Arturo Reghini e Julius Evola ed il gruppo di Ur...


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Troppo spesso, quando si tratta dell’esperienza del Gruppo di Ur, si focalizza l’attenzione sui singoli aspetti iniziatici e non si opera la dovuta contestualizzazione di quell’intera, travagliata, vicenda. 

Una vicenda il cui fulcro è sostanziata dal contrasto tra Julius Evola ed Arturo Reghini. Giovane, volitivo ed effervescente l’uno, quanto maturo, vissuto e riflessivo l’altro. Un contrasto che non è solamente espressione di due personalità così forti, bensì di due differenti impostazioni di pensiero. Volontarista, irrazionalista l’uno, studioso, grande iniziato a più e più percorsi misterici l’altro, nel loro rispettivo percorso esperienziale, costituiscono il punto di arrivo di un percorso epocale dai molteplici aspetti. Uno di questi, fondamentale per dare un senso all’intera vicenda del sodalizio di Ur, è costituito dal problema del rapporto della Magia con la Modernità. Se è vero che la Magia nasce praticamente con l’uomo e con la sua riflessione sul senso e sull’ordine delle cose nel loro manifestarsi, sia inizialmente religioso che, in seguito filosofico, di cui può costituire un importante correlato, essa finisce giuocoforza con il dover seguire l’intero percorso dell’umana vicenda. Nata con la pretesa di indicare all’uomo la via per relazionarsi con il sovrannaturale, al fine di contribuire a dare ordine all’intero essere, così come accade nelle primigenie religioni teurgiche (egizia, mesopotamica, precolombiana ed altre ancora…), se essa finisce con il divenire una forma di sapere autonomo, quale risultato di varie influenze religiose e filosofiche, come durante la Rinascenza ed il Barocco, all’alba del 19° secolo, si trova ad affrontare la prova del fuoco del rapporto con la nascente Modernità. A questo punto, però è doveroso operare una necessaria precisazione su quella che è la struttura del pensiero umano ed i suoi sviluppi lungo i secoli. 

A tal proposito, il vero spartiacque epocale è costituito dall’avvento dell’Illuminismo e delle tematiche ad esso correlate. Una di queste, centrale a mio avviso, è quella riguardante proprio la modalità di pensiero degli occidentali. Se, difatti, sino a quel momento la matrice del pensiero occidentale, al pari di quella di altri popoli, era di natura prettamente “analogica”, circolare, ovverosia tendente a riscontrare e rinvenire una infinita catena di corrispondenze per qualunque aspetto della realtà preso in considerazione, con autori come Linneo, Lamarck, ma anche con l’intera “Enciclopedie” francese, da Buffon a D’Alembert ed altri ancora, si passa ad una forma di pensiero “categoriale”, ordinata cioè per vere e proprie “griglie” razionali, consequenziali nella propria “verticalità”, che spiazzano ed invalidano qualunque forma di analogismo, se non razionalmente e sperimentalmente comprovato. A questa vera e propria rivoluzione afferente la sfera della morfologia del pensiero occidentale, seguono due reazioni opposte, ma al contempo, complementari. 

Da una parte l’Illuminismo assiste all’impetuoso sviluppo di sodalizi e congreghe esoteriche organizzate , mai sino a quel momento visto nella storia d’Occidente. E qui parliamo della nascita e dello sviluppo delle varie branche della Massoneria, Illuminati, Martinesisti ed altri ancora. Nel proprio sistematico diffondersi ed irradicarsi in quelli che sono i gangli vitali delle società occidentali, rappresentati sia dal ceto intellettuale che da quello politico che, in ispecial modo, dai detentori del potere economico del momento, i nuovi ordini esoterici si conformano appieno a quelle verticali “griglie” di pensiero, che del nuovo Occidente costituiscono oramai le strutture-pensiero portanti. 

E’ di questa epoca la nascita dell’Ordine Egizio ispirato da Cagliostro, al pari della conclamata appartenenza di personaggi come Isaac Newton, W.Amadeus Mozart, lo stesso Voltaire ed altri ancora, ad ordini massonici. Strano a dirsi, ma proprio coloro che della Modernità scettica e razionalista furono i battistrada, quegli Illuministi che, coi Lumi della ragione intendevano rischiarare un mondo afflitto dalle tenebre del fanatismo religioso e dell’ignoranza, attraverso la frequentazione di circoli esoterici di vario tipo, sembrarono contraddire le proprie confutazioni ufficiali, per aderire ad un ordine di pensiero dalla valenza opposta a quanto essi andavano proclamando ai quattro venti. Ma, a ben vedere, anche qui le cose non stanno proprio così. 

