MARIA CURIE E LA SCOPERTA DELLA RADIOATTIVITA’ E IL MODELLO ATOMICO DI RUTHERFORD



La scoperta dei raggi catodici (formati – in realtà - da un flusso di particelle cariche di elettricità “negativa”, gli “elettroni”, provenienti dal “catodo” di un tubo sotto vuoto) aprì la strada ad altre importanti scoperte. Il fisico tedesco Konrad Röntgen (1841-1923) scoprì intorno al 1895 che i raggi catodici, investendo uno schermo metallico, detto “anti-catodo”, riuscivano a provocare l’emissione da parte di questo di una radiazione particolarmente penetrante (capace, ad esempio, di traversare i tessuti molli di un corpo vivente) che fu definita col nome di “Raggi X” (1)(2).

Un altro fisico tedesco, Max Von Lahue (1879-1959), dimostrò nel 1912 che questi raggi, passando attraverso un cristallo, davano luogo al fenomeno della “diffrazione” che è tipico delle onde luminose. I raggi “X” erano quindi delle onde della stessa natura delle onde radio, dei raggi infrarossi, delle onde luminose, e dei raggi ultravioletti, che – come supposto da Maxwell, e dimostrato da Hertz (vedi N. 81) – avevano una natura elettromagnetica. La differenza tra le varie onde (o “radiazioni”) è che la “frequenza” delle radiazioni (cioè il numero di vibrazioni nell’unità di tempo misurato in “Hertz”) va crescendo dalle onde radio ai raggi “X” rendendole sempre più energetiche e penetranti. Viceversa diminuisce progressivamente la “lunghezza d’onda” che è inversamente proporzionale alla frequenza. Qualche anno dopo furono scoperti dei raggi ancora più energetici e penetranti, i ”raggi gamma” provenienti dal “decadimento radioattivo” degli atomi, come vedremo subito dopo. I raggi “X” sono stati utilizzati, com’è noto, in medicina per evidenziare lo stato delle ossa, e recentemente, in macchine più perfezionate, per effettuare la Tomografia Assiale Computerizzata (TAC), che evidenzia anche altri organi interni. Röntgen fu Premio Nobel per la fisica nel 1901.

Sotto la spinta delle scoperte di Röntgen, ed anche su invito del grande matematico e fisico Poincarè a verificare quali radiazioni potessero essere emesse da varie sostanze sottoposte a raggi catodici, un altro fisico francese, Henri Becquerel (1852-1908) scoprì nel 1896 che i sali di Uranio (il più pesante degli elementi naturali: i suoi due tipi di atomi – o “isotopi” -  pesano rispettivamente 235 e 238 volte più dell’atomo di Idrogeno) emettono naturalmente radiazioni e particelle anche senza essere irraggiati. Nel 1898 una ricercatrice di origine polacca trasferitasi a Parigi, Maria Sklodowska (1867-1934), sposata con il fisico francese Pierre Curie, poi morto prematuramente nel 1906, dimostrò, insieme al marito, grazie ad un intenso lavoro di ricerca sperimentale effettuato con pochissimi mezzi ed in condizioni molto disagiate, che anche il Torio (Th) dava luogo allo stesso fenomeno(1)(2).

Pierre Curie si era già distinto, da parte sua, per aver scoperto insieme al fratello Jacques l’effetto piezoelettrico, cioè la creazione di una corrente elettrica dovuta ad un aumento di pressione su alcuni materiali, effetto usato anche nella tecnologia  Sonar per trasformare ultrasuoni in segnali elettrici. Il Sonar, strumento atto alle rilevazioni sottomarine, fu inventato dallo stesso Curie e poi perfezionato da Rutherford ed altri.

I coniugi Curie scoprirono poi altri elementi che manifestavano le stesse proprietà, come il Polonio (così battezzato da Marie in onore della sua patria originaria), e soprattutto il Radio (Ra), una sostanza particolarmente attiva. Ne1899 fu scoperto dal chimico Andrè-Louis Debierne anche l’Attinio. A tutto il complesso dei fenomeni connessi con questi elementi fu poi dato il nome di “Radioattività”. Tutti gli elementi più attivi provenivano da un unico minerale: la “Plechblenda” da cui venivano estratti gli elementi radioattivi con vari metodi chimici. Come fu scoperto da Rutherford, di cui parleremo subito dopo, i fasci di particelle emessi sono di due tipi: particelle “alfa” 4 volte più pesanti dell’atomo di Idrogeno e doppiamente cariche di elettricità positiva, corrispondenti ad atomi di Elio (He) che hanno perso due elettroni diventando degli “ioni” doppiamente carichi di elettricità positiva; e particelle “beta”, che sono costituite da semplici elettroni con carica negativa. Viene emessa anche la radiazione elettromagnetica “gamma”, scoperta nel 1900 dal francese Paul Villard (1860-1934), molto pericolosa perché danneggia i tessuti organici (si deve a questa radiazione, ed ai residui radioattivi lasciati dall’esplosione, l’alto numero di morti verificatisi in Giappone anche molti anni dopo che le bombe atomiche erano esplose a Hiroshima e Nagasaki e i danni anche alle generazioni successive). L’emissione di parti dell’atomo porta ad un suo “decadimento radioattivo” per cui un atomo più pesante come l’Uranio 238 si trasforma in un atomo più leggero come quello del Piombo (Pb) 206, realizzando il vecchio sogno degli alchimisti di trasmutare gli elementi. Il frazionamento (o “fissione”) dell’atomo può essere prodotto anche artificialmente, ad esempio bombardando atomi di Uranio 235 con neutroni “lenti” (particelle presenti nei nuclei atomici). Ne parleremo nei prossimi numeri dedicati alle ricerche di Otto HahnLise Meitner ed Enrico Fermi, ed alla costruzione dei reattori nucleari e della bomba atomica.

