Laicità e matrismo opposti a ideologia e patriarcato



Controllando sul vocabolario  l'origine etimologica della parola "laico" viene fuori una cosa  sconcertante... "Laico", dal latino "laicus" di derivazione dal greco "laikos" significa "del popolo, profano, estraneo al contesto strutturale sociale e religioso", opposto a "clerikos" (dal greco) "del clero"! 

Tutta la storia è stata scritta dal patriarcato, ed anche il significato delle parole, tant'è vero che le antiche simbologie sono state descritte in negativo. Il fatto che la parola laikos in greco esprima  un giudizio negativo aiuta la mia teoria..... Avvenne lo stesso per i pariah (o fuori-casta) indiani, così disprezzati dagli ariani  (patriarcali). Sia il laico che il fuori-casta erano esclusi dalla società civile, costituita in termini di classe e censo (dal padre). Altrettanto essi erano considerati estranei alla cultura  religiosa ufficiale (e quindi opposti al clericos ed al bramano).

Ad esempio nel sud dell'India, meno toccato dalla cultura patriarcale, si mantennero i culti dedicati alla shakti (energia femminile) in cui non vi è uno specifico sacerdozio costituito. Tutto ciò  fa supporre che l'emarginazione sociale ed il dis-rispetto subito dai laici in Grecia,- o dai pariah in India-, (ritenuti apolidi, popolino basso ed ignorante) era senz'altro l'effetto della emarginazione finale nei confronti della cultura espressivamente libera e della spiritualità non gerarchizzata del matrismo.

Tra l'altro sia in Grecia, come nell'area dravidiana del subcontinente indiano, resistette  (Creta ne è un esempio) un lembo matristico. La lotta di costume e di pensiero fra patriarcato e matrismo era ancora in atto ai tempi in cui fu coniato il termine "laikos" e "pariah" dalla cultura patriarcale  che stava avendo il sopravvento sull'altra. 


Parlare di "Spiritualità laica" corrisponde al parlare di "Spiritualità naturale", ovvero una spiritualità non strutturata in alcuna forma di credo ma basata sull'intuizione spontanea dell'uomo, entrambe queste definizioni evocano la stessa identica cosa: la capacità di percepire in se stessi, senza tramiti, la presenza dello Spirito, una sintesi fra coscienza ed intelligenza.

Oggi il termine "laico" è sostanzialmente travisato ma è sicuramente preferibile restituire a questa parola  la sua valenza piuttosto che condannare il termine in se stesso perché usato malamente, in questi ultimi anni,  dalla "cultura laicista" in contrapposizione a quella "clericale". Altrimenti facciamo come i tedeschi che oggi condannano la Svastica, per l'utilizzo fattone dal nazismo, dimenticando le migliaia di anni –ancora adesso- di sacralità simbolica (in molte parti del mondo) in cui la Svastica è l'emblema dell'energia creativa e della  pace. 


Perché darla vinta a chi storpia il significato invece di correggere le devianze (opera di strumentalizzazione)? Occorre  restituire valore-verità al simbolo della Svastica, facendo altrettanto con la parola "laico" che è stata storpiata -nel significato profondo- dalle ideologie politiche e religiose, ma che non merita di scomparire dal nostro vocabolario. Spiritualità laica è espressione  di autonomia di pensiero, un'espressione priva di connotazioni (...del popolo, estranea al costrutto sociale e religioso..), insomma libera!

Paolo D'Arpini  - (Circolo Vegetariano VV.TT.)




Commento di Aliberth: "Perfettamente d’accordo, caro Paolo, anche perché, per chi non lo sapesse, Il Buddha, come pure in tempi più recenti S. Francesco, preferì istituire una sorta di religiosità laica, nei confronti del clericalismo ufficiale, proprio basato sui simboli della povertà popolare, cioè la tonaca grezza di canapa color ocra dei primi monaci buddisti, ed il saio di rozza stoffa marrone dei frati confratelli del poverello d’Assisi. Perciò, a parer mio, il termine ‘laico’ unito a ‘spirituale’, dovrebbe oggigiorno esser considerato più una forma di saggezza autentica dell’uomo che è arrivato a ‘comprendere la propria vera natura’, simile a quella di tutti gli altri, che non quel dispregiativo termine spesso usato dal clericalismo ecclesiastico per definire coloro che non possono accedere al loro elitario livello di eccellenza socio-cultural-religiosa" (Centro Nirvana)


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