Diciamo, anzitutto, che l’Illuminismo si porta appresso quel correlato ideologico rappresentato dallo “scientia est potentia” di baconiana memoria, accompagnato da quei motivi di Utopismo, imperniati sull’idea di una società ideale fondata ad immagine delle varie dottrine esoteriche dell’epoca ed in cui la Scienza rivestiva un fondamentale ruolo ordinatore. Un motivo questo, che aveva già avuto illustri precedenti sia nelle figure di Tommaso Moro, che di Giordano Bruno e Tommaso Campanella, che di altri Utopisti quali Gott, Hartlib, Harrington e lo stesso Francis Bacon con la sua “Nuova Atlantide”, non senza dimenticare i prodromi rappresentati dai vari movimenti millenaristi del 13° e del 14° secolo, con i vari Thomas Muntzer. 

Così, quel tanto vituperato pensiero esoterico, considerato alla stregua di una volgare e ridicola superstizione, cacciato dalla porta, rientrava dalla finestra, ricuperando un mai ufficialmente riconosciuto, ruolo di primo piano nel pensiero occidentale. Un pensiero che, però, andrà via via autoconfinandosi ed esprimendosi in una ristretta nicchia di cultori e questo, anche a causa della fine della Filosofia quale “mathesis universalis” e la progressiva specializzazione che l’intero pensiero occidentale andrà vivendo, a partire dal 19° secolo in poi, con la nascita del Positivismo. La stessa ideologizzazione e trasformazione in materialistica “scienza esatta” dell’Utopismo da parte di Marx ed Engels starà alla base di questo inedito fenomeno. 

Da un’altra parte si verifica, invece, un fenomeno la cui matrice spalanca la strada a sviluppi altrettanto, se non più, inediti del primo. Verso la metà del 19° secolo, sotto le spire del vento della filosofia irrazionalista e vitalista rappresentata dai vari Schopenauer e Nietzsche, si assiste ad un ritorno ufficiale del pensiero magico. Un pensiero che prende le mosse dagli scritti di Helena Petrovna Blavatskij (e dalla nascita della Società Teosofica), di Eliphas Levi, seguiti da Stanislas De Guaita, Papus e da altri autori, tra cui, non ultimo, il napoletano Giuliano Kremmerz, la cui caratteristica principale sarà quella di fare della magia e della conoscenza esoterica e simbolica un oggetto di generale divulgazione, proprio in virtù di quel fenomeno epocale, caratteristico della Modernità, rappresentato dall’irruzione delle masse sul proscenio della Storia. Masse che anelano ad un sapere visto quale veicolo di conoscenza “orbi e turbi”, ma anche di elevazione spirituale, rispetto ad un mondo che va prefigurandosi quale alienante espressione della predominanza dell’elemento Tecno Economico su tutto il resto. 

Sulla falsariga di quanto detto, si palesa la prima e sostanziale differenza tra la pre-esistente impostazione settaria, rappresentata dai vari ordini massonici e questi nuovi autori. Anche se, molti di costoro debbono molta parte del proprio bagaglio sapienziale alla frequentazione di ambienti massonici, permane nella maggior parte dei loro scritti l’idea di un rifiuto più o meno palese delle precedenti gerarchie iniziatiche, preferendo, in caso, rifarsi a maestri o a forme di conoscenza andati perduti (Maestri Sconosciuti), come nel caso della Blavatskij, ma, anche e specialmente, in quello del partenopeo Giuliano Kremmerz. Nei suoi scritti ed in ispecial modo, nei suoi “dialoghi”, si invita l’ipotetico allievo ad un aperto rifiuto di maestri e gerarchie iniziatiche, corroborati da saperi filosofici, a suo dire, inadatti allo sviluppo di una vera Scienza ermetica, in tal modo spurgata da qualunque incapacitante incrostazione dottrinaria. Contrariamente al sapere massonico, fondato su un’azione meramente simbolica, imperniata sulla meditazione delle forme simboliche, a detta del Kremmerz e di altri, Scienza è Azione su quell’ordine cosmico, di cui però bisogna tener da conto di quei parametri fissati dai moderni saperi scientifici, medicina e fisica in testa. 

L’Ermetismo kremmerziano è, dunque, continua sperimentazione, a riconferma dell’idea di quel nicciano Chaos in cui siamo tutti immersi ed in cui ci si orienta grazie ad un lavoro che tenga, innanzitutto, conto delle capacità del miste-iniziando, nel saper gradualmente penetrare l’essenza del Kosmos. “Magia”, si fa così veicolo di azione di un uomo che sa andare oltre i propri limiti, forzando l’ordine cosmico. 

