"La Via Anagogica" descritta da Ferdinando Renzetti


Foto di Giorgia Galanti

Secondo il documento di Diogene Laerzio la Via Anagogica, o via per l'alto, fatta risalire ai neoplatonici e a Plotino, sarebbe stata ispirata a Platone dal pensiero di Pitagora. Una emanazione diretta per il cristianesimo medievale dell'intelligenza del cosmo, la grazia divina, i raggi del sole, nel mondo pagano successione di idee e concetti per la comprensione e  della fondamentale unità del mondo e della sua rappresentazione. Mentre per il mondo cristiano era una esperienza mistica legata alla fisica dei sensi, per il mondo pagano l'esperienza era più concettuale metafisica e numerica. Questo per dire che l'influenza di Pitagora nel pensiero del mondo antico è più preponderante di quanto possa sembrare e apparire soprattutto alla luce dei personaggi come Platone e Aristotele che hanno sfruttato molti dei  suoi concetti a volte erroneamente riferiti a Socrate stesso. 

In verità Platone ha dedicato un intero dialogo a parte del pensiero pitagorico il timeo, almeno per quello diffuso e conosciuto perché il pensiero di Pitagora era trasmesso solo a memoria e oralmente a una cerchia ristretta di seguaci e i pochi che diffondevano le sue idee venivano espulsi dalla setta, in questo modo come si racconta si diffuse il teorema di Pitagora e il tetracordo, Pitagora, probabilmente nel suo soggiorno, in Egitto aveva appreso i segreti della geometria sacra trasmessi agli egizi stessi, secondo una antica leggenda dagli atlantidei. 

Gli insegnamenti di Pitagora sono stati mantenuti segreti di generazione in generazione  in circoli ristretti di sapere. Tanti anni, mentre viaggiavo fa su un treno in Calabria, in uno scompartimento ho incontrato un gruppo di uomini e donne che parlavano tra di loro solo per numeri...

Ferdinando Renzetti   

Terra cruda di Ferdinando Renzetti, ecologia sessuale, Gesù era ...



Anagogicus mos

Fondendo le dottrine di Plotino e più in particolare di Proclo, con le credenze e i principi del cristianesimo, lo Pseudo-Dionigi l’Aereopagita (la cui “teologia negativa” che definisce l’Uno superessenziale come eterna tenebra ed eterno silenzio e per questa via viene a far coincidere l’assoluta conoscenza con l’assoluta ignoranza) conciliava la concezione neoplatonica della fondamentale unità del mondo e della sua esistenza come luce con i dogmi cristiani di dio uno e trino, del peccato originale e della sua redenzione. Secondo lo Pseudo-Dionigi l’universo è creato, animato e unificato dall’autorealizzarsi di ciò che Plotino aveva chiamato “l’Uno”, la bibbia aveva chiamato “il Signore” e che egli chiama “ la Luce superessenziale” o anche “ il Sole invisibile”, mentre Dio Padre è designato come “il Padre della luce” e Cristo con riferimento a San Giovanni come la “prima luminosità” che ha rivelato il padre al mondo. Un immensa distanza separa la sfera d’esistenza più alta, puramente intellegibile, dalla più bassa, quasi esclusivamente materiale (quasi perché della pura materia senza forma non si può nemmeno dire che esista) tuttavia non c’è tra le due un abisso insormontabile. C’è gerarchia e non dicotomia. Infatti anche le più basse fra le cose create, partecipano in qualche modo all’essenza di Dio (detto in termini umani, delle qualità di verità bontà e bellezza). Perciò il processo per il quale le emanazioni della Luce Divina scendono fino quasi a spegnersi nella materia attenuandosi in quel che sembra un ammasso senza senso di grezzi corpi materiali, può sempre essere rovesciato come una ascesa dalla contaminazione e dalla molteplicità, alla purezza e all’unità e perciò l’uomo, anima immortalis corpore utens, non può vergognarsi di essere legato alla percezione sensibile e all’immaginazione controllata dai sensi. Invece di voltare le spalle al mondo sensibile, può sperare di trascenderlo assorbendolo. La nostra mente dice lo pseudo-Dionigi può elevarsi a ciò che non è materiale solo se condotta per mano da ciò che materiale è, questo è possibile perché tutte le cose visibili sono luci materiali che rispecchiano quelle intellegibili e alla fine la vera lux della divinità stessa. Cosi l’intero universo materiale diviene una grande luce composta da innumerevoli piccole luci, ogni cosa percepibile fatta dall’uomo o naturale. Diviene simbolo di ciò che non è percepibile, una pietra di appoggio sulla via del Cielo; la mente umana abbandonandosi all’armonia e alla luminosità che è il criterio della bellezza terrestre, si trova guidata in alto, verso la causa trascendente di quest’armonia e luminosità che è Di0. Questa ascesa dal mondo materiale all’immateriale è ciò che lo Pseudo-Dionigi e Giovanni Scoto Eriugena indicano, in contrasto con quello che era l’uso corrente del termine, come “appressamento anagogico “ (anagogicus mos letteralmente il metodo che porta in alto) e questo ci da una vivida rappresentazione dello stato quasi di trance che si può raggiungere fissando oggetti scintillanti come globi di cristalloo pietre preziose. Una esperienza non psicologica bensì religiosa con le parole di Giovanni Scoto. L’espressione anagogicus mos spiegata come transizione dal mondo “inferiore” al “ superiore” e la “ diversità delle sacre virtù che si rivela nelle diverse proprietà delle gemme, richiama tanto le virtù celesti che appaiono ai profeti in una qualche forma visibile che l’illuminazione spirituale che si può trarre da ogni oggetto fisico.

