Del dopo-virus. Se ne parla con 1.preoccupazione,
2.incertezza, 3.fiducia, 4.curiosità
- La crisi economica che seguirà quella sanitaria sarà più dura di quanto il virus e le politiche della sua gestione abbiano imposto.
- Non sappiamo a cosa stiamo andando incontro. Sarà tutto diverso o riprenderà tale e quale? Cosa cambierà?
- Ce la faremo e presto ripartiamo per recuperare il tempo perduto. È stato solo un tunnel. Finirà.
- Vediamo se la lezione fisica e metafisica imposta dallo stop forzato corrisponde a un passo evolutivo.
Quattro posizioni, non certo tutte, ma sufficientemente emblematiche
di quattro psicologie, sentimenti e quindi realtà. Si tratta di
modelli, tutti autoctoni, tutti con radici occidentali, già
presenti nella nostra cultura.
- La paura deriva da un dio a noi esterno che per noi sceglie e provvede. Senza però mai anticiparci cosa farà per noi, nonostante le preghiere. È il retaggio del cristianesimo. La morale occidentale ne è pregna. Di base, nessuno può sfuggirle. Chi ritiene di essersi svincolato dalla vischiosa religione, a mio parere l’ha solo sostituita con l’elezione della ragione a supremo e solo riferimento della buona vita e dell’espiazione – nel senso di assoluzione – dai peccati commessi in nome del business.
- L’incertezza invece, sebbene con forti parentele con la paura, ha più un valore che esprime l’individualismo quale solo riferimento per il pensiero ormai di tutti. Senza la comunità solo i pazzi e gli eroi possono fare i conti con se stessi.
- Dai giovani arriva l’afflato di speranza e fiducia. Quale momento migliore di una crisi radicale e per rinnovare il mobilio, i programmi, le attenzioni, il futuro.
- Chi invece si sente in attesa degli eventi per capire come stanno davvero le cose non può che essere ronda di se stesso mentre passa in rassegna tutti gli stati d’animo che lo attraversano. Punti cospicui, di guardia, garitte dalle quali tutti gli orizzonti precedenti si affacciano ad ogni angolo del fortino col quale vorremmo comunque proteggerci e trovare le sicurezze di prima, al momento traballanti anche per il curioso.
Ma c’è un quinto modello di pensiero forse ancora poco presente e
considerato. Lo si può vedere, diciamo chiaramente, appena si
acquisiranno le doti per la muta. Appena si riuscirà a svestirsi dai
drappi in cui alloggiamo dalla nascita. In parte una morte simbolica
è necessaria, per accedere a nuova vita, spesso più ricca, nel
senso di più adatta a noi. E in generale più adatta a comprendere
le dinamiche delle relazioni, della realtà, del mondo.
Lo si può vedere a causa della solita prospettiva che ora –
gioco-forza, o quasi – ha ruotato il suo sguardo. Fino a ieri
aveva sempre puntato a Ovest ora si è girata e guarda a Est. Da una
parte c’era sempre stato il cestino pieno del ben di dio,
dall’altra solo stranieri gialli senza dignità.
È il modello confucianista che si sta prendendo uno spicchio
crescente nel giro d’orizzonte. E se lo è preso nonostante
l’egemonia occidentale che fino a ieri affermava il suo diritto di
prelazione per tutti i posti a sedere in sala. Se la testa d’ariete
è economica, ad essa seguiranno modelli di pensiero. Al momento non
pare cosa di poco conto.
Holliwood cessarà di diffondere i suoi standard di pensiero. E in
poco tempo avremo a che fare col confucianesimo. L’uomo è
duttile e accetterà di far sopravvivere la propria azienda con il
nuovo ordine.
Confucio, il confucianesimo è il primo riferimento culturale per
gran parte della cultura cinese.
La dimensione individualista, e le sue derive predatorie, non fanno
parte del confucianesimo, così come non c’è un dio col quale
instaurare rapporti personali. Non c’è neppure la frammentazione
del Tutto. Spirito e materia non trovano separazione e gli opposti
non sono che indicatori dell’alternanza di tutte le cose della
vita. La ragione non ha il presunto privilegio che le diamo noi di
discernere il varo dal falso, il bene dal male. Essa è solo uno
strumento non portante di niente se non di se stesso. La tendenza
all’equilibrio, alla non prevaricazione, alla disponibilità di
vedere sempre la complementarità degli opposti è nello spirito
confuciano. Non servono filosofi concettuali per sapere come dirigere
la vita e la società perché ognuno ha la responsabilità del
proprio ruolo in famiglia, tra amici, tra genitori e figli, verso lo
stato e gli altri. E chi dovesse cercare i guadagni personali
sostituendoli alla rettitudine, avrebbe i suoi inconvenienti secondo
un criterio assai meno tollerante di quello al quale siamo abiti.
