Pitagora,
figura
circonfusa da un alone semileggendario,
nacque circa nel 575 A.C. nell’isola di
Samo,
posta di fronte a quella stessa costa della Ionia dove sorgeva Mileto
(oggi costa turca del Mar Egeo), e dov’è nato il pensiero
filosofico-scientifico. Si tramanda che sia stato allievo dello
stesso Anassimandro, ma in seguito il suo pensiero si è evoluto in
un’altra direzione. A lui ed ai suoi allievi si deve infatti la
valorizzazione del numero,
visto come la vera realtà dei fenomeni sotto le apparenze
trasmesseci dai nostri sensi, e lo sviluppo dell’aritmetica e della
geometria, strumenti che si sono rivelati indispensabili a dare una
rappresentazione non solo qualitativa ma anche quantitativa
della realtà: 2000 anni dopo la sintesi tra osservazione diretta dei
fenomeni (metodo sperimentale) e linguaggio numerico sarà portata a
termine in maniera mirabile da Galileo Galilei.
Trasferitosi
infatti dalla parte opposta del mondo greco, a Crotone,
nella Magna Grecia, Pitagora fondò una scuola che aveva una triplice
funzione: politica (in quanto la setta dei Pitagorici deteneva il
potere politico in città), mistica (in quanto i membri della setta
vivevano alla stregua di monaci soggetti a regole ascetiche severe),
ma anche scientifica: infatti i Pitagorici ritenevano che praticare
la scienza servisse alla purificazione della mente, mentre alcune
altre pratiche (come l’astenersi dal mangiare la carne e le fave,
che nell’antichità erano alla base della diffusa malattia detta
“favismo”) servivano a purificare il corpo. La pratica
vegetariana della setta pitagorica era anche legata alla credenza
nella trasmigrazione delle anime tra corpi umani e di animali alla
ricerca di purificazione (“Metempsicosi”,
come nella religione induista).
Gli
allievi più intimi del maestro erano chiamati “mathemàtikoi”,
da “mathema”, ovvero “insegnamento” (da cui anche la parola
“matematica”). Vigeva uno stretto autoritarismo sintetizzato
dall’espressione “Lui (cioè il maestro) l’ha detto!” (in
greco: “Autòs efas”; in latino: “Ipse dixit”), ma in cambio
erano ammesse alle lezioni ed apprezzate anche le donne, in genere
disprezzate nel mondo greco molto maschilista.
La
stretta connessione tra fenomeni naturali e rapporti numerici fu
intuita da Pitagora ed i suoi allievi osservando che le
note e gli accordi musicali erano legati a precisi rapporti numerici,
che trovavano riscontro anche in precisi rapporti di lunghezze e
volumi negli strumenti musicali a corda o a fiato. Si attribuisce ai
Pitagorici la scoperta di fondamentali teoremi matematico-geometrici
quali quello detto di Pitagora (in un triangolo rettangolo il
quadrato costruito sull’ipotenusa è uguale alla somma dei quadrati
costruiti sui cateti, peraltro – sembra - già noto agli Egiziani)
e quello sulla somma degli angoli di un triangolo (che è sempre
uguale ad un angolo piatto).
Furono
anche definiti tutti i solidi regolari, tra cui un posto di
preminenza veniva dato alla sfera, considerato un solido perfetto. Ma
la scuola si interessò anche di medicina: un allievo della scuola,
il medico Alcmeone,
scoprì che le nostre facoltà mentali risiedevano nel cervello
(mentre gli antichi in genere pensavano che risiedessero nel cuore).
Anche nel campo astronomico i Pitagorici capirono che la Terra girava
intorno ad un fuoco fisso insieme agli altri pianeti, anche se non
identificavano questo fuoco con il Sole, che per essi era solo una
specie di grande lente che rifletteva la luce ed il calore. Una grave
crisi traversò invece la scuola quando furono scoperti i numeri
“irrazionali”,
cioè quei numeri infiniti ottenuti dal rapporto tra due grandezze
incommensurabili
(come il lato e la diagonale del quadrato, o la circonferenza ed il
diametro del cerchio) come meglio vedremo nei prossimi articoli.
In
definitiva, Pitagora e i suoi allievi, anche se in modo ingenuo e
contraddittorio (credevano nel valore quasi magico del numero,
considerato quasi come il principio, o “Archè” del mondo), hanno
posto le basi necessarie ad affiancare all’osservazione
sperimentale i rapporti numerico-matematici indispensabili nella
scienza moderna a partire da Galilei, ma di cui già nell’antichità
(vedi ad esempio grandi scienziati come Archimede, o Eratostene) si
era capita l’importanza fondamentale.
Vincenzo Brandi
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