PARMENIDE, ZENONE, MELISSO E LA SCUOLA DI ELEA: LA PREVALENZA DELLA LOGICA SULLA REALTA'



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Parmenide (515-450 A.C.), fondatore all’inizio del V° secolo A.C. della scuola di Elea, colonia greca del Cilento nell’Italia Meridionale, pur non essendo uno scienziato, ha per primo posto (indirettamente) il terzo problema fondamentale della ricerca scientifica. In modo semplificato e sintetico potremmo così riassumere questo problema che in tempi moderni ha sollevato grandi dibattiti tra i filosofi e gli scienziati (da Bertrand Russel a Wittgenstein, da Neurath e Carnap, e tutto il “Circolo di Vienna” del primo novecento, fino a Karl Popper, ecc.): la logica, cioè l’arte di ragionare, il linguaggio e la realtà sono o possono essere in contrasto? Ricordiamo che i Greci intendevano con la parola “lògos” (da cui “logica”) sia la parola che il discorso ed il il ragionamento (che è come un discorso che noi facciamo a parole nella nostra mente).

Parmenide nella sua opera “Sulla Natura” dice che, per arrivare a capire ciò che esiste, cioè a distinguere il reale dall’illusione, o la verità dalla semplice opinione (che egli definisce “doxa”, nome anche di una nota agenzia moderna che studiava le “opinioni”), bisogna partire dall’affermazione logica che “ciò che è non può non essere”. Quindi, secondo lui, ciò che esiste non può contemporaneamente non esistere, come può avvenire ad esempio per una realtà che si trasforma continuamente, che ora esiste ed un attimo dopo non esiste più. Quindi la realtà esistente (da lui definita semplicemente “essere”) non può che essere statica, immobile, eterna. Il movimento, la trasformazione e la pluralità degli oggetti che osserviamo in natura sono illusori. Egli aggiunge persino che la realtà è “sferica” in quanto la sfera era considerata dagli antichi la forma perfetta. Su quest’ultima affermazione il suo allievo Melisso (che di mestiere faceva l’ammiraglio a Samo) non era però d’accordo e diceva che l’essere è infinito e coincide con il tutto (in questo più vicino alla non lontana scuola di Mileto: l’essere di Melisso potrebbe ricordare l’Apeiron di Anassimandro). E comunque anche la sfera parmenidea potrebbe essere interpretata come l’intero universo, considerato non infinito ma chiuso, concezione del resto non in contrasto con la moderna teoria della “relatività generale” di Einstein.

Per dimostrare che la trasformazione ed il movimento sono illusori (ovvero sono solo una “doxa”), un altro allievo di Parmenide, Zenone, sviluppò una serie di ingegnosi e celeberrimi paradossi di cui il più famoso è quello del “piè veloce” Achille che non potrà mai raggiungere una lenta tartaruga. Quando Achille, per quanto veloce, raggiungerà il punto dove si trovava prima la tartaruga, questa si sarà già spostata di un tratto. E quando Achille avrà percorso questo secondo tratto, la tartaruga si sarà già spostata di un altro tratto più piccolo, e così via all’infinito. Tutto questo ragionamento è basato su una presunta assurdità della divisione (dello spazio) all’infinito.

Un altro paradosso è quello del segmento che i matematici immaginano costituito da infiniti punti: ma, dice Zenone, se i punti non hanno dimensione, allora la loro somma non può che essere zero; se hanno dimensione, se pur minima, la loro somma non può essere che infinita.
Naturalmente le idee di Parmenide e di Zenone sono paradossali ed inaccettabili (essi confondono realtà, ragionamento e linguaggio, dando la preminenza alla logica ed al linguaggio sulla realtà che cade sotto i nostri sensi, e creano delle trappole logiche e dei giochi di parole); ma, come ebbero a dire Bertrand Russel, e lo stesso Carnap, esponente del Circolo di Vienna , ci hanno posto una grande sfida: quella di adeguare il nostro ragionamento ed il nostro linguaggio alla realtà, o anche, viceversa, quello di studiare più approfonditamente la realtà se risulta in contrasto con la nostra logica ed il nostro linguaggio (creati dalla mente umana).

Nei prossimi numeri vedremo come già nell’antichità il pensiero eleatico abbia ricevuto una serie di intelligenti risposte: una di carattere eminentemente filosofico (con Eraclito, contemporaneo ed anzi leggermente precedente Parmenide), una di carattere logico-filosofico (ad opera del “sofista” Gorgia), una di carattere fisico-filosofico (con Democrito che nega che in fisica possa effettuarsi una divisione all’infinito, come succede solo nelle astrazioni matematiche), ed una di carattere matematico (con la creazione di una nuova logica matematica che prende in considerazione le quantità infinitamente piccole ed il concetto di “limite” matematico, logica già sviluppata nell’antichità da Archimede con il “metodo ad esaustione”, poi perfezionata alla fine del 1600 D.C. da Leibniz e Newton con la “matematica infinitesimale”).

Vincenzo Brandi

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