Diogene Laerzio  

Diogenes-Diogene Laerzio di Laerte, Cilicia (ca. 180-240 ca. d.C. ...

Vite dei filosofi

Nelle successioni dei filosofi, Alessandro dice di avere trovato anche questo nei documenti pitagorici. Principio di tutte le cose è l’unità; dall’unità nasce la dualità infinita, che soggiace all’unità come la materia alla causa; dall’unità e dalla dualità infinita vengono i numeri, e dai numeri i punti, e da questi le linee, e da queste le figure piane, e da queste le figure solide, e da queste i corpi percettibili ai sensi. i cui elementi sono quattro, fuoco acqua terra aria, che si muovono e si trasformano attraverso il tutto. da questi è composto il cosmo, che è animato, pensante e sferico… Il ragionamento è ancora più chiaro se lo si percorre a ritroso: i corpi sono sostanze estese, e sono incomprensibili senza la geometria solida; questa a sua volta presuppone le figure piane, le rate e i punti; i punti formanti le figure sono in una certa quantità, che presuppone i numeri; i numeri, a loro volta, nascono tutti dall’uno e dal due, essendo pari e dispari; infine il due è fatto di unità e presuppone l’uno. con molta acutezza Aristotele osservava, nel primo libro della metafisica, che con i pitagorici si passava dalla causa materiale a quella formale: la deduzione del principio delle cose non veniva fatta risalendo di fenomeno fisicoin fenomeno fisico, bensì di idea in idea; non per trasformazione meccanica di materie, bensì per deduzione logica di concetti. per la stessa via Platone arriverà a porre come inizio di tutto le idee, e Aristotele l’intelletto divino.

La natura della luce

La luce oltre a essere un fenomeno fisico di elevata importanza, è un ente altamente simbolico perché, come lo spazio e il tempo, determina il nostro esistere. Anzi, molto di più, essa rappresenta e si identifica con la Vita stessa. Sebbene meno fuggevole e astratta del tempo e dello spazio – la luce si può misurare e si può vedere – fin dall’antichità essa è stata associata al divino, proprio per le sue peculiari caratteristiche: la luce è ciò che garantisce la vita ed è ciò che illumina il cammino qui sulla Terra o verso la salvezza eterna, è la sintesi dei contrari in quanto contemporaneamente corporea e incorporea, materiale e spirituale. La luce è dunque il simbolo universale della divinità, è quell’elemento che dopo il caos delle tenebre originarie, attraversa il Tutto dando ordine all’universo e ricacciando entro i suoi confini l’oscurità. La luce è un principio fondamentale delle antiche religioni come quella egizia, persiana e babilonese.  

Nell’antica cultura egizia l’irradiarsi della luce accompagna la prima alba cosmica, segnata da una grande ninfea che esce dalle acque primordiali generando il sole.  

Nel cerchio del tempo

Giorno e Dio scendono da un’unica parola, dyaus che un tempo, prima di questi tempi, nel nord dell’India, significava cielo luminoso.

Dyaus Pitar | The Pagan Beanstalk


Bibliografia:
I presocratici a cura di Antonio Capizzi
La Nuova Italia
Il significato delle arti visive
Erwin Panofsky Einaudi
Il Giornaletto di Saul
Il Seminasogni

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