Non è una religione in senso occidentale ma una serie di indicazioni
comportamentali intorno alle quali evidentemente ruota gran parte del
pensiero dei cinesi. Sia la Rivoluzione maoista di ieri, che il
galoppo capitalista di oggi, pare ne esprimano l’essenza.
I precetti
individuati da Confucio – 551-479 a.C. – sono fina dalla sua
concezione destinate al miglioramento sociale. Per lui era necessario
educale i singoli uomini per realizzare la migliore società.
Erano e sono infatti dedicati ai doveri più che ai diritti, sebbene
con una accezione organica più che gerarchica. Ognuno sentiva – e
sente? – la responsabilità di tutto il contesto sociale.
Sommariamente, riguardano la famiglia, l’autorità, lo stato. Tre
punti fermi di tutte le relazioni di ogni individuo.
Organica in quanto rispettando le gerarchie che ogni relazione
comporta si realizza la miglior società. Nessuno si sente escluso
dal risultato finale. Una specie di opposto dell’individualismo.
Ma detto così, il discorso si presta a facile critica. L’assolutismo
cinese è inaccettabile per il pensiero democratico.
Bisogna infatti aggiungere i cinque riferimenti che presiedono alla
concezione confuciana:
Ren (benevolenza), Yi (rettitudine), Li
(lealtà), Zhi (conoscenza), Xin (integrità).
Ognuno, di loro, parla da sé. E ognuno, di noi, volendo, purché con
la medesima responsabilità confuciana per la buona riuscita della
società, vi troverà spunti di riflessione o rivisitazione di ciò
che ha condotto le nostre vite finora.
5 punti che forse ora, pur coniugati attraverso la nostra provenienza
superiore, non permettono più di ridere dei cinesi. Forse ora
sembrano affascinanti e – perché no? – adatti a fare da quinto
modello.
Se quanto hanno fatto i cinesi in questi ultimi decenni dovesse
proseguire – e vista la pericolante situazione americana, potrebbe
essere giusto pensarlo, magari anche moltiplicato –, iniziare a
familiarizzare con le abitudini del nuovo padrone potrebbe tornare
utile alla sopravvivenza. E, perché no? a valori nuovi o
dimenticati.
Lorenzo Merlo
Commento inviato via email da Marco Bracci:
RispondiElimina"Complimenti a Lorenzo per l'art. in oggetto.
Il modello di vita occidentale, portato avanti dai Neocon americani, dal Deep State, guidato da personaggi come Kissinger, Soros, Clinton, Gates, Obama, Bush, ecc., è ormai alla fine. Si sta per diffondere il modello orientale, basato su tutt'altri principi, in accordo con l'attuale gruppo dirigente americano e di un innumerevole folla di persone con principi morali più elevati, anche se non ancora divini, gli anonimi di QANON, appoggiati dalle leadership cinese e americana attuali.
Le dimissioni annunciate il giorno di Pasqua da Boris Johnson fanno parte di questa operazione di pulizia, oltre che di polizia (Defender 2020).
In una Sua rivelazione degli anni '90, il Cristo disse: "Inizialmente vinceranno coloro che non mi hanno riconosciuto (quindi la cricca dei Rothschild, dei Rockfeller e Co.), ma poi vinceranno quelli che vengono da Oriente". E così sta avvenendo. I 144.000 giusti di cui Gesù disse, come riportato nei vangeli, che avrebbero scardinato il sistema politico vigente negli ultimi tempi, stanno per raggiungere l'obiettivo. Già molti personaggi di altissimo livello (pedofili e satanisti senz'anima) sono stati arrestati o messi in grado di non nuocere.
Per ulteriori info: https://riciclaggiodellamemoria.blogspot.com/2020/04/quinta-dimensione-dopo-il-virus.html
e anche www.quanon.it opp. www.qthefall.com"