Guinness della santità - In gara: Satya Sai Baba ed Osho Rajneesh

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Osho Rajneesh  e Satya Sai Baba ….  A volte li definisco  “due saggi opposti”. Osho Rajneesh rappresenta la trasgressione in senso intellettuale e sociologico mentre Satya Sai Baba incarna il modello devozionale indiano classico. Il primo fece di tutto per creare scalpore e rompere ogni schema, parlando male di tutti e persino di se stesso. Era famoso per i suoi scherzi crudeli come quello –ad esempio- in cui annunciò che alcuni dei suoi “discepoli” si erano realizzati per poi osservare le loro reazioni e svergognarli adeguatamente  per la finzione da loro dimostrata negli atteggiamenti esteriori. Osho era nato nell'anno della Capra perciò vi potete immaginare il tipo. 

Tutti i discepoli di Osho erano una macchietta con i loro panni indaco vistosi, pieni di collane e di rosari, si dicevano “sannyasin” (rinuncianti) ma si comportavano da grandi epicurei (in tutti i sensi). L’ashram di Poona era famoso per le libertà espressive manifestate in ogni campo… Allo stesso tempo Osho era  capace di tenere a bada quella mandria di scalmanati e li condusse –almeno alcuni di essi- pian piano all’annullamento del senso dell’io ed alla comprensione della vanità  dell’ottenimento mondano. In qualche modo restarono tutti “fregati” dalle sue trappole diaboliche ma i più saggi non se la presero ed andarono oltre….. Questo metodo di Osho  potrei definirlo  “psicologia transpersonale pura”.

 Praticamente da quando frequento ambiti spiritualisti ho costantemente incontrato e fatto  amicizia con discepoli di Osho, con loro mi sono divertito un mondo, ho amoreggiato con alcune e  litigato con alcuni.  Malgrado non avessi mai voluto incontrare e conoscere personalmente Rajneesh si vede che fosse mio destino incontrarlo attraverso i suoi seguaci in cui mi sono imbattuto e mi imbatto ovunque io vada.  Siccome non l’ho mai  incontrato di persona lo  conobbi  “indirettamente”. Pensate,   malgrado ciò il destino volle che dovessi scrivere  il suo necrologio, accadde quando Majid Valcarenghi (un suo  rappresentante in Italia) mi chiese di scrivere un commento su “Operazione Socrate” un libro denuncia in cui si alludeva all’ipotesi di avvelenamento di cui Osho pare fosse stato vittima negli Stati Uniti (mentre stava in galera per contravvenzione alle leggi d’immigrazione). Chiamai quel testo “Ad Memoriam” e credo  sia  stato pubblicato da qualche parte, forse su un numero di Liberation Times.

Mi sono dilungato su Osho perché ho per lui una simpatia antipatia innata, ci avrei litigato di sicuro ma siccome non l’ho mai voluto né potuto incontrare mi resta affettuosamente vicino e apprezzo i suoi tricks furibondi.  


In qualche modo la stessa cosa  accadde con Satya Sai Baba. Pensate che per anni ed anni sono andato e  risiedei per parecchio  tempo in Andra Pradesh , lo stato indiano in cui si trova Puttaparti,  dove c’è il suo ashram.  Abitavo a pochi kilometri da lui ma (come avvenne per Poona  che si trova a poche miglia da Ganeshpuri) non mi passò mai per la capa di andarlo a visitare, ma  anche così non potei fare a meno di essere continuamente e costantemente frequentato dai suoi devoti. Ancora oggi succede ed infatti ho rapporti epistolari e di amicizia con tanti “beneficiati” di Satya Sai.

Voglio però qui raccontare come  accadde che da una iniziale diffidenza nei  confronti degli avvenimenti miracolistici del Baba appresi a considerarli come un gioco utile all’avvicinamento verso la “coscienza”.  Tanti anni fa, forse nel 1980, stavo a Jillelamudi,  lì viveva anche un certo Siam, un ragazzo inglese originario di Malta, il quale non si dichiarava particolarmente interessato alle pratiche spirituali, mi diceva “non so dove andare e siccome qui mi danno da mangiare e da vestire ci resto finché posso”,  ma non dovete meravigliarvi della cosa perché questa era l’atmosfera dell’accoglienza totale ricevuta nella Casa di Tutti di Anasuya Devi. Un giorno  chiesi a Siam se avesse mai conosciuto Satya Sai Baba e lui mi rispose che aveva vissuto a Puttaparti a lungo. Per curiosità gli domandai ancora se avesse avuto qualche esperienza miracolistica con il santo, a questo punto Siam mi guardò più seriamente e mi  narrò una sua esperienza. “Stavo lì già da parecchio tempo senza mai aver avuto un particolare rapporto con Sai Baba, poi accadde che  mi beccassi la rogna, una malattia epidermica  che spesso si attacca dal contatto diretto con  i cani,  vedi anche qui a Jillellamudi succede perché i bambini della scuola per il freddo dormono con i cani randagi al fianco e  si beccano la rogna,  insomma mi ero preso l’infezione e le mie mani erano piene di piaghe, una situazione dolorosa e pareva che non vi fossero cure adeguate a guarire dal male. Una notte sognai che Sai Baba stava passando in rassegna tutti noi e quando si trovò davanti a me mi guardò e mi chiese come  stavo,  io gli mostrai le  mani piagate e dissi –non posso più nemmeno mangiare per il dolore che provo- (in India si mangia con le mani ed il contatto con le spezie piccanti  procura bruciore)…  al che Satya Sai Baba, sempre nel sogno, mi disse di non preoccuparmi e mi prese le mani fra le sue… l’indomani mattina ero guarito…”.  

Dopo che Siam mi ebbe raccontato questa storia compresi come mai si stava dando tanta pena  a curare dei bambini che avevano preso la rogna  e smisi di pensare che “certe esibizioni miracolistiche di alcuni santi del sud” non erano affatto conduttive alla spiritualità. Insomma accettai  i miracoli di Satya Sai Baba come un possibile  aiuto spirituale….   


Ed allora eccomi al termine della “comparazione” fra Osho e Satya e traggo una conclusione: Le vie del karma sono imperscrutabili! ed andare avanti con il paraocchi non conduce alla pienezza… .  

 Paolo D’Arpini - 
spiritolaico@gmail.com


Il mio guru Baba Muktananda abbraccia Satya Sai Baba


1 commento:

  1. Nel leggere questo tuo resoconto, mi è venuta in mente un'esperienza che ho avuto all'inizio del 1990, quando mi trovavo ad un corso residenziale organizzato dalla ditta in cui lavoravo.
    La struttura ricettiva era un totale fallimento dal punto di vista climatizzazione e tutti noi uomini, avendo quasi obbligatoriamente dovuto indossare giacche blu, avevamo le spalle sempre piene di forfora (le donne portavano vestiti in cui non si vedeva).
    Avevo sofferto molto di forfora fin d ragazzino, come buona parte della famiglia di mia madre, ma nel 1987 avevo iniziato a mangiare vegetariano e la disintossicazione del mio corpo andava avanti a grandi passi. Uno di questi passi, e gigantesco, fu un sogno notturno, in cui sognai di strapparmi dalla testa una massa enorme di "pasta" come quella di quando si fa il pane. Dalla mattina successiva non ebbi più forfora e non ne ho mai più avuta.

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