Razze e pregiudizi razziali negli USA


I circuiti neurali coinvolti nella percezione di razza ed etnia si sovrappongono a quelli che elaborano le emozioni e i processi decisionali. E’ questa la conclusione di un articolo pubblicato su “Nature Neuroscience” i cui autori, diretti da Elizabeth Phelps, della New York University, hanno analizzato tutti gli studi che dagli inizi degli anni novanta hanno utilizzato la fMRI per esaminare le risposte alla categorizzazione in razza bianca o nera in soggetti statunitensi. 

Per quasi un secolo, gli psicologi hanno studiato le credenze e i sentimenti degli americani bianchi verso i neri americani, e i dati dimostrano un costante e marcato calo negli stereotipi e negli atteggiamenti negativi.



Le razze secondo il cervello
La scena clou di Indovina chi viene a cena?, con  Sidney Poitier, Katharine Hepburn e Spencer Tracy. (© John Springer Collection/CORBIS) 


















Negli ultimi decenni, alle indagini sugli atteggiamenti esplicitamente riferiti 
in questionari e sondaggi si sono affiancate misurazioni di cognizione sociale basate sulle nuove tecniche di registrazione dell’attività cerebrale, che offrono un quadro più complesso. Tra le misurazioni di questo tipo più diffuse c’è il test di associazione implicita (IAT), che riguarda la forza di associazione tra concetti, come quello di bianco e nero, e attributi, come bene e male. Misurando il tempo di latenza nella risposta alla classificazione delle coppie concetto-attributo, lo IAT permette di valutare la spontaneità con si realizza un'associazione di questo tipo nei differenti soggetti: quanto minore è il tempo di latenza, tanto più collegati fra loro sono le due idee. 

Ebbene, se si usano queste misurazioni di cognizione sociale, che non passano per il controllo cosciente, i risultati sono in contrasto con l'immagine ottenuta dai sondaggi. 

In particolare, per gli americani bianchi, anche se le risposte ai questionari indicano una preferenza razziale debole o nulla, lo IAT evidenzia una preferenza positiva per i bianchi. Nel caso dei neri americani il modello è più complesso, con il 40 per cento che mostra un pregiudizio positivo per i bianchi, il 40 per cento in favore dei neri, mentre il 20 per cento ha un atteggiamento neutro. 

Dall’analisi delle aree di attivazione cerebrale registrate nei vari studi è inoltre apparso corroborato il modello di controllo gerarchico degli atteggiamenti. Questo modello psicologico comporta almeno due fasi di elaborazione degli stimoli legati alla razza. Il primo richiede il rilevamento, la classificazione e la valutazione automatica della razza. 



Le razze secondo il cervello
 Le regioni cerebrali più frequentemente riportati negli studi di razza. L'area fusiforme  è coinvolta nell’ identificazione rapida delle persone com eparte del proprio gruppo o meno, mentre l’amigdala è apparsa collegata a valutazioni automatiche. L corteccia cingolata anteriore (ACC) rileva i conflitti tra atteggiamenti razziali implicite e l’intenzione cosciente di non soggiacervi. Rilevato il conflitto, la corteccia prefrontale dorsolaterale può intervenire sulle valutazioni negative. 





















La ricerca basata sulle neuroimmagini indica che in questa fase iniziale si ha il coinvolgimento dell'amigdala e della cosiddetta area fusiforme per la faccia, che mostrano entrambe risposte rapide alla presentazione subliminale di volti con caratteristiche tipiche del proprio gruppo di appartenenza (
ingroup) o di un altro gruppo (outgroup).

La seconda fase dell’elaborazione dell’informazione sull’etnicità coinvolge invece le aree preposte alla gestione di motivazioni personali e sociali di ordine superiore, ossia culturalmente determinate, che esercitano un certo controllo sui processi di ordine inferiore. Dalle ricerche emerge che questa fase comporta l'attivazione della corteccia cingolata anteriore e della corteccia prefrontale dorsolaterale, che elaborano informazioni di cui siamo consapevoli.


(Fonte: http://www.lescienze.it/)

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