Così dice lo Shaktisangama Tantra:
“La Donna è la creatrice dell'universo,
L’Universo è la sua vera forma;
La Donna è la base del mondo,
Lei è la vera forma del corpo.
Nella donna è la forma di tutte le cose,
Di tutto ciò che vive e si muove nel mondo.
Non c'è un gioiello più raro della donna,
Nessuna condizione superiore a quella di una donna”.
Nessuna meraviglia, quindi, che perfino il più potente degli dèi, come Shiva, possa desiderare di entrare nella forma femminile, sperando di acquisire almeno un po’ del suo potere glorioso.
Secondo il Devi-Mahatmya:
“Da Lei questo universo è nato,
Da Lei questo mondo è creato,
O Devi, da Te esso è protetto!”.
Il più antico termine applicato al divino femminile, che ancora mantiene il suo uso popolare, è Shakti. La parola Shakti è usata in una sconcertante varietà di modi che variano il suo uso dal significare il primordiale potere creativo assoluto, ad esprimere la capacità o il potere delle parole che danno il significato. Essa deriva etimologicamente dalla radice 'shak', che significa ‘potenza’ o potenziale, atto a produrre, un'asserzione della sua inerente attitudine creativa.
Tutte le interpretazioni della parola 'shakti' mantengono un parametro comune, vale a dire il potere. Specificamente, Shaktisignifica il potere, la forza e l’energia femminile. Essa rappresenta il fondamentale istinto creativo sottostante al cosmo, ed è la forza energizzante di ogni divinità, di ogni essere e di ogni cosa. I devoti credono che l'universo intero sia una manifestazione di Shakti, che è conosciuta anche col suo nome generico Devi, dalla radice Sanskrita 'div' che significa ‘splendere’. A questo potere femminile è stata data espressione, anche in astratto, in moltissime figure femminili, sia in sculture che in dipinti.
Principalmente, la Shakti è dipinta in arte come una delle seguenti icone:
1). La Yoni (Organo Generativo Femminile)
2). Come una Dea Indipendente
3). La Dea e il Dio insieme, come una Coppia.
La Yoni
Per una tragica serie di eventi, Sati la moglie di Shiva, finì la sua vita saltando nel fuoco. Lei si era sentita offesa per l'insufficiente onore concesso a suo marito in un sacrificio rituale compiuto da suo padre. Shiva fu inconsolabilmente colpito in seguito alla sua morte. Egli recuperò il corpo di lei carbonizzato dal fuoco, se la caricò sulla schiena, e vagò attraverso i tre mondi compiendo una macabra danza irata di ribollente distruzione.
Quel terribile Shiva, nel suo ardente desiderio insaziabile, può distruggere tutte le esistenze manifestate, Vishnu, nel suo ruolo di preservatore del mondo, tagliò pezzo per pezzo il corpo di Sati per alleviare il peso di Shiva. Il suo corpo fu diviso in cinquantuno frammenti. In ciascuno dei cinquantuno punti dove questi pezzi caddero, entrò in esistenza un centro di pellegrinaggi (Shakti-pitha).
Il più importante e significativo di questi luoghi sacri rimane il luogo dove cadde l'organo generativo di Sati. Questo luogo è identificato oggi come Kamakhya in Assam, ed un tempio fu costruito sulla cima di un colle per segnare il punto. Non contiene nessuna immagine della dea, ma nelle profondità del sacrario vi è una fenditura sagomata nella pietra a forma di yoni (la vulva), adorata come quella stessa di Sati. Una naturale cascatella all'interno della caverna mantiene umida la fenditura. Durante i mesi di luglio-agosto, dopo il primo scoppio del monsone, ha luogo una grande cerimonia chiamata Ambuvachi. A questo punto dell'anno, le acque diventano rosse per l’ossido di ferro, ed il bere rituale di questo elisir è un simbolo di partecipazione al fluido mestruale della Devi.
Nel ramo dei Tantra, noto come Shaktismo, il tabù mestruale si è rotto, ed il fluido mestruale è ritenuto sacro e diventa oggetto di venerazione. Una donna con il suo mestruo durante la pratica rituale viene messa in una categoria speciale. Si dice a questo punto che la sua energia sia diversa in qualità, ed il bioritmo che avviene nel suo corpo sembra riferirsi in un modo misterioso ai processi della natura. Nel chakra-puja dei Tantrici della mano-sinistra, il fluido mestruale può essere preso come bevanda rituale insieme al vino, ed è reso ossequio alla yoni, toccandola con le proprie labbra ed ungendola con pasta di sandalo. Durante il procedimento, il partecipante continua ad offrire da bere da un vaso rituale, sagomato a forma di yoni, chiamato ‘kushi’.