E così l’Uomo si fa iniziatore di sé stesso, finendo con il far dipendere la prefigurazione dell’intera realtà dalla propria mente, da quell’ “IO” le cui inesplorate profondità erano andate sondando le nuove scienze, a partire dal 18° secolo, da parte dei primi Vitalisti, di Herder e dei Romantici, di Hegel, di Schopenauer, di Nietzsche, ma anche, e specialmente dall’abisso spalancato dalla psicanalisi, freudiana prima, junghiana poi. L’irrazionalismo filosofico ed il suo portato vitalista andranno così fondendosi e prendendosi a braccetto con quel Pensiero Magico, di cui il Gruppo di Ur rappresenterà l’italica espressione. 

In esso andranno a convivere tutte le contraddizioni e le istanze di un’epoca. Non per nulla, tutti o quasi i più importanti esponenti del sodalizio, proverranno da esperienze che si rifaranno a quello spirito di vitalistica avanguardia che caratterizzerà l’Italia nei primi decenni del Secolo Breve ( Futurismo, Rivista Lacerda, contatti con Papini e Prezzolini, etc.). Non per nulla, anche uno dei principali motivi dell’esoterismo e della pratica magica, rappresentato dal momento dell’iniziazione, che costituisce un vero e proprio spartiacque per il praticante una qualsivoglia disciplina esoterica o misterica che dir si voglia è, in questo contesto, oggetto di una particolare contesa, che ha come protagonisti proprio Arturo Reghini e Julius Evola. 

Se il primo, nonostante il suo innovativo tentativo di sconvolgere i fondamenti teorici ed esoterici della massoneria, spostandoli dal tradizionale milieu cabalistico-rosicruciano, ad uno meramente italico-pitagorico, permane, comunque, legato ad una tradizionale modalità di approccio alla forma-pensiero esoterica, per la quale l’iniziazione “ab alio” costituisce il momento-cardine della vita del miste. Evola, invece, in coerenza con il percorso di pensiero poc’anzi tratteggiato, si fa portatore dell’idea di un’auto-iniziazione che, nello sconvolgere e nello sparigliare le acque del mondo esoterico, rappresenta invece appieno quelle istanze che pongono al centro l’Uomo e la sua volontà, in grado di superare la propria medesima limitante individualità, nel nome di un cambiamento di stato ontologico, per il quale la figura del maestro non è più necessaria, non ha più senso. 

E forse in questo senso, si può interpretare la particolare lettura che Evola dà del Papiro di Parigi e dei misteri di Mitra. Evola, uomo della Tradizione, è in verità figlio di quella Modernità, da lui tanto aborrita e di cui egli, invece, sembra portare con sé gli aspetti più dilaceranti e contraddittori. Il confronto tra Evola e Reghini porta alla fine dell’esperienza di Ur, ma non alla fine delle domande che ancor oggi, tutti ci poniamo sulla portata della breve, ma intensa esperienza di questo sodalizio. 

Poteva, Ur, se fosse rimasto compatto, influenzare in senso pagano e politeista il Fascismo? Quali esperienze e tecniche magiche furono sperimentate in quel particolare ambito? Quale il retaggio ed il lascito di questa esperienza? Un nuovo modo di intendere le Arti Magiche in rapporto con la Modernità? 

E poi. Ur fu un caso isolato, oppure fu solo una delle espressioni ufficiali di una realtà occulta che andava, in quel contesto epocale, muovendosi in tutta Europa e, forse, anche in ambito Latino Americano, attraverso le figure del pitagorico Amedeo Armentano in Brasile e di Manlio Magnani in Argentina? Ci troviamo forse di fronte ad una specie di italica Anhenherbe? 

Il sodalizio di Ur, rappresentò il coacervo di un insieme di differenti esperienze e modi di sentire, che andava dai massoni ai teosofi, dai cattolici ai “cani sciolti” ma che, di concerto, trovò unità d’azione con modalità magiche del tutto differenti dalle precedenti, come enunciato da Luca Valentini in “Approfondimenti su Ur-Istruzioni ed esperienze di catena”: “Non si era in presenza di una catena di “Lune” intorno ad un unico “Sole”, quasi a determinare una notevole dipendenza, anche di natura animica e sottile, nei confronti di un designato capo – catena. Si era, altresì, in presenza di un coordinamento di “Soli”, di personalità deste ed attive, che coscientemente armonizzavano la propria potenzialità interiore per la palingenesi interiore e per l’attivazione di un Eggregore di riferimento superiore…” Al di là delle nostre, lecite domande, permane, comunque, il fascino di un’esperienza unica e, forse, irripetibile nell’ambito di un Occidente e di un’Italia, oggi in preda ad una vergognosa ed irrefrenabile banalizzazione della propria vita culturale e spirituale.
 
Umberto  Bianchi

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