Becquerel, Pierre e Marie Curie ottennero il premio Nobel per la fisica nel 1903. Marie Curie, dopo la morte del marito nel 1906, ottenne un secondo Premio Nobel per la chimica nel 1911 per i successi ottenuti isolando il Polonio ed il Radio. Ciò avvenne nonostante lo scandalo montato nei suoi confronti dalla stampa conservatrice, antifemminista e xenofoba per la relazione da lei avuta con il valente fisico Paul Langevin (1872-1946), già allievo del marito, e scopritore degli effetti diamagnetici e paramagnetici indotti in alcune sostanze dai campi magnetici (effetti legati alle correnti atomiche dovute agli elettroni ed allo “spin”, grandezza caratteristica degli elettroni inizialmente interpretata come rotazione degli elettroni su sé stessi).

Nonostante questo scandalo, e nonostante la sua salute fosse compromessa dalla sua frequentazione con sostanze radioattive (che poi la porterà alla morte), l’instancabile Marie Curie organizzò, insieme alla figlia Irene, appena diciassettenne, delle squadre volanti attrezzate con emettitori di raggi X per individuare lesioni alle ossa e presenza di schegge nei corpi dei soldati feriti nei fronti della Prima Guerra Mondiale. La figlia Irene (1897-1956), insieme al marito Pierre Joliot, riceveranno poi a loro volta il Premio Nobel per la chimica nel 1935 per aver scoperto la radioattività artificiale (cioè indotta artificialmente bombardando l’Alluminio con protoni, ottenendo Radio). La radioattività divenne subito molto popolare per la terapia del cancro, prima con il Radio, e poi con un elemento radioattivo artificiale, il Cobalto-60.

Gran parte del lavoro di ricerca sulle particelle “alfa” e “beta” era stato però condotto all’inizio del ‘900 da uno dei più grandi fisici sperimentali della storia, il neo-zelandese Ernest Rutherford (1871-1937), trasferitosi nel 1895 in Inghilterra all’Istituto Cavendish di Cambridge, poi nel 1898 all’Università di Montreal in Canada, poi a Manchester nel 1907, ed infine nuovamente al Cavendish, di cui divenne direttore(3). Rutherford studiava i flussi di particelle facendoli passare attraverso fogli di allumino. Usando la stessa tecnica, ma facendo passare un flusso di particelle “alfa” attraverso una lamina d’oro, due suoi allievi, il tedesco Hans Geiger (1882-1945, inventore – insieme a Rutherford - del famoso contatore Geiger per la rilevazione delle particelle subatomiche, ed Ernest Marsden (1889-1970), osservarono che solo una minima parte delle particelle (una su 8000) rimbalzavano o venivano deviate.

Rutherford si rese quindi conto che la maggior parte dell’atomo doveva essere vuoto e faceva passare le particelle. L’atomo era dotato di un piccolo nucleo pesante e compatto: solo alcune particelle “alfa” impattavano sul nucleo, mentre tutte le altre passavano indisturbate. Lo stesso Rutherford capì in seguito che il nucleo era formato da due tipi di particelle, ognuna pesante quanto un atomo di Idrogeno: il “protone”, carico di elettricità positiva (ed effettivamente ottenuto da Rutherford e Marsden nel 1918 bombardando l’Azoto con particelle “alfa”), ed il “neutrone”, elettricamente neutro. Rutherford concepì quindi intorno al 1911 un modello atomico (in realtà già ipotizzato dal fisico giapponese Nagaoka nel tentativo di spiegare l’effetto Zeeman di cui riferimmo al numero precedente) diverso da quello di J.J. Thomson (N. 96). I minuscoli elettroni, carichi negativamente e pesanti ciascuno circa 1800 volte meno di un protone, giravano a grande distanza dal piccolo nucleo isolato molto più pesante, carico positivamente (paragonabile ad “un moschino in una grande cattedrale” si disse). Si è poi visto che il diametro del nucleo è circa 10.000 volte più piccolo di quello dell’involucro esterno dell’atomo formato da elettroni.

Nel 1932 un altro allievo di Rutherford, James Chadwick, (1891-1974) riuscirà ad individuare il neutrone (peraltro già ipotizzato da Rutherford nel 1920) vincendo il premio Nobel per la fisica nel 1935. Rutherford, invece, si era dovuto accontentare solo di un Nobel per la chimica nel 1911 per aver determinato nel 1902, insieme al chimico Frederick Soddy (1877-1956), la legge del decadimento radioattivo degli atomi radioattivi e per aver individuato le tre principali catene di decadimento radioattivo (a partire dall’Uranio, dal Torio, e dall’Attinio).

Questa legge (in cui Rutherford introdusse anche un parametro caratteristico, il tempo di dimezzamento radioattivo) è alla base delle tecniche di valutazione dell’età di rocce e reperti ed ha reso possibile il calcolo esatto dell’età della Terra.  Il modello atomico di Rutherford aveva – però -  il difetto di non spiegare perché gli elettroni non cadessero sul nucleo, in quanto, secondo le equazioni di Maxwell (N. 81), avrebbero dovuto perdere progressivamente energia dato che creavano un campo magnetico irradiando energia. Questa contraddizione sarà risolta nel 1913 da un altro suo allievo e collaboratore, il grande fisico danese Niels Bohr, che proporrà – come vedremo – un modello simile, ma basato sui principi della Fisica Quantistica.

Vincenzo Brandi




  • Geymonat, “Storia del Pensiero filosofico e scientifico”, Garzanti 1970 e seg.
  • RBA, “Le Grandi Idee della Scienza – Marie Curie”
  • RBA, “Le Grandi Idee della Scienza – Rutherford”

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