggero (Anna Maria Caresta) e L’Unità (Fabio Luppino). Contemporaneamente avevo iniziato a riconsiderare il mio abitare il luogo e partendo da una visione bioregionale elaborai un’ipotesi di riassetto territoriale per l’alto Lazio. Con la proposta di una Regione che dovrebbe chiamarsi Etruria. 

Ma di questo progetto basato sul “bioregionalismo”  parleremo forse  in un’altra occasione…

Paolo D’Arpini





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