L’unico modo per conoscere il divino, per sentire il divino, è la meditazione. Meditazione significa uno stato di coscienza in cui tutti i pensieri sono stati abbandonati.
I maestri Zen definiscono lo stato di meditazione la stagione autunnale, cioè quando tutte le foglie cadono e gli alberi restano nudi, spogli. Quando la coscienza lascia cadere tutti i pensieri è come un albero senza foglie, senza chioma, esposto al vento, alla luna, al sole, alla pioggia… Scoperto, non nascosto. In quell’esposizione c’è la comunione con il divino. Quella comunione è amore. In quella comunione si diventa gli “amati” del divino.
C’è un koan Zen molto famoso.
Un monaco chiese al grande maestro Ummon: “Cosa succederà quando le foglie cadranno e gli alberi diventeranno spogli?”.
Nello Zen si pongono sempre domande indirette, perché la vita è un grande mistero e quindi devi essere delicato, non puoi fare domande dirette. Essere diretti può essere aggressivo e violento, quindi lo Zen ha creato delle belle metafore. E questa è una metafora, il monaco chiese: “Cosa succede quando accade la meditazione?”, ma non direttamente. Chiese in modo più poetico; non in modo così matematico, ma più metaforicamente.
Disse: “Cosa succederà quando le foglie cadranno e gli alberi diventeranno spogli?”. Ummon rispose semplicemente: “Il vento dorato”.
La storia è solo questa, ma tutto è stato chiesto e tutto è stato risposto: non serve altro.
Il monaco si inchinò, toccò i piedi del maestro e lo ringraziò per la sua grande comprensione e compassione.
In autunno la brezza è molto fresca, molto frizzante, molto rigenerante e quando tutte le foglie sono oramai cadute e svolazzano, tutte quelle foglie gialle creano un’atmosfera dorata. Colorano d’oro anche il vento! Sebbene il vento rimanga incolore, è possibile sentire il canto delle foglie, la danza delle foglie, la gioia delle foglie ed è possibile vedere il vento che si gode tutta la danza.
Un tempo un maestro Zen stava insegnando l’arte del giardinaggio al re del Giappone. Dopo tre anni di insegnamento, disse: “Ora verrò a vedere il tuo giardino: sarà l’esame di ciò che hai fatto in questi tre anni”.
Precedentemente gli aveva detto soltanto: “Tutto ciò che stai imparando, continua a praticarlo nel giardino del tuo palazzo. Io potrei venire in qualsiasi momento”.
Il re aveva preparato il giardino e aveva aspettato il grande giorno. Ora si rallegrava che fosse finalmente arrivato. In quei tre anni aveva usato un migliaio di giardinieri per implementare tutto nei minimi dettagli. E per tutto quel giorno e quella notte – perché l’indomani mattina sarebbe arrivato il maestro – il giardino era stato pulito, tutto era stato messo esattamente al suo posto, come doveva essere… Nessun errore, nessuno sbaglio...
Il maestro arrivò. Il re era molto contento, perché ogni cosa che il maestro aveva detto era stata eseguita alla perfezione ed era impossibile trovare anche un solo difetto. Ma il maestro guardò il giardino e diventò molto serio. Non era naturale per il maestro: era un uomo di risate. Ma era diventato triste.
Mentre camminavano nel giardino, diventava sempre più serio e il re cominciò a sentire un leggero tremore all’interno: aveva fallito? Cos’era andato storto?
Il silenzio del maestro era troppo pesante e alla fine il re chiese: “Qual è il problema? Non ti ho mai visto così serio. Pensavo che saresti stato immensamente felice di vedere che il tuo discepolo ha lavorato così duramente”.
Il maestro disse: “Va tutto bene, ma dove sono le foglie dorate? Non vedo nessuna foglia morta, non vedo foglie gialle che svolazzano nel vento. Senza le foglie il giardino sembra morto: non c’è canzone, non c’è danza. Senza foglie il giardino sembra molto artificiale”.
Il re aveva eliminato tutte le foglie morte, non solo dal suolo, ma anche dalle piante e dagli alberi. Non aveva mai pensato che anche la morte fa parte della vita, che non è il suo contrario ma il suo complementare, che senza di essa non c’è vita. E certamente il maestro aveva ragione: sì, il giardino era bellissimo, ma sembrava che fosse un dipinto, non vivo.
Il maestro disse: “Manca il vento dorato. Dov’è il vento dorato di Ummon? Porta il vento dorato!”. Il maestro prese un secchio e uscì dal giardino, fuori dal cancello, dove erano state gettate tutte le foglie. Raccolse le foglie nel secchio, tornò indietro e le gettò sul sentiero. All’improvviso il vento iniziò a soffiarle qua e là e ci fu rumore, musica e danza. Il maestro disse: “Ora c’è vita! Il vento è di nuovo dorato”.
Questo è il vento dorato di Ummon: quando tutti i pensieri cadono dalla tua mente e la tua coscienza rimane assolutamente spoglia e nuda.
In profondità, vicino alle tue radici, soffia il vento e tutti i tuoi pensieri svolazzano lontano da te, non più parte di te. Rimangono ancora lì, non vanno da nessuna parte, ma non fanno più parte di te. Hai trasceso, sei al di sopra, un osservatore sulla collina. Ecco cos’è la meditazione.
La meditazione non è contro il pensiero, è a favore della trascendenza, è andare oltre i pensieri. È diventare così totalmente nudo che dio può vederti come sei realmente: senza maschere, senza vestiti, proprio come un bambino appena nato. E questi sono i grandi momenti della vita, quando l’amore inizia a piovere dall’aldilà e si diventa gli “amati” del divino. Ma bisogna guadagnarselo, bisogna esserne degni, bisogna meritarselo.
Quel guadagno arriva attraverso la meditazione. La meditazione ti prepara a ricevere l’amore. Dio è sempre pronto a darlo, ma noi non siamo pronti a riceverlo, non siamo abbastanza vuoti per riceverlo. Siamo così pieni di immondizia, siamo così pieni di pensieri, desideri, ricordi, sogni, che non c’è spazio dentro di noi. Quello spazio deve essere creato. Questa è l’arte della meditazione: creare spazio interiore. E poi inizierai a danzare nel vento dorato...
Osho, The Golden Wind
(Fonte: Osho Times)
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.