Anna Maria Pinnizzotto racconta il nostro vivere vegetariano e naturista. Una testimonianza preziosa dei primi anni a Calcata...



Ero giunto a Calcata da pochi anni, ma ero già vegetariano ed oltre ad occuparmi di teatro, canti sacri, yoga e mostre d’arte (la prima  galleria "ufficiale"  fu da me fondata nel 1978 e si chiamava Depend’Arp) organizzavo anche pranzi all’aperto, ovviamente vegetariani, e con ciò iniziai -di fatto-  quello che poi divenne il Circolo  Vegetariano di Calcata

Anche allora usavo il sistema  di  “ognuno porta qualcosa”  e talvolta, se non c’era spazio nella piazzetta di Porta Segreta, dove abitavo, andavamo nella piazzetta di San Giovanni, sui gradini altissimi della chiesa dove oggi c’è un piccolo museo d’arte contadina,  oppure fuori porta  dove c’era  un ristorantino  che ci accoglieva come ospiti a “mezzo-servizio”. Fausto Aphel, il proprietario, come noi un nuovo venuto in spirito pionieristico, ci preparava panini con insalata e formaggio prodotti da lui stesso. Il pomeriggio si andava a bere il tè in un altro localetto,  aperto da Giovanna Colacevich, la Latteria del Gatto Nero (ci ha lavorato pure  il giovane Vittorio Marinelli), che a volte ospitava i nostri incontri estemporanei….  E così capitò  che un bel giorno venne a trovarci Anna Maria Pinnizzotto, giornalista del Paese Sera, la quale aveva ricevuto l’invito, da un comune amico e suo collega, Roberto Sigismondi,  per venire conoscere la realtà alternativa di Calcata ed il nostro programma della Due Giorni Vegetariana.      Emozionato per l’importanza ricevuta  le fui al fianco per un’intera giornata (anche perché era una donna veramemente affascinante) e fra una chiacchiera e l’altra ne sortì fuori questo magico articolo che segue…      (Paolo D’Arpini)    




Domenica ‘vegetariana’ a Calcata, paese museo.

Un pugno di case rosate su una roccia di tufo. Un paese che attualmente non ospita più di cinquanta anime, e nel passato ne ospitava poche di più. Calcata (con l’accento sulla seconda) è un paesino medioevale rimasto miracolosamente intatto in uno spazio  naturale molto bello. E’ circondato da colline verdi, ai suoi piedi scorre un ruscello limpido e nelle viscere si aprono grotte ed antri. Da qualche anno è diventato meta di naturisti, vegetariani, amanti dello yoga che hanno deciso di trasformarlo in un’oasi di raccoglimento. Una oasi facilmente raggiungibile. Calcata è a circa sessanta chilometri da Roma, in provincia di Viterbo.  L’idea di fare del piccolo paesino arroccato su un picco di tufo un punto di riferimento stabile per chi ama la cucina alternativa e le passeggiate ecologiche è venuta ad un gruppo di romani che si è trasferito stabilmente a Calcata.

“L’idea era quella di fare una due giorni vegetariana -dice Giovanna Colacevich fondatrice della Latteria del Gatto Nero- Sabato e Domenica a Calcata per chi ama la natura e la pace. Nel programma è compresa la colazione, il pranzo ovviamente vegetariano, la merenda, una passeggiata guidata ed una conferenza su yoga e vegetarismo. Il costo è di lire cinquemila e -dimenticavo- comprende anche uno spettacolo in piazza dei Vecchi Tufi, un gruppo teatrale di Calcata”. Intanto Giuseppe, co-fondatore della Latteria, si muove con agilità tra i fornelli, tra una crepe e l’altra. Il loro locale è posto ai limiti della minuscola piazza del paese, dove si affaccia una chiesetta in cui si conserva il prepuzio di Cristo (così narra la leggenda).

All’ingresso del paese, invece, c’è la trattoria di Fausto Aphel esperto cuoco che a Roma aveva una trattoria alternativa  prima di trasferirsi a Calcata. Ma il personaggio più singolare, attorno al quale ruota tutta l’organizzazione, è Paolo D’Arpini. Anche lui, come la pittrice Simona Weller,  ha scelto Calcata come residenza definitiva. La pace del luogo non rovinata ancora da nessun prodotto del consumismo, gli ricorda le verdi valli dell’India dove ha soggiornato per molto tempo. E’ lui che guida la passeggiata ecologica, che parla di vegetarismo e di Siddha Yoga.

Alle ore 16 di Domenica, dopo un infuso di liquirizia offerto da Paolo, una piccola spedizione parte per fare il giro della rocca, quattro cinque chilometri di percorso. La discesa è impervia, sono circa trecento metri fra sassi, fango e rifiuti.

“La chiamo ecologica -spiega Paolo- perché voglio che la gente  rifletta sul consumismo. Lattine, buste di plastica, cartacce. Alcuni paesani usano questo dirupo per scaricare i loro rifiuti. Quanti rifiuti produce una città come Roma? Dove vanno a finire?”.  Una ragazza olandese si è portata dietro un coltello, “non si sa mai, è per le vipere”.  Paolo cammina avanti e con il bastone si fa largo. Il viottolo scavato nel bosco consente appena il passaggio di una persona magra. Si guada il ruscello su un antico ponte di legno che si è adagiato sul fondo. Le assi di legno, ricoperte di paglia, sono oblique e c’è chi teme di cadere nell’acqua, fredda, ma poco profonda. In una minuscola spiaggia si fa tappa. C’è chi tenta invano di trovare cocci etruschi nell’acqua. Nella zona sono state scoperte alcune necropoli.

“Io parlo soprattutto dell’aspetto fisiologico degli alimenti -dice Paolo- con i cibi correnti è difficile mantenere il corpo in buona salute. La carne è ricca di tossine. Gli animali sono ingrassati con mangimi chimici e durante l’agonia le ghiandole secernono tossine che si fissano nelle cellule. Se nel mondo si scegliesse il vegetarismo non ci sarebbe più la fame. Il cibo sarebbe sufficiente per tutti. Noi dobbiamo vivere in armonia con il mondo e lasciarlo integro ai nostri figli”.

La spedizione riprende il cammino tra cornioli e prugne selvatiche e alberi di nocciole. Ai margini del viottolo crescono già i ciclamini. Seconda tappa una sorgente di acqua ferruginosa dove ci si disseta. Si riattraversa il ruscello, questa volta sugli scogli, e si risale la scarpata dalla parte opposta dove esisteva il lavatoio. Stanchi e sudati arriviamo in piazza mentre un gruppo di giovani sta ascoltando un ragazzo che suona la chitarra. La spedizione si scioglie, chi corre alla latteria per rifocillarsi, chi segue Paolo e scende in una grotta per fare meditazione e cantare mantra.

Al calare del sole avrebbero dovuto apparire I Vecchi Tufi di Calcata con le stupende maschere create da Wilton Sciarretta. Ma Sciarretta, che è anche il regista del gruppo, è caduto da una rupe proprio mentre provava la commedia che doveva allietare i vegetariani. E’ ora ricoverato all’ospedale con una spalla rotta. E’ calato il buio. Nella piccola piazza siedono come in un salotto gli abitanti di Calcata e i turisti. I primi, subito dopo cena andranno a dormire. A Calcata non ci sono cinema e teatri e pochi hanno la televisione. I secondi, tutti romani, si immergeranno nel traffico caotico della via Flaminia e torneranno alla vita cittadina con il rimpianto di una domenica alternativa trascorsa in un paese-museo.

Anna Maria Pinnizzotto – 13 Settembre 1979,  Paese Sera.







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