Sia nell’aspetto fisico che metafisicamente, la yoni è simile al fiore di loto. Entrambi rappresentano simmetria e la perfezione della bellezza. La yoni è paragonata al loto nella fase iniziale della sua apertura ed anche nella sua forma totalmente aperta. In più, il loto rimane non coperto dalla superficie dell'acqua dove si trova, ed i suoi petali non sono neanche sporcati dal fango da cui essi fuoriescono. Similmente, anche la yoni rimane perpetuamente pura e non è insozzata da nessuna azione. La Dea Buddista Tantrica Vajrayogini promette la sua approvazione e benedizioni all'uomo che l'adora in questo modo:
“Emaho! Io darò il supremo successo
A colui che ritualmente adorerà il mio loto,
Che è il portatore di ogni beatitudine!”.
La yoni, o organo generativo femminile, è quindi venerata per le sue ovvie proprietà di fertilità e crescita. Per di più, si crede che essa sia il sito dell’energia concentrata (tejas), che genera ogni creazione. Infatti la parola Occidentale per yoni, 'vulva', ha un radice che significa un moto rivolvente o circolare, e invero nell'occultismo, la vulva è concepita come un vortice talismanico, una forza di vita turbinosa che concentra una fiera e ardente essenza.
L'Immagine Indipendente della Dea
Nel Ramayana, quando il principe virtuoso Rama uscì per lottare contro il potente demone Ravana, egli prima invocò la dea Durga. Il malvagio alla fine fu ucciso nel giorno finale dell’orrenda battaglia che durò per dieci giorni.
In una ininterrotta e continuata tradizione, questa occasione è ancora celebrata come Durga-Puja. La festa dura nove giorni, culminando nel decimo giorno in una delle più grandi feste dell'India, cioè la Vijaya Dashmi, letteralmente, ‘il decimo giorno della Vittoria’. In molte parti, significativamente, questa è un'occasione per celebrare la propria potenza militare ed un'adorazione simbolica delle armi è ancora comune. Quale più grande peana potrà mai essere cantato al potere e alla gloria della Dea? Sono sì gli uomini che vanno in guerra, ma prima di farlo, essi devono invocare la Shakti, deificata come la Dea Durga.
La parola Durga è composta della radice 'Dur', che significa ‘difficile’, e 'ga', che significa ‘scontro’. Quindi, Durga è l'aspetto trionfante di Shakti che non sopporta opposizione.
Anche nelle sue rappresentazioni iconografiche, Durga è invariabilmente mostrata adornata con armi, pronta per la battaglia. Infatti, molte delle pitture narrative la raffigurano mentre combatte un orrendo demone-bufalo, e tuttavia, malgrado la composizione essenzialmente terrifica, la dea stessa è mostrata sempre con una espressione piacevole ed affascinante, un ritratto di suprema bellezza.
Secondo Shankaracharya:
“Chi sei Tu, O Colei che è la più Giusta, e di lieto auspicio!
Tu, le cui mani contengono entrambi: delizia e dolore?
Entrambi: l'ombra della morte e l'elisir dell'immortalità,
Tutto è la Tua grazia ed onore, O Madre!”
La dea incarna dentro di sé i principi creativi e distruttivi, che non sono altro che gli stessi. Mentre Durga è l'icona più potente per esprimere il comportamento aggressivo e distruttivo della Shakti, Lakshmi è la quintessenziale dea che però proclama il suo aspetto creativo. Senza eccezione, Lakshmi è dipinta nell’arte con dei grossi seni (che simboleggiano i suoi poteri di nutrimento), e con fianchi larghi (che significano fertilità e capacità di gravidanza).
È anche per questa ragione che lei quasi sempre è mostrata associata col loto, che forma uno dei suoi più importanti attributi iconografici. L'immagine della dea individuale sottolinea che il suo potere divino non è dipendente dalla sua relazione con un dio-marito, ma piuttosto che lei sostiene la sua identità tramite la sua stessa destrezza e forza. In questo contesto, un adatto epiteto della Shakti è 'Svatantrya', che significa indipendenza e libertà, significando che la sua esistenza non dipende da nessuna cosa estranea ad essa.
La Dea ed il Dio
In molti altri esempi, la dea è mostrata accoppiata con il dio, come moglie e marito. Come ogni immagine della dea, anche questa ha la sua metaforica importanza. Si consideri per esempio la più evocativa di tali pitture: la grande dea Kali che balla sul cadavere di suo marito Shiva.
Questa è un'asserzione della superiorità della divinità femminile, e invero Shiva, in un testo antico, dice indirizzandosi alla dea: 'Io, il Dio di tutti, sono un cadavere senza di Te', e Krishna confessa alla sua sposa Radha: 'Senza di te io sono senza vita'. Qui, l'intenzione non è di ritrarre la dea come un’assassina di uomini ma come il potere (Shakti) di Shiva, che senza di lei è inerte come un cadavere.
Il cadavere di Shiva può essere infatti interpretato come rappresentante l'adepto Tantrico che compie uno dei suoi esercizi di yoga, il 'shavasana', o ‘posizione del cadavere' in cui lo yoghi all’improvviso giace sulla sua schiena rilassato in mente e corpo. Tutte le sue energie sono abbandonate ed estrinsecate simbolicamente nella figura della Shakti che danza sopra di lui. Il senso è che essendosi staccato dal suo lato femminile, lo yoghi è incompleto e come tale – è morto. Questa credenza è espressa in questa frase: 'shivah shakti vihinah shavah' 'Shiva privato di Shakti è un cadavere (shava)'. Questa dichiarazione ricorre nella maggior parte dei Tantra, in una forma o nell’altra.
Per riguadagnare la sua Shakti e ritornare dal suo stato di trance, egli deve rientrare in possesso del potere della dea e deve completarlo. Questo processo metafisico di yoga-unione è dipinto graficamente attraverso l'atto del rapporto sessuale. Ma non è un normale atto di fare l’amore. Qui è la donna che cavalca il maschio. In questa invertita posizione sessuale, la femmina diventa attiva e divarica le gambe del maschio, essendo così promotrice del potere attivo. Questo atto inverso di fare l’amore in Sanskrito è noto come viparita-rati. Esso significa la spinta femminile per creare l’unità dalla dualità e la sua continua aspirazione ad unirsi col principio maschile. Questo è enfatizzato nel Gandharva Tantra dove è scritto che 'Colei che è sole, luna, e fuoco, mette sotto il purusha (il principio maschile) e lo gode da sopra'. E così, lei, (la Shakti) è l'amante attiva di uno Shiva inerte, la cui unione è per lui critica, in quanto egli non è in grado di asserire la sua divinità ed i poteri. Il primo verso del testo TantricoSaundaryalahari asserisce: 'Se Shiva è unito con la sua Shakti egli è capace di esercitare i suoi poteri come Dio; diversamente, il dio non ha neanche la forza per muoversi'. Effettivamente, è lei la potenza che dimora in ognuno degli dèi maschili e la scintilla che li risveglia all’azione.
Infatti, è Lei il Suo Potere. Se noi accettiamo l’antico precetto Indù che la divinità risiede in ciascun individuo, noi comprendiamo che la Shakti è il potere inerente che giace all’interno di ognuno di noi. E ciò è indipendente dal tipo di individuo in questione.
Un'altra immagine popolare che mostra la dea come Shakti unita col suo signore è lo Shiva-linga. Questa è un'icona composita che mostra una yoni ed un linga (organo generativo maschile), congiunti insieme. Sebbene comunemente si creda che lo Shiva-linga mostri l'organo maschile che sta penetrando la donna, una effettiva valutazione fisica punta ad una direzione contraria.
La yoni forma un piedistallo e la forma geometrica ed astratta dell'urdhvalinga (fallo eretto) sorge aldifuori della yoni (l'utero). Il linga non penetra la yoni (come si crede generalmente), ma piuttosto emerge dalla yoni. Secondo la studiosa d’arte Stella Kramrisch, questa fondamentale relazione tra linga e yoni è stata oscurata da interpretazioni patriarcali. Ciononostante, la sempre-creativa yoni dichiara se-stessa, perché la dea come Shakti è l’essenziale matrice creativa, sottostante a tutto ciò che esiste.
di Nitin Kumar
Madre Natura - affresco di Carlo Monopoli
Referenze e Ulteriori Letture
Elgood, Heather. Hinduism and the Religious Arts: London, 1999.
Maxwell, T.S. The Gods of Asia (Image, Text, and Meaning): New Delhi, 1997.
Mookerjee, Ajit. Kali (The Feminine Force): London, 1995.
Shaw, Miranda. Passionate Enlightenment (Women in Tantric Buddhism): New Delhi, 1998.
Subramanian, V.K. Saundaryalahari of Shankracharya: Delhi, 2001.
Tigunait, Pandit Rajmani. Sakti The Power in Tantra: Pennsylvania, 1998.
Zimmer, Heinrich. Myths and Symbols in Indian Art and Civilization: Delhi, 1990